Guerra in Europa - Kosovo  - Parte 1


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Questa pagina riporta le note che ho scritto sui fatti di attualità della guerra, durante i primi due mesi.


Guerra sull'Europa (versione del 25/03/1999)

Il 24 marzo 1999 ho inserito un testo sulla pagina di indice a proposito della guerra. Avendo ripristinato la pagina di indice nella sua forma originale, riporto in questo paragrafo i contenuti inseriti allora, nella versione rivista il 25 marzo.

Le forze della NATO hanno attaccato una nazione indipendente e sovrana, con motivazioni fortemente discutibili.

Se è vero che la Federazione Jugoslava ha ridotto l'autonomia della regione e reprime con violenza l'indipendentismo albanese nel Kosovo, bisogna notare che l'UCK da anni compie azioni di terrorismo e di aperta ribellione armata. Chi desidera informazioni difficili da trovare sui media occidentali provi a visitare qualche sito come (https://www.geocities.com/CapitolHill/Senate/2897/terrorism1.html).[Il sito originale non è più accessibile, ma riporto il file originale terrorism1.html].

E' vero che il governo della Serbia ha gravi responsabilità nelle tragiche vicende di quella che era la Jugoslavia. Ma poniamoci qualche domanda:

L'azione della NATO, fortemente voluta dagli USA e accettata supinamente dagli europei, è ingiustificata ed irresponsabile. Si tratta di un vero e proprio atto di terrorismo internazionale, che ha lo scopo di intimidire il mondo con la forza militare inarrestabile dell'unica superpotenza (gli USA), di giustificare l'esistenza di una forza armata costosissima di fronte ai cittadini americani che pagano le tasse, di giustificare l'esistenza della NATO, alleanza originariamente difensiva, oggi priva di senso dopo la sconfitta del nemico storico comunista.

Quest'azione provocherà soltanto altro dolore ed altra sofferenza in aggiunta a quelli che già vi sono stati, a causa della follia dei potenti di tutte le nazioni.

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Conseguenze dell'intervento (28/03/1999)

Le conseguenze dell'intervento NATO stanno cominciando a delinearsi. Come molti avevano previsto, il regime serbo si vendica dell'intervento intensificando l'azione contro gli albanesi del Kosovo. Ora non vi sono più restrizioni, i villaggi vengono rasi al suolo, i civili perseguitati ed a volte uccisi. Insegnanti ed intellettuali sono ora bersagli per le forze serbe.

Non vi è dubbio che la responsabilità di un'azione ricade prima di tutto su chi la compie. Ma, senza voler giustificare le azioni di rappresaglia, si deve constatare che i bombardamenti ottengono esattamente il risultato prevedibile fin dall'inizio: morte e distruzione per tutti, in primo luogo per gli albanesi del Kosovo, che la NATO dice di voler difendere.

Ora il regime di Belgrado logicamente scatena, senza più freni, la sua azione contro gli albanesi, per causare loro il massimo danno prima che le sue forze siano troppo indebolite dagli attacchi aerei. In questo modo spera che, quando i bombardamenti cesseranno, si abbia sul terreno una situazione di pulizia etnica già eseguita. I profughi non avranno più case a cui tornare, il Kosovo albanese non avrà più una classe dirigente.

In Serbia, frattanto, la popolazione si stringe attorno al regime. Molti di coloro che in precedenza erano fortemente critici verso il presidente Milosevic ora, sotto le bombe che non distinguono tra filogovernativi ed oppositori, stanno passando dalla sua parte: quando la nazione è sotto attacco dall'esterno, un cittadino che ha il senso della nazionalità appoggia il governo, anche se non lo approva. "Right or wrong, my country", gli anglosassoni dovrebbero saperlo bene.

Il risultato che possiamo attenderci dopo i bombardamenti è quindi:


Quello che si sarebbe dovuto fare è una trattativa con il coinvolgimento dell'ONU e di quelle nazioni che hanno legami con la Jugoslavia, in primo luogo la Russia. La diplomazia del Vaticano e forse dell'Italia stanno provando ancora a riattivare la trattativa.

