Analisi della guerra del Kosovo


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Indice

Analisi delle motivazioni dell'intervento NATO
Nuovi spunti per l'interpretazione della crisi
Analisi del conflitto alla conclusione dei combattimenti
Conclusione: un mondo meno sicuro

Una fonte interessante sui temi di questa pagina:
Complesso militare / industriale (link a In-Focus, in inglese)

Alla pagina indice sul Kosovo
 

Analisi delle motivazioni dell'intervento militare NATO

Ho già accennato nel commento iniziale sulla guerra alle motivazioni reali delle azioni di guerra della NATO contro la Jugoslavia (occorre ricordare che anche il Montenegro viene bombardato, sia pure in misura minore). Voglio ora riassumerle in modo sistematico, suddividendole fra i diversi Paesi coinvolti.
 

Stati Uniti d'America (motivazioni generali)

I fini possibile dell'azione militare, da parte americana, sono molti:
  1. indebolire il ruolo dell'ONU come principale organismo competente per la risoluzione delle dispute internazionali;
  2. affermare la NATO come forza d'intervento mondiale, al di fuori dell'area geografica e al di là delle funzioni originali strettamente difensive;
  3. convincere il pubblico americano a continuare ad accettare spese elevate per gli armamenti, parallelamente convincendo i Paesi della NATO, in particolare gli ultimi arrivati, ad acquistare armamenti;
  4. mantenere la presenza militare USA in Europa e stabilirne una nei Balcani;
  5. mettere in difficoltà l'Europa che sta adottando la moneta unica, minaccia al predominio del dollaro nel mondo;
  6. eliminare l'ultimo Stato non allineato con gli USA in Europa.
Sostanzialmente si tratta del rafforzamento del ruolo degli USA come unica superpotenza mondiale, la cui volontà deve essere applicata in ogni angolo del mondo. L'ONU è un ostacolo, dato che al suo interno Russia, Cina e vari Paesi non del tutto allineati con gli USA hanno comunque un peso rilevante. Se si afferma il principio che l'ONU è impotente di fronte alle situazioni di crisi, gli USA avranno mano libera in qualunque parte del mondo.

Il tassello successivo del mosaico è il nuovo ruolo della NATO. Gli Stati Uniti hanno un punto debole: non possono impegnarsi direttamente in azioni militari di terra, tranne nei casi in cui la situazione tattica sia a loro favore in modo schicciante, perché il loro pubblico non accetterebbe le perdite umane che ne conseguirebbero. E' ovvio, pertanto, che hanno bisogno di alleati che forniscano truppe e possibilmente contribuiscano anche dal punto di vista economico alle iniziative militari. La NATO è una buona candidata per tale ruolo.

La NATO, infatti, è un'alleanza il cui controllo effettivo è strettamente in mani americane, formata da Paesi abbastanza ricchi da dare contributi economici sostanziali. Alcuni Paesi della NATO hanno meno problemi a mettere a disposizione anche truppe terrestri, pur non essendo mai esenti dal problema dei rischi di perdite umane. Per di più un'azione NATO non figura apparentemente come un'azione puramente americana, pur avendone la sostanza.

Occorre però che la NATO modifichi la sua funzione com'è oggi fissata nel Trattato del Nord Atlantico, superando il suo carattere puramente difensivo e le limitazioni dell'area geografica di intervento specificate nel Trattato. Che cosa c'è di meglio del creare il fatto compiuto, con un'azione militare congiunta che già oltrepassa i limiti del Trattato?

Un altro motivo, solo in parte legato ai precedenti, è l'interesse dell'industria americana degli armamenti. Il budget americano della difesa è di 265 miliardi di dollari (circa 484.000 miliardi di lire) all'anno (vedere ad esempio  il messaggio del presidente del 1998). Ho già riportato un esempio delle favolose commesse ricevute dall'industria americana del settore. Se non vi fossero periodicamente motivi per intervenire militarmente qua e là per il mondo, l'opinione pubblica americana comincerebbe a pensare che queste cifre immense si potrebbero usare per altri scopi. Questo comporterebbe la crisi di uno dei maggiori complessi industriali americani. Si aggiunga che l'industria degli USA esporta largamente in tutto il mondo: è importante che gli alleati NATO, vecchi e nuovi, continuino ad acquistare costoso materiale bellico. Pensiamo all'Ungheria: appena entrata nella NATO si trova una guerra ai confini meridonali; non sarà più disponibile ad acquistarsi qualche F-16?

