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La macchina della guerra

e una proposta per fermarla o meglio trasformarla




F-35 Pagina pubblicata il 1° gennaio 2016

Indice


Alla seconda parte

Alla pagina generale sulla politica internazionale






Nota introduttiva: complotti e no

Il mondo sembra avviato ad una nuova fase di conflitti aperti. Anche Sua Santità papa Francesco ha affermato che è in corso una terza guerra mondiale a pezzi, ad esempio lo si cita qui. Alcuni prevedono una vera e propria terza guerra mondiale con tanto di scambi di bombardamenti atomici. Alcuni forse la desiderano. Chi vuole la guerra, che di per sé dovrebbe essere indesiderabile per ogni persona con un minimo di buon senso, e che cosa possiamo fare perché invece il concetto stesso di guerra diventi improponibile?

Prima di affrontare l'argomento, vorrei però fare chiarezza sulla questione dei complotti e del complottismo.

Infatti, la domanda che ho posto inevitabilmente porta alla risposta che ci sono coloro che complottano per causare ciò che nessuno, tranne loro, desidera.

Come affermo anch'io nell'introduzione a questo sito, Internet ha dato la parola a tutti, consentendo a chiunque lo desideri di pubblicare informazioni vere o fasulle ed opinioni serie e non serie, oltre che di raccogliere consensi e organizzare azioni anche nel mondo fisico e non solo in quello digitale della Rete.

Sono quindi nate fonti di notizie, informazioni, inviti all'azione e semplici pareri del tutto esterne al mondo dell'informazione tradizionale. Chi pensa di avere qualcosa da dire si esprime davanti ad un pubblico potenzialmente mondiale. Ai semplici individui si affiancano gli esponenti di organizzazioni, note o anche segrete, e tutte le possibili variazioni sul tema, inclusi agenti segreti, provocatori, reclutatori di terroristi e così via.

Tra gli utenti attivi della Rete sono particolarmente significativi i "complottisti", vale a dire quelli che intendono denunciare ogni tipo di trame più o meno segrete, in genere orientate verso il dominio occulto del mondo, dietro la scena del mondo politico ed economico "ufficiale", che sarebbe solo un loro paravento.

D'altra parte, chi vuole sopprimere un'opinione, un'idea ha trovato uno strumento bell'e pronto ed efficace: dare del "complottista" a chi sostiene una tesi non conforme alle versioni accreditate, maggioritarie o anche solo governative.

Particolarmente nel mondo di lingua inglese, un modo rapido per screditare qualunque affermazione non conforme all'opinione dei più o alla linea "ufficiale" consiste appunto nel definirla "conspiracy theory", evitando di rispondere nei dettagli ai suoi contenuti.

Certo ci sono quelli che sostengono che il mondo è segretamente dominato da sette oscure (gli "Illuminati" o chi per loro), in quello che io chiamo il "Grande Complotto". Peraltro, è ovvio che nel mondo i complotti reali esistano e siano anzi numerosi; la parola "complotto" non è neanche forse la migliore per definire in generale gli intrecci di poteri non dichiarabili, la commistione tra politica e criminalità organizzata, le semplici menzogne che qualunque tipo di potere usa per mantenersi, le trame dei servizi segreti.

Noi italiani, a differenza degli anglofoni, non siamo affatto scettici se qualcuno ci parla di trame segrete, perché il nostro paese purtroppo ne conosce di tutti i tipi e nessuno è tanto ingenuo da credere che non esistano.

In realtà non c'è nulla di misterioso: solo l'intreccio degli interessi personali e di gruppo che portano le persone a comportarsi nella realtà in modo assai diverso da quanto vorrebbero i principi enunciati pubblicamente, violando regole etiche e leggi ove la necessità del proprio interesse lo richieda.

Ho già trattato di questi argomenti in Complotti, complottismo, poteri segreti e segreti del potere. La pagina risale al 2006 ma, a parte alcuni riferimenti ai fatti di allora, è assolutamente attuale, e approfondisce il tema in tutti i suoi risvolti. Ora però non approfondiamo oltre e passiamo ad argomentazioni che qualcuno accuserà sicuramente di "complottismo" - ecco il motivo di questa premessa.