Probabilmente la Serbia avrebbe potuto accettare una forza di interposizione sotto l'egida ONU e con la partecipazione della Russia. Sicuramente non accetterà mai, invece, una forza NATO.

Sui veri scopi dell'intervento NATO è interessante l'articolo di Eugenio Scalfari sulla Repubblica di oggi (28 marzo). Segnalo che la Repubblica ha trattato fin dall'inizio l'intera questione con equilibrio e serietà di informazione.

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Considerazioni sulla legittimità dell'intervento NATO

(Testo aggiornato il 9 maggio 1999)
L'intervento NATO contro la Jugoslavia viola numerose leggi e trattati.

Per noi italiani, l'articolo 11 della costituzione della Repubblica esclude la guerra "come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Tra l'altro, qui non c'è nessuna controversia inter-nazionale, dato che il Kosovo è una provincia della Serbia e non uno stato indipendente in guerra con la Federazione Jugoslava.

Il trattato dell'Atlantico del Nord (carta base della NATO) all'articolo 1 prevede che ci si debba astenere dalla minaccia della guerra e che si debba applicare quanto previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. All'articolo 7 esclude categoricamente che il trattato medesimo modifichi o possa essere interpretato nel senso di modificare i diritti e gli obblighi stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite, per gli stati che ne fanno parte.

La carta delle Nazioni Unite, al capitolo VII, prevede che gli interventi armati debbano essere determinati dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, unicamente come estrema risorsa dopo che sia stata constatata l'inadeguatezza di misure non belliche.

Visto che non vi è stato alcun provvedimento del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che autorizzi un intervento militare, anzi non è stata neppure iniziata una procedura in tal senso, quanto stanno facendo le nazioni NATO è semplicemente una guerra tra le nazioni della NATO e la Federazione Jugoslava, al di fuori di quanto previsto dal trattato che fonda la NATO stessa.

Per l'Italia, in particolare, si tratta di un coinvolgimento in azioni militari in violazione dell'art. 11 della Costituzione ed in assenza di una deliberazione delle Camere sullo stato di guerra (art. 78) che autorizzi il Governo in tal senso.

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Situazione all'11 aprile

Le previsioni fatte fin dall'inizio da molti e non solo dal sottoscritto (ad esempio Massimo Fini sul Borghese), non solo sono state confermate ma sembrano ora, col procedere degli eventi, alquanto ottimistiche.

Se il fine dell'intervento NATO era quello di proteggere la popolazione albanese del Kosovo, allora siamo di fronte ad un tragico fallimento. I bombardamenti non solo non hanno impedito la pulizia etnica: ne hanno consentito il compimento, dando la possibilità a Milosevic di godere del massimo consenso interno e di eliminare ogni possibilità di controllo delle sue azioni in Kosovo.

Tutti gli analisti ora concordano che ci vuole un intervento a terra, che i bombardamenti non possono bastare. Ma il presidente degli USA ed i portavoce della NATO fin dall'inizio ribadiscono che non è previsto alcun intervento di tal genere. Con queste affermazioni hanno dato via libera alla pulizia etnica, ed ora si affannano a negare l'evidenza.

E' ora di dire una volta per tutte che la guerra o si fa o non si fa. Guerra vuol dire sofferenza, distruzione, morte. I capi di stato e di governo occidentali hanno inventato quest'assurdità che è la guerra aerea chirurgica, fatta con le bombe ed i missili intelligenti. E' ora di dire una volta per tutte che la guerra è guerra, che le bombe non sono mai intelligenti, che chi sceglie la guerra sceglie di mandare incontro alla sofferenza ed alla morte moltissime persone: i combattenti nemici ed i propri, i civili della parte nemica e spesso anche i propri, questa volta addirittura quei civili che si pretende di voler difendere!

I bombardamenti aerei e missilistici non sono mai stati decisivi, nemmeno quando sono stati indiscriminati ed hanno  coinvolto pesantemente la popolazione civile del Paese colpito. Per fermare le milizie che praticano la pulizia etnica occorre affrontarle faccia a faccia col fucile e con la baionetta, non c'è missile Cruise che possa colpire le forze paramilitari del famigerato colonnello Arkan.