E' altrettanto ovvio che l'esistenza stessa della NATO, finita la guerra fredda, ha bisogno di nuove motivazioni; se si diffondesse l'idea che la NATO non serve più, non solo gli USA non avrebbero più l'appoggio di cui parlavo più sopra, ma dovrebbero anche ritirare le loro forze dall'Europa. Una forza di occupazione nel Kosovo garantirebbe invece una presenza americana a tempo indeterminato in un'area critica dell'Europa.

Ma c'è un altro motivo serio per intervenire in Europa, da parte americana. La nascita dell'euro mette in pericolo la supremazia mondiale del dollaro come moneta base delle transazioni internazionali. Ora, la massa di dollari circolante fuori dagli USA è grandissima; se il dollaro perdesse il suo ruolo, almeno parte di questa massa potrebbe ritornare in patria, causando un'esposione inflattiva. In ogni caso, l'affermazione dell'euro come principale moneta di scambio impedirebbe agli Stati Uniti di mantenere l'attuale controllo sui mercati, che consente loro di avere un'economia in sviluppo ai danni di tutto il resto del mondo. Che cosa c'è di meglio, per indebolire l'euro, che provocare una bella guerra in Europa?

A fronte di tutto questo, l'eliminazione dell'ultimo Stato europeo non allineato con gli Stati Uniti fino ai confini dell'ex Unione Sovietica è un gradito effetto collaterale.
 

Presidente Clinton

Il presidente americano ha anche importanti motivazioni sue personali per fare la guerra.

L'affare Lewinski lo ha visto uscire assolto dalla procedura di impeachment, ma gli ha fatto perdere gran parte della sua credibilità, oltre a lasciarlo in debito verso i suoi avversari repubblicani, che lo hanno graziato. Vi sono ancora cause aperte tra Bill Clinton e altre donne che sostengono di essere state molestate o di aver avuto con lui relazioni a sfondo sessuale terminate malamente.

Sul presidente Clinton grava però un'accusa politicamente assai più grave: quella di essere stato finanziato dal governo cinese, durante la campagna elettorale,  e di aver ricambiato il favore con il trasferimento di tecnologie evolute in ambito civile e militare, oltre che con favoritismi commerciali. Esiste un rapporto di 700 pagine (rapporto Cox) sulle relazioni tra la Casa Bianca ed il governo della Repubblica Popolare Cinese, che attende di essere reso pubblico.

La guerra può essere un buon pretesto per distrarre l'attenzione degli americani dalle relazioni improprie del Presidente con le donne e con i governi stranieri. Vale infatti il principio che, in tempo di guerra, ci si deve stringere attorno al capo, anche se si disapprovano certe sue azioni. Peccato che questo valga anche per il presidente della Federazione Jugoslava, Milosevic.
 

Europa

Il quadro che ho presentato sembra mostrare che i vantaggi sono tutti a favore degli USA. Perché allora varie nazioni europee si sono lasciate coinvolgere? Cerchiamo di analizzare le loro motivazioni.

La Germania è la protagonista principale delle vicende jugoslave, essendo intervenuta prima ancora degli USA. Il suo interesse è quello di allargare la propria sfera di influenza economica nell'Europa centrale. La Germania ha riconosciuto per prima (1991) l'indipendenza di Slovenia e Croazia, trascinando gli altri Paesi europei e gli USA a farlo successivamente e scatenando di fatto la dissoluzione della vecchia Jugoslavia. La politica tedesca in Jugoslavia è stata sempre orientata all'indebolimento della Serbia, che tentava al contrario di mantenere in piedi la federazione con una forte caratterizzazione nazionalista. Pertanto deve appoggiare l'attacco alla Serbia, che costituisce una specie di compimento della sua politica da dieci anni ad oggi, anche se, facendolo, mette a rischio la stabilità dell'euro. La presenza americana non è un problema, la Germania stessa è la nazione europea con maggiore presenza militare USA ed il governo tedesco attuale è allineato con gli USA sulla politica militare della NATO. Questa è, in particolare, la prima occasione in cui la Germania può permettersi di partecipare ad azioni belliche dal 1945: si crea così il precedente per porre fine alle limitazioni conseguenti alla sconfitta nella guerra mondiale. Ciò non toglie che in Germania l'opposizione all'intervento possa emergere anche nelle alte sfere, a causa della questione euro.