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Il complesso industriale militare

Boeing F/A-18

Il 17 gennaio 1961 (anno fondamentale in cui si festaggiarono i cent'anni dall'unità d'Italia, il primo uomo andò nello spazio e nacque l'autore di questo articolo) il presidente uscente degli Stati Uniti, Dwight D. Eisenhower, pronunciò il suo discorso d'addio alla televisione, introducendo l'espressione "complesso industriale militare" (a volte chiamato in italiano anche "militare-industriale" mantenendo l'ordine inglese delle parole) e mettendo in guardia i cittadini statunitensi contro i rischi ad esso collegati. Il riferimento più ufficiale, compresa la copia di lettura corretta a mano, si trova nella biblioteca di Eisenhower ed il testo originale in forma facilmente leggibile qui. Eisenhower era un generale dell'esercito, ed era stato il comandante in capo dell'"operazione Overlord", lo sbarco in Normandia del 1944. Non si potrebbe citare persona più autorevole, e mi permetto di tradurre qui la parte per noi ora importante del discorso, di cui ho dato i riferimenti originali in modo che ognuno (che sappia l'inglese) possa togliersi eventuali dubbi.

Disse Eisenhower:

Un elemento vitale nel mantenimento della pace sono le nostre istituzioni militari. Le nostre armi devono essere potenti, pronte all'azione immediata, affinché nessun potenziale aggressore sia tentato di rischiare la propria stessa distruzione.

La nostra organizzazione militare oggi ha poche relazioni con quella conosciuta da qualsiasi mio predecessore in tempo di pace, o in verità dai combattenti della Seconda Guerra Mondiale o della Corea.

Fino ai più recenti dei nostri conflitti mondiali, gli Stati Uniti non avevano un'industria degli armamenti. I fabbricanti americani di aratri potevano, col tempo e secondo le richieste, fare anche spade. Ma ora non possiamo più rischiare un'improvvisazione d'emergenza della difesa nazionale: siamo stati costretti a creare un'industria permanente degli armamenti di vaste proporzioni. Ogni anno spendiamo nella sicurezza militare più dell'utile di tutte le società commerciali degli Stati Uniti.

L'unione di immense istituzioni militari e di una grande industria degli armamenti è nuova nell'esperienza americana. L'influenza totale - economica, politica, perfino spirituale - è sentita in ogni città, ogni assemblea di Stato, ogni ufficio del governo federale. Riconosciamo la necessità imperativa di questo sviluppo, Eppure non dobbiamo mancare di comprendere le sue gravi implicazioni. Il nostro strenuo lavoro, le risorse ed i mezzi di sostentamento sono tutti coinvolti; così è la struttura della nostra società.

Nei consigli di governo, dobbiamo guardarci dall'acquisizione di un'influenza priva di garanzie, che sia cercata o non cercata, da parte del complesso industriale militare. Il potenziale per la crescita disastrosa di un potere mal riposto esiste e persisterà.

Non dobbiamo mai lasciare che il peso di questa combinazione metta in pericolo le nostre libertà o i processi democratici. Non dovremmo dare nulla per scontato. Soltanto una cittadinanza attenta ed informata può imporre la corretta connessione della grande macchina industriale e militare della difesa con i nostri metodi e fini pacifici, così che la sicurezza e la libertà possano prosperare insieme.

Volutamente non ho omesso nulla di questa sezione del discorso originale, che trovo di una chiarezza esemplare. Sono le parole di uno statista che aveva a cuore la difesa della nazione ed anche il mantenimento delle istituzioni democratiche. Assolutamente non un pacifista né un guerrafondaio.

Purtroppo i fatti del mezzo secolo successivo hanno confermato la parte peggiore delle attese del presidente Eisenhower, quella contro cui egli metteva in guardia il popolo americano: la crescita disastrosa di un potere mal riposto mi pare proprio che sia avvenuta. Ed è stata possibile perché quella che poteva frenarla, vale a dire la cittadinanza attenta ed informata, è stata distratta e disinformata da parte di quel potere.


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L'industria militare oggi

Per cominciare, vediamo l'entità economica dell'industria militare oggi. Possiamo cominciare con alcuni dati sulle società più grandi, in ordine di importanza per il fatturato nel settore degli armamenti.