Ci hanno pensato Clinton, Albright, Blair, Jospin, Scroeder e gli altri, prima di cominciare quest'avventura? Non accomuno agli altri D'Alema, perché notoriamente ha posto a Clinton la domanda decisiva: "Se i bombardamenti non bastano, che cosa si fa dopo?", ottenendo la risposta: "Si continua a bombardare".

Ora invece c'è bisogno di una notevole quantità di carne da cannone. Ritengo che la NATO opterà per i kossovari dell'UCK, che saranno armati e mandati a combattere in numero crescente, in sostituzione delle proprie truppe di terra. Dopo tutto sono gli unici ben motivati. Essendo peraltro difficile che l'UCK ottenga successi in breve tempo, dobbiamo attenderci un conflitto lungo e sanguinoso, le cui vittime principali, come sempre, saranno i civili innocenti oltre ai combattenti stessi (quelli impegnati a terra, non i piloti che lanciano missili tenendosi alla larga dalla contraerea, e se invece delle basi militari centrano le case chiedono poi scusa).

Ripeto ancora che quest'avventura non doveva nemmeno cominciare, che si doveva tentare una trattativa seria coinvolgendo l'ONU, che i fatti hanno dimostrato l'inadeguatezza della strategia della NATO. Ora che il danno è fatto, anche al di là delle più fosche previsioni, si deve fare di tutto per giungere ad una tregua ed allo schieramento di una forza di interposizione non della NATO ma dell'ONU. Probabilmente l'unica ipotesi realistica è quella di una spartizione del Kosovo in due aree, come si è fatto per la Bosnia, per quanto si tratti di una soluzione odiosa. E' evidente che, dopo quanto è accaduto, la convivenza delle diverse etnie in un'unica entità politica è diventata improponibile.

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Nota fuori argomento (o no?)

A proposito di quanto ho scritto il primo giorno, oltre che delle mie note su altri argomenti, si legge sul numero di TIME del 22 marzo 1999 che gli USA hanno impostato il primo di una serie di 30 sottomarini nucleari d'attacco, da completarsi entro il 2004 per una spesa totale di 63,7 miliardi di dollari (l'intera flotta). Si tratta ovviamente di sottomarini armati con missili da crociera (cruise) e balistici tattici. Molti si stanno già chiedendo contro chi sia rivolta questa potentissima e costosissima flotta, visto lo stato di disfacimento della marina russa e visto che la Cina dispone soltanto di sottomarini convenzionali diesel/elettrici, come si legge nel medesimo articolo.

Sembra che alcuni dei missili lanciati sulla Jugoslavia partano da sottomarini. Non si capisce perché usare i sottomarini, visto che non esiste alcuna necessità di nascondere i punti di lancio o di sfuggire alla reazione della marina Jugoslava. Lascio qualunque considerazione al lettore.

Alberto Cavallo, 11 aprile 1999

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Un mese di guerra - Attacco alla TV

Oggi si compie il primo mese di guerra. L'analisi generale di ciò che sta accadendo, purtroppo, non muta: quanto scrivevo il 28 aprile resta completamente valido, salvo che ora la Russia sta compiendo l'ennesimo tentativo di composizione del conflitto, mentre allora era in corso un tentativo del Vaticano.

Sul piano strategico la NATO sta evidentemente "navigando a vista". Constatato che Milosevic non si arrende, nonostante settimane di bombardamenti, l'alleanza cerca nuovi obiettivi e prepara l'intervento terrestre. E' ben vero che i capi dei principali Paesi implicati nell'attacco negano con forza che si voglia procedere ad un attacco per via di terra, ma quanto sta accadendo dimostra chiaramente che i preparativi sono in corso: gli elicotteri Apache arrivati da poco in Albania sono progettati per appoggiare le truppe di terra, non per agire autonomamente. Le truppe americane e degli altri alleati vengono spostate in Albania nell'ambito di un'operazione di soccorso ai profughi, ma soltanto gli italiani arrivano con mezzi adatti a tale scopo: gli altri portano armi. Nel frattempo la popolazione del Kosovo, che la NATO dice di essere andata a difendere, ha perduto tutto.