La Gran Bretagna è totalmente allineata con gli americani, per ragioni storiche e culturali e perché molti motivi validi per gli USA sono validi anche per lei. I britannici non sono entrati nell'euro per una loro scelta deliberata; Londra è la principale piazza finanziaria dopo New York e vuole rimanerlo, respingendo una possibile minaccia di Francoforte come piazza principale di un euro "mondiale". L'industria bellica britannica ha un notevole peso politico ed uno stretto legame con quella americana (ad esempio, ha venduto i suoi cacciabombardieri Harrier anche agli americani stessi, che ne producono una versione in collaborazione). Pertanto britannici e americani procedono fianco a fianco.

La Francia, come sempre, cerca di conservare un ruolo di grande potenza affermando la propria presenza in ogni situazione. In questo caso non aveva scelta: la fermezza americana nel volere l'intervento richiedeva l'adesione oppure un'opposizione decisa. La presenza francese nei Balcani è oggi minima, forse il governo francese ha ritenuto che la partecipazione alle operazioni militari consentisse almeno di riproporre un'influenza francese nella zona; forse pensano di poter controllare meglio gli americani affiancandoli piuttosto che contrastandoli, visto che un'opposizione non avrebbe avuto comunque successo. Si tratta di una scelta obbligata, di chi si sente debole ma vuole apparire forte: La Francia ha subito notevoli rovesci in Africa, ad opera degli USA; la sua situazione politica interna è poco solida. Anche la Francia, poi, deve mantenere l'industria bellica nazionale, consumando un po' di armamenti e giustificando all'opinione pubblica le spese militari.

L'Italia è il solito vaso di coccio in messo ai vasi di ferro. L'unico esponente del governo con idee chiare sulla politica estera è, neanche a dirlo, il ministro degli Esteri Dini. Ma il governo D'Alema soffre del marchio di "ex comunista" del suo leader: per restare in sella deve mostrarsi più atlantista degli atlantisti. Gli interessi nazionali sarebbero del tutto contrari all'intervento, visto che:

  1. l'onere dell'assistenza ai profughi ricade prima di tutto sull'Italia;
  2. il caos in Albania e Kosovo esporta criminalità in Italia;
  3. la guerra sulla soglia di casa deprime l'economia danneggiando direttamente vari settori, dal turismo alla pesca alle varie attività commerciali con la Jugoslavia;
  4. l'industria degli armamenti italiana non può sperare in commesse significative e non ha grande peso politico nazionale né internazionale.
L'Italia avrebbe potuto fermare la guerra negando l'uso delle basi, ma è evidente che la limitazione di sovranità che da sempre subiamo nei confronti degli americani si è applicata al massimo grado in quest'occasione. Un ex-comunista al governo non può opporsi ad un'iniziativa militare americana senza suicidarsi politicamente. In questo modo, naturalmente, sta affossando l'Italia. Sta quindi cercando come sempre di salvare capra e cavoli con equilibrismi verbali ed operativi: i nostri aerei partecipano, ma solo con funzioni difensive; i soldati italiani vanno in Albania, ma solo per assistere i profughi e così via.

Alberto Cavallo, 2 maggio 1999

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Nuovi spunti per l'interpretazione della crisi

(Testo già parzialmente pubblicato sul forum della Repubblica)

Fin dall'inizio di questa crisi mi ha incuriosito un'evidente anomalia nel quadro generale degli eventi. L'Albania, nonostante la presenza di soldati americani ed italiani, nonché di poliziotti e carabinieri italiani inviati ad addestrare la polizia locale, rimane in preda all'anarchia. E' addirittura grottesco come i gommoni carichi di poveri profughi e di droga possano continuare pressoché indisturbati il loro andirivieni nell'Adriatico, mentre tutt'attorno circolano i potentissimi mezzi aerei e navali della NATO. La televisione italiana (Moby Dick) ha addirittura intervistato un ex scafista che ora ha un'impresa di autotrasporti e lavora per le forze armate italiane.