Fonte: SIPRI - anno di riferimento 2014 - importi in milioni di dollari USA

Pos.NomeNazioneFatturato armiFatturato totaleProfitto totaleDipendenti
1Lockheed MartinUSA37 47045 6003 614112 000
2BoeingUSA28 30090 7625 446165 500
3BAE SystemsUK25 73027 3951 23883 400
4RaytheonUSA21 37022 8262 25861 000
5Northrop GrummanUSA19 66023 9792 06911 000
6General DynamicsUSA18 60030 8522 81999 500
7Airbus GroupVarie14 49080 5212 258138 620
8United Technologies Corp.USA13 02065 1006 220211 000
9FinmeccanicaItalia10 54019 4552754 380

Sono arrivato fino al 9° posto perché vi compare un'industria italiana. Tra le prime 9 abbiamo 6 società americane, 1 britannica, 1 europea multinazionale ed 1 italiana. Per trovare Russia e Francia andiamo all'11° e 12° posto. Ma comunque gli Stati Uniti detengono il 54,4% del mercato mondiale e con i loro alleati maggiori arrivano all'84,7% (conto anche gli alleati non europei). La Russia ha solo il 10,2%, ma ha avuto il massimo incremento tra 2013 e 2014, mentre USA ed alleati sono stati in leggero calo.

Ragionando su queste cifre si capiscono molte cose. Prima di tutto, la sicurezza di USA ed alleati sembra alquanto al sicuro, visto che producono quasi l'85% delle armi del mondo, in termini economici. In effetti anche il nemico pubblico numero 1 del mondo, Daesh detto anche con varie sigle inglesi IS/ISIS/ISIL, usa armi di fabbricazione americana ed europea. Non voglio discutere qui come le abbia avute, ma è anche logico che se l'85% delle armi sono prodotte da USA ed alleati chi deve procurarsele trova più facilmente quelle...

Ora, un'industria di queste dimensioni colossali che assicura utili di miliardi di dollari e lavoro a centinaia di migliaia anzi milioni di persone ha tutto l'interesse e anche la capacità di conservarsi. Dal più alto dirigente all'ultimo operaio vorranno pur mantenersi il posto, no? e con tutti questi utili e questo numero di occupati, avranno pure un bel peso politico, mi pare (anche senza pensare male).

Ma se una sola alleanza produce quasi tutte le armi del mondo (non era così ai tempi di Eisenhower, c'era il blocco sovietico che rispondeva colpo su colpo) qual è lo scopo di queste armi? Facile: mantenere l'industria degli armamenti!

Non occorre pensare a complotti strani, un'industria come questa deve pur vivere e quindi ha interesse affinché i governi continuino ad acquistare armi. Ed infatti negli Stati Uniti c'è un continuo interscambio di persone tra queste aziende e le istituzioni militari e governative.

Naturalmente un militare può essere un politico onesto, ed infatti abbiamo proprio citato un generale che era diventato presidente degli Stati Uniti e metteva in guardia contro questi fenomeni! Il fatto è che un militare vero, veterano di guerra, è una persona che ha dedicato la vita alla nazione e quindi può essere un buon candidato a ruoli politici. Ma si può dire lo stesso di chi passa alla politica come ex dirigente di un'industria militare, che non ha dato la vita alla nazione, ma ha guadagato milioni con le forniture al governo?

La situazione è questa: oggi si producono armi per mantenere l'industria, ed ovviamente tutta l'industria mondiale degli armamenti desidera sopravvivere. C'è da meravigliarsi di tanto impegno nel cercare di suscitare conflitti ed innescare di nuovo la corsa egli armamenti?

Ma oggi la situazione è molto sbilanciata: c'è una parte politico/militare che ha una superiorità schiacciante sul resto del mondo, così grande che non sarebbe giustificabile sul piano della contrapposizione tra stati. E la lotta al terrorismo non c'entra, contro i terroristi non servono navi, aeroplani, missili ma semmai polizia e servizi segreti, che non rientrano in questo discorso (e non hanno alle spalle un'industria da mantenere).

Ora però c'è Daesh, con cui il terrorismo vuole farsi Stato con tanto di territorio. Ma con la superiorità schiacciante di cui abbiamo detto, proprio nel momento in cui si fanno Stato e combattono come un esercito e non (solo) come guerriglieri ed attentatori, non si potrebbero schiacciare in poco tempo?

Non do le risposte, le lascio al giudizio del lettore. Però faccio notare che i dati che presento sono pubblici e verificati. Come diceva Eisenhower, la cittadinanza deve essere attenta ed informata, e proprio questo oggi manca.


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Quale alternativa?

Boeing CST-100

Eliminare i conflitti è uno scopo nobile e necessario, nessuno lo può negare. Liberare l'umanità dallo spettro della guerra deve essere un impegno di tutti, senza il quale il progresso tecnico ci porterà soltanto a maggiori sofferenze e distruzioni.