L'UCK sembra, almeno per ora, non essere considerato un alleato credibile da mandare in prima linea, anche se sta sostenento alcuni piccoli scontri con l'esercito jugoslavo ai confini con l'Albania. Le incertezze dei capi politici sono legate all'evidente necessità di accollarsi una parte rilevante delle operazioni a terra. Ma un'offensiva terrestre non può essere condotta partendo dall'Albania, a causa delle caratteristiche del terreno. Occorrerebbe partire dalla Macedonia o addirittura invadere la Serbia da nord, dall'Ungheria. Le implicazioni di entrambe le possibilità sono spaventose: altre nazioni coinvolte nella guerra, combattimenti sanguinosi per entrambi i contendenti, una durata del conflitto indefinita se i serbi ricorressero, com'è probabile, alla guerriglia. Per arrivare poi a che cosa? Forse ad un'occupazione militare permanente di tutta la Jugoslavia?

In questa situazione, lo scontro si sposta sul piano della propaganda. Prima di tutto fioccano le accuse di atrocità contro i serbi: si mostrano presunte sepolture di massa fotografate dai satelliti, si parla di sequestro di bambini per prelevare loro il sangue. Naturalmente è sempre un processo in cui la NATO (alleanza militare priva di funzioni politiche e giudiziarie) fa da pubblico ministero, giudice e boia simultaneamente.

Ora si è pensato bene di bombardare la sede centrale della televisione jugoslava. Ci sono stati almeno 17 morti tra i quelli che ci lavoravano. Quest'azione è vergognosa, per molti motivi:

La TV jugoslava non dava un'informazione obiettiva, ma non doveva certo essere il comando della NATO a decidere di spegnerla. Alla propaganda si risponde con la verità se si è nel giusto, oppure si risponde con propaganda opposta se non si hanno argomenti. Bombardare una TV è un'azione terroristica da dittatura totalitaria, non da nazione democratica, anche se quella TV è usata dall'avversario per diffondere visioni faziose degli eventi.

Che differenza ci sarebbe, infatti, tra i missili che cadono sulla TV di Belgrado e un'eventuale autobomba contro la RAI o contro la CNN? Nessuna, solo il costo dei mezzi usati per l'attacco.

Quest'azione equivale a gettare la maschera: non c'è nessuna operazione di difesa dei kossovari in corso (se c'era è fallita), c'è solo una guerra di aggressione contro una nazione non schierata con gli USA e con certi Paesi europei. Meglio chiudere la loro TV, in mezzo alle bugie propagandistiche potrebbe consentire il passaggio di verità scomode per Clinton, Blair, Schroeder e Chirac. Questi signori saranno pure i capi di nazioni "democratiche", ma sembrano avere ben poco rispetto per la libertà di espressione e per il diritto dei loro stessi cittadini ad essere informati.

Per quanto riguarda il governo italiano, si è ormai appiattito sulle posizioni degli alleati. Se il ministro Dini prova a fare qualche affermazione sensata sul ruolo della NATO e degli USA oggi ed in futuro, viene subito zittito. Devo quindi correggere un mio precedente commento parzialmente favorevole a D'Alema: il nostro presidente del consiglio si è ora vilmente adattato a seguire i diktat di Clinton e compari, anche se è evidente che l'Italia sta subendo conseguenze gravi da questo conflitto. La nostra economia, già in difficoltà, rischia di entrare in recessione: i vantaggi della guerra sono tutti per l'industria degli armamenti americana, forse anche (secondariamente) inglese, francese e tedesca. All'Italia tocca invece la maggior parte del peso delle operazioni veramente umanitarie (e questo, d'altro canto, va a nostro merito), la crisi della pesca e del turismo, il rallentamento generale dell'economia. Al di là di ogni considerazione etica e politica, il governo italiano non sta affatto difendendo gli interessi nazionali.

Prosegue quindi il tentativo di fare della NATO il poliziotto del mondo, con la parallela esautorazione dell'ONU, sulla pelle dei kossovari e dei serbi. Avrà successo o si impantanerà in una campagna militare senza fine nei Balcani?