Qual è il vero ruolo dell'economia illegale albanese nella guerra?

Ho raccolto dati da varie fonti, ma la più importante, per la sua attendibilità, è un piccolo libro che ho letto negli ultimi giorni.

Si intitola "La crisi albanese", di Michel Chossudovsky, Edizioni Gruppo Abele. L'autore è docente di economia all'università di Ottawa. Il Gruppo Abele è noto a tutti.

Il libro riguarda il crollo economico e sociale dell'Albania, culminato nel 1997 con la crisi delle "finanziarie piramidali", ma fornisce spunti utili a proposito del Kosovo. A pagina 61 troviamo ad esempio un breve capitolo intitolato "Armi e munizioni per la Grande Albania".

Risulta che i clan malavitosi albanesi, a partire almeno dal 1994, hanno utilizzato i proventi del contrabbando di petrolio e di droga per acquistare ingenti quantitativi di armi destinate al Kosovo per la guerriglia contro i serbi. Tutto questo con il beneplacito di due ben precise potenze occidentali: Germania e Stati Uniti.

Per somma ironia (o no?) il contrabbando di petrolio aggirava tra l'altro l'embargo voluto dall'Occidente nei confronti della Jugoslavia, embargo tolto poi l'anno scorso e ripristinato recentemente, durante la guerra.

L'interesse di Germania e Stati Uniti per la regione, come si può leggere anche in altri capitoli del libro, è legato alle ingenti risorse minerarie della zona, oltre che a motivi "geopolitici" generali. Le ingenti risorse di cromo e rame dell'Albania sono state acquistate a prezzi stracciati da società tedesche, alle quali si sono aggiunte successivamente anche società americane.

Questi fatti sono ampiamente documentati da fonti governative americane ed europee. Passo ora alle mie considerazioni.

Il piano della Germania, a cui accennavo più sopra, acquista concretezza quando si apprende che le miniere di cromo dell'Albania sono state acquistate da una Società tedesca. L'entrata in scena degli americani è stato probabilmente dovuto a due fatti: la Germania e le altre nazioni europee non hanno saputo gestire la situazione, ed il direttore della CIA, Tenet, che è di origine greco-albanese (di Himara, a sud di Valona), conosce bene persone e fatti, ed ha quindi individuato le opportunità offerte dalla situazione locale a preferenza di altre nel mondo.

L'Albania è da quasi un decennio sotto il controllo di fatto delle potenze occidentali. L'UCK si è sviluppato sotto il loro benevolo sguardo, utilizzando i proventi di traffici illeciti; le sue azioni terroristiche hanno spinto il governo jugoslavo a scatenare la repressione, con l'inevitabile coinvolgimento della popolazione civile. Questa situazione ha consentito alla NATO di intervenire, servendosi della farsa di Rambouillet per far sembrare che si fosse tentata una soluzione pacifica alla crisi.

Ma una soluzione pacifica è stata resa impossibile. Per garantire il fallimento delle trattative la NATO aveva favorito come interlocutori i banditi dell'UCK  rispetto al movimento autonomista pacifico e rispettabile guidato da Ibrahim Rugova. La proposta di accordo, inoltre, era formulata in modo del tutto inaccettabile per il governo jugoslavo: l'appendice B prevedeva addirittura, per le forze NATO, la libertà di movimento e l'uso gratuito delle infrastrutture su tutto il territorio jugoslavo, non solo nel Kosovo! La formulazione generale era tale da assicurare l'indipendenza del Kosovo entro tre anni. Questa bozza è stata presentata non come base di discussione, ma come diktat da accettare o respingere in blocco, sotto la minaccia dei bombardamenti. La Jugoslavia non ha voluto accettarla e la NATO ha cominciato a bombardare.

Dopo l'inizio dei bombardamenti le forze jugoslave hanno attaccato senza restrizioni l'UCK ed hanno deportato a forza la popolazione albanese del Kosovo. Quest'ultima azione, con il suo contorno di brutalità e omicidi, è l'unica per la quale il governo jugoslavo ed il presidente Milosevic possano essere accusati di colpire gli albanesi solo per la loro nazionalità. Fino a quel momento si erano avute soltanto azioni repressive, per quanto feroci, contro un'insurrezione armata, non azioni generalizzate contro il popolo albanese. La circostanza è stata certificata dal governo tedesco.