Il mondo sta affrontando altre emergenze, prima fra tutte il deterioramento dell'ambiente e l'esaurimento delle risorse che ci servono per vivere. Non concordo con chi parla di "salvare il pianeta", perché il pianeta non corre nessun rischio (per ora non ci sono corpi celesti in arrivo tanto grandi da poterlo distruggere), siamo NOI che lo corriamo! Per questo è corretto usare la parola mondo, che indica il nostro ambiente di vita in tutti i suoi aspetti, naturali e sociali, e non pianeta, che indica un oggetto fisico.

I problemi ambientali potranno diventare presto causa di conflitti, e con tutte quelle armi che continuiamo a produrre il risultato sarà drammatico, ne vediamo già l'inizio. L'ambiente in cui viviamo è sempre più deteriorato, con grave danno per noi e per gli altri abitanti del pianeta, a cui peraltro stiamo sottraendo tutto lo spazio vitale.

Ma non possiamo realisticamente cancellare un sistema industriale delle dimensioni di quello delle armi. La risposta può essere soltanto quella di trovare un'alternativa adatta, che consenta di riconvertire un settore industriale in un altro conservando il possibile ma ponendo fine all'assurda produzione di armi rivolte contro nessuno, ma che prima o poi si usano contro qualcuno.

Se valutiamo le aziende che abbiamo citato sopra, vediamo che hanno in comune la tecnologia avanzata, soprattutto in campo aerospaziale. L'alternativa alle armi che possiamo proporre seriamente ora e per subito è una: l'espansione civile nello spazio esterno!

Non sto parlando di esplorazione o di scienza pura, sto parlando di espansione economica ed anche abitativa nello spazio esterno, quella che oggi è perseguita non dalle agenzie ma dai soggetti privati.

Del resto i primi due fabbicanti di armi, Lockheed Martin e Boeing, sono anche costruttori di veicoli spaziali e di lanciatori. Boeing ha un contratto per il trasporto privato di astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale per conto della NASA e sta realizzando la navicella CST-100. Lockheed Martin è il primo produttore di sistemi di lancio.

Proprio negli USA sono nate società private che hanno per scopo lo sfruttamento minerario degli asteroidi. Intanto il costo del trasporto spaziale è pronto ad una drastica riduzione, ora che SpaceX, già più economica di ogni altra società realizzatrice di sistemi di lancio, ha dimostrato la possibilità di far rientrare intatto il primo stadio di un razzo spaziale, primo passo verso un'era in cui ai veicoli spaziali basterà fare il pieno di carburante, come agli aeroplani, invece di buttare via il veicolo ad ogni viaggio.

Certo si tratta di un cambiamento epocale, ma non nella tecnica, solo nella mentalità dei dirigenti delle industrie del settore e dei politici: da un'industria avanzata ma non orientata all'efficienza al libero mercato nella sua vera veste, competendo per mantenere e rafforzare le loro posizioni. Non ho dubbi che possano farcela.

Ma possiamo cominciare subito, indirizzando quote delle spese militari allo sviluppo delle attività spaziali, si badi bene non scientifiche ma commerciali. Gli stati con le loro agenzie dovrebbero svolgere il ruolo che è loro proprio: finanziare l'infrastruttura, come si è fatto storicamente per ferrovie, reti elettriche, strade... La NASA lo sta già facendo, in misura limitata - limitata più dalla politica che dalla volontà dei suoi dirigenti. La ISS è una struttura di tipo pubblico, ma la NASA si serve di contratti privati per il suo rifornimento ed anche, prossimamente, per il trasporto degli astronauti.

La scelta dello spazio come obiettivo è la migliore perché:

So bene qual è il primo ostacolo: la disinformazione e la disattenzione del pubblico, che ritiene si tratti di fantascienza=sciocchezze. Non possiamo fare altro che diffondere il più possibile un'informazione corretta e obiettiva su tutti questi temi. Non solo per il controllo degli armamenti, ma per ogni cosa una cittadinanza attenta ed informata è quello che maggiormente occorre, in democrazia e non solo. Per questo i dittatori temono l'informazione, la verità. E dobbiamo adoperarci per quel bene fondamentale della società che è la formazione dei giovani, per prima la scuola.

L'alternativa alle armi è l'espansione nello spazio.

Informazione, istruzione: senza di esse non c'è futuro.

Queste tesi sono sostenute tra l'altro dall'organizzazione no profit Space Renaissance International, che quest'anno organizzerà un congresso a Roma intitolato appunto SPACE, not WAR!. Date un'occhiata ai siti:

Alberto Cavallo, gennaio 2016


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