Alberto Cavallo, 24 aprile 1999

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Colpito un pullman, poi i soccorritori! Ora basta!

Oggi, 1° maggio, un aereo della NATO ha attaccato un ponte nel territorio del Kosovo (a Luzani, 20 km da Pristina), centrando un autobus di linea. Secondo il TG5 ci sono stati 40 morti. Ma non basta: poco dopo si è svolto un secondo attacco sul medesimo ponte; come c'era da aspettarsi, l'attacco ha coinvolto i mezzi di soccorso intervenuti in seguito al primo terribile colpo.

Questo non è un errore. Questo è un atto criminale: non si è controllato l'effetto del primo attacco, e si è attaccato di nuovo, pur essendo assolutamente ovvio che sul posto si sarebbero trovati medici e ambulanze, non certo carri armati!

Fino a ieri credevo che l'affermazione della propaganda serba, che i profughi del Kosovo non fuggivano dalle loro milizie ma dalle bombe, fosse una falsità da non prendere nemmeno in considerazione. Ora penso che abbia un minimo di fondamento: almeno qualche volta, forse accade anche questo.

Pensavo anche che si dovesse trattare e che il fine dovesse essere quello di fermare i bombardamenti da una parte, di far ritirare le forze jugoslave dal Kosovo dall'altra. Ora penso che si debbano fermare immediatamente e unilateralmente i bombardamenti, senza necessità di concessioni del governo jugoslavo.

La Serbia è ormai devastata: tutti i principali ponti distrutti, tutte le raffinerie distrutte, tutte le fabbriche di una certa importanza distrutte, danni gravissimi ad ogni genere di infrastrutture pubbliche. Anche se le azioni di attacco della NATO terminassero immediatamente, occorrerebbero anni per riparare i danni, ammesso che ce ne fossero i mezzi.

Ormai le forze aeree della NATO attaccano indiscriminatamente, con conseguenze gravissime per la popolazione civile. Chi parla ancora di azione militare con motivazioni umanitarie è folle o in malafede. Non mi stanco di ripetere che gli attacchi aerei non hanno affatto difeso i kossovari albanesi, anzi hanno provocato la loro espulsione in massa; hanno causato danni gravissimi alle infrastrutture civili della Serbia; hanno ferito e ucciso centinaia, forse migliaia di persone innocenti.

Se il governo di Slobodan Milosevic è responsabile (e penso che lo sia, da diversi anni) di crimini contro i diritti umani, oggi lo sono anche i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia. Se Milosevic dev'essere processato, allora devono essre processati anche Clinton, Blair, Schroeder, Jospin (e Chirac) e D'Alema. L'Italia è anzi seconda per le reponsabilità solo agli Stati Uniti, fra le nazioni della NATO, perché la maggior parte delle azioni di attacco partono dal territorio italiano, sono le basi e le infrastrutture italiane che consentono lo svolgimento delle operazioni militari. Le limitazioni all'azione delle forze aeree italiane sono ridicoli pretesti, le missioni compiute sono state spesso di attacco, comunque le si voglia chiamare; ma anche se non fosse mai decollato verso la Jugoslavia neppure un solo aereo italiano, la concessione dell'uso di basi e delle altre infrastrutture coinvolgerebbe l'Italia ben più di tutti gli altri Paesi, salvo gli USA, che forniscono la maggior parte dei mezzi offensivi.

Dopo l'ennesima strage di innocenti, nessuno può sostenere che siano in corso azioni difensive (di chi, di che cosa?). Il governo della Repubblica Italiana ha violato l'articolo 11 della Costituzione, a cui tutti i ministri hanno giurato fedeltà. Facendo questo, come ho già spiegato, ha anche violato la Carta dell'ONU, senza che il Trattato del Nord Atlantico imponesse in alcun modo la partecipazione all'iniziativa della NATO. Tant'è vero che la Grecia, Paese membro della NATO, non partecipa alle azioni.

Pertanto il Presidente del Consiglio ed i ministri competenti (almeno