Concludo pertanto che l'azione della NATO, se intesa come difesa degli albanesi del Kosovo, è stata sproporzionata e inadeguata. Sproporzionata, perché le azioni dei serbi, fino a quel momento, non erano state tali da meritare un attacco indiscriminato alla loro nazione; inadeguata, perché invece di salvare gli albanesi ne ha consentito, anzi provocato, la deportazione in massa.

Visti gli antefatti, però, ritengo di poter affermare che la NATO, principalmente nelle persone del presidente Clinton e del segretario di stato Albright, ha agito scientemente per giungere alla guerra. Le motivazioni sono quelle che ho descritto all'inizio della pagina, con l'aggiunta degli interessi minerari.

Il conflitto, infatti, è stato scatenato dall'UCK, organizzato e finanziato con i proventi del crimine. Il popolo albanese del Kosovo, ed incidentalmente quello dell'Albania, poteva essere difeso stroncando i traffici illegali della mafia albanese e sostenendo il movimento autonomista non violento di Rugova, già esistente ed attivo. Parallelamente, un rafforzamento dei rapporti pacifici già in atto tra la Serbia e l'Occidente avrebbe dato maggiori possibilità all'opposizione democratica, portando il governo del presidente Milosevic a cadere senza traumi a tempo debito, com'è accaduto a tanti altri regimi analoghi.

Oggi è ancora possibile agire almeno contro la mafia albanese, per ridare a quel misero paese una possibilità di vita civile. Ma nel momento in cui si impegnano risorse enormi per bombardare la Serbia, non si fa nulla per fermare la criminalità albanese, con la scusa di non violare la sovranità di quello stato. Evidentemente la sovranità della Jugoslavia conta meno di zero, mentre quella dell'Albania, uno stato totalmente disorganizzato ed in preda all'anarchia, è inviolabile, secondo le potenze occidentali!

Alberto Cavallo, 19 maggio 1999

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Analisi del conflitto alla conclusione dei combattimenti

Il conflitto è terminato il 9 giugno con la firma delle condizioni tecniche per il ritiro delle forze jugoslave dal Kosovo e la fine dei bombardamenti.

Al di là delle pretese di vittoria di ciascuna parte in causa, analizziamo quanto è accaduto in base ai motivi del conflitto, che ho descritto nelle parti precedenti di questa pagina.
 

Analisi del raggiungimento degli obiettivi americani

Indebolimento del ruolo dell'ONU

I risultati ottenuti nei confronti dell'ONU sono parziali ma comunque importanti e gravi. La mediazione russa ha ottenuto la fine del conflitto riammettendo nel gioco l'ONU, tanto che gli accordi di tregua sono stati sanciti da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza.  Non vi è dubbio, però, che l'ONU è uscita dal conflitto con un'immagine ed un ruolo effettivo gravemente indeboliti. Il Consiglio di Sicurezza si è ridotto al ruolo di notaio degli accordi, senza avere in alcun modo quel ruolo che la Carta dell'ONU gli attribuisce.

Le conseguenze sono già visibili: il conflitto tra India e Pakistan per il Kashmir, in corso da decenni, si è rinfocolato, a causa dell'iniziativa del Pakistan di infiltrare forze di guerriglia nel territorio controllato dall'India. Le due nazioni sono giunte negli ultimi giorni ad una specie di tregua, ma l'ONU non ha avuto alcun ruolo nella vicenda. Vi è stato anzi un categorico rifiuto della sua mediazione, da parte dell'India.

Nel frattempo si sta di nuovo rafforzando la tensione fra Cina e Taiwan. Anche qui l'ONU non ha alcuna veste.

Come ci si poteva aspettare, l'indebolimento dell'ONU sta aumentando i rischi di guerra in tutto il mondo. Per di più, la dimostrazione che gli USA sono pronti ad attaccare qualsiasi Paese non allineato con le loro posizioni, porterà ad un riarmo generale anche nucleare, con l'aiuto di Russia e Cina, di tutti coloro che hanno da temere un possibile attacco.
 

Affermazione della NATO come strumento d'intervento

Il tentativo di affermare la NATO come strumento d'intervento a largo raggio è ancora in corso, ma non sembra riuscito. Il Regno Unito rimane l'unico alleato USA pronto a scendere sempre in guerra al loro fianco, senza necessità di giustificazioni o motivazioni specifiche. Nonostante la macchina propagandistica, le opinioni pubbliche dei paesi europei non si sono dimostrate entusiaste della nuova NATO aggressiva, e non si vedono per ora segni di ulteriori iniziative per la trasformazione del ruolo dell'alleanza.

Il fatto più importante rimane, però, lo "sdoganamento" della Germania, di cui parlerò più avanti.
 

Sostegno alle spese militari

L'obiettivo è stato raggiunto. Proposte di incremento delle spese militari sono state presentate negli USA e negli altri paesi NATO, con buone probabilità di successo. Il ministro della Difesa italiano, Scognamiglio, sostiene che l'Italia deve arrivare al raddoppio delle spese militari, rispetto al livello attuale.
 

Presenza americana in Europa

L'obiettivo è raggiunto: la NATO non è assolutamente in discussione, e si prevede un'occupazione militare del Kosovo a tempo indeterminato, vista l'assenza di prospettive di soluzione a breve, che consentano il ritiro della KFOR. Ma il colpo a sorpresa con cui la Russia ha prso il controllo dell'aeroporto di Pristina e ha garantito una propria significativa presenza nella forza di pace ha incrinato questo risultato.
 

Difficoltà per l'Euro

Obiettivo raggiunto: l'euro è debole, l'Europa ha i sui problemi economici ed ora, a detta del governo americano, Albright in testa, deve dare il principale contributo alla ricostruzione nei Balcani.
 

Eliminazione del regime antioccidentale in Serbia

Al momento l'obiettivo non è raggiunto: durante la guerra, anzi, il regime di Milosevic ha avuto un rafforzamento temporaneo. Ora l'opposizione si è risvegliata, ma le prospettive di un cambiamento di regime sono incerte.
 

Obiettivi personali di Clinton

I risultati personali per Clinton non sono netti. Il suo vicepresidente Gore ha pensato bene di defilarsi, per non rischiare le sue probabilità di elezione come successore; il rapporto Cox sulla Cina è stato pubblicato; la popolarità del presidente è in calo. Tuttavia gli scandali personali sembrano superati.
 

Risultati negativi per l'America

Al tempo della caduta dei regimi comunisti dell'Europa dell'est, gli Stati Uniti erano visti come un modello di libertà civile e di sviluppo economico, un punto di riferimento a cui ispirarsi. Anni di conversione selvaggia al capitalismo avevano già incrinato questa visione ottimistica dell'America; l'aggressione alla Jugoslavia l'ha completamente cancellata. La stragrande maggioranza dei russi ora vede nuovamente l'America come un nemico, anzi è ostile come non è mai stata. Durante il regime comunista, infatti, molti russi erano coscienti che l'immagine dell'America trasmessa loro dai media sovietici era propagandistica, tanto che già ne avevano un'immagine positiva in modo perfino esagerato. Ora invece hanno visto in modo attendibile il volto cattivo dell'Occidente, e quindi hanno sviluppato un'avversione sentita e sincera (vedere ad esempio Zinoviev su La Stampa del 30 giugno).

Il modo brutale in cui la NATO ha calpestato trattati e convenzioni per ridurre alla sottomissione una nazione indipendente ha fatto capire al mondo intero che occorre riarmarsi e che è più che lecito essere aggressivi. India e Pakistan hanno riaperto le ostilità per il Kashmir e sono giunti, almeno a parole, vicino alla guerra nucleare. La Cina manifesta in modo aperto le sue intenzioni aggressive verso Taiwan. Il mondo è assai meno sicuro di prima, e questo va a discapito degli stessi Stati Uniti, intesi come nazione, anche se può far comodo alla lobby militare-industriale.
 

Risultati per l'Europa

La Germania ha ottenuto un risultato importantissimo: per la prima volta dal 1945 le sue forze armate hanno svolto azioni di attacco in territorio straniero. Questo comporta la fine del suo stato di nazione sconfitta ed in quarantena militare. Il soddisfacimento degli interessi industriali e minerari non si può ancora valutare, e dovrà essere tenuto sotto controllo nei prossimi mesi ed anni.

Un risvolto negativo è legato alla sconfitta elettorale del governo SPD-Verdi alle elezioni europee; difficile però capire quanto abbia pesato il Kosovo, e quanto invece la politica interna.

Per la Gran Bretagna, vale quanto detto per gli USA, dato che l'UK ne è di fatto un'estensione geopolitica. Notevole la sconfitta elettorale del governo Blair, per la quale però, come per gli analoghi fatti tedeschi, non è chiaro se vi sia stato un'influsso dei fatti bellici. Ora però rimane la grave questione irlandese: gli unionisti protestanti hanno fatto fallire le trattative, le prospettive di pace si allontanano. Le analogie col Kosovo rendono assai ironica la situazione, dato che il ruolo di Blair rischia di diventare simile a quello di Milosevic...

La Francia, come previsto, cerca di sfruttare la situazione acquisendo dopo la guerra un maggior peso decisionale sui Balcani. Sicuramente ha contribuito a far cessare le ostilità, formando con Germania e Italia un fronte moderato entro la NATO, contrapposto all'asse USA-UK. Il governo francese è l'unico uscito bene dalle elezioni europee.

L'Italia ha subito un grave contraccolpo sul turismo e sugli scambi economici con i Balcani; deve inoltre sopportare il peso maggiore del soccorso ai profughi, anche e soprattutto di quelli che arrivano sul suo territorio. Ora tocca ai Rom del Kosovo, "etnicamente ripuliti" ad opera degli albanesi. D'Alema, come Blair e Schroeder ed a differenza di Jospin in Francia, ha subito una sconfitta elettorale, probabilmente non correlata con la guerra.

La Russia sta uscendo dalla guerra con una possibilità di ricuperare peso internazionale. Certamente è risucita a fermare la guerra ed a conservare una presenza nei Balcani, grazie all'opera di Cernomyrdin come mediatore ed al colpo a sorpresa con cui si è impadronita militarmente dell'aeroporto di Pristina.

Resta la grande incognita del presidente Eltsin, che rimane disperatamente attaccato al potere quando la sua popolarità è scesa a zero. Si rischiano colpi di stato da parte sua o da parte di oppositori (forse dall'esercito). Sicuramente si prospetta un avvicinamento Russia - Cina e sembra quasi certa la ricostituzione dell'unione con la Bielorussia e la federazione con l'Ucraina. Forse la Russia, dopo aver toccato il fondo, sta preparandosi a risalire.

Alberto Cavallo, 18 luglio 1999

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Conclusione: un mondo meno sicuro

Come sempre accade, i risultati di una guerra contengono molte ambiguità. Nessun singolo obiettivo dei vari governi è stato raggiunto con chiarezza.

Si sono acquisiti però alcuni risultati negativi, destinati a pesare parecchio sulla politica internazionale del XXI secolo:

  1. l'uso della forza da parte delle grandi potenze ha riacquistato credibilità, dopo anni nei quali sembrava acquisita la predominanza della conquista economica rispetto a quella militare;
  2. il rispetto dei trattati è tornato al livello della prima guerra mondiale ("i trattati sono pezzi di carta", disse il cancelliere tedesco);
  3. la potenza militare americana ha mostrato la sua paurosa efficienza, ora chi pensa di poter subire un attacco ha una sola possibilità , ricorrere all'arma nucleare (e lo faranno, vedi India e Pakistan);
  4. Russia, Cina e India hanno raffreddato i rapporti con gli USA e possono riavvicinarsi tra loro;
  5. si è dimostrato che i media possono indurre le popolazioni occidentali a sostenere una guerra di aggressione.
Il mondo è meno sicuro, il XX secolo si sta concludendo con guerre balcaniche, come è cominciato. Allora seguì la prima guerra mondiale, scaturita in modo quasi fortuito da una serie di iniziative più o meno maldestramente aggressive tra le potenze di allora ...

Alberto Cavallo, 18 luglio 1999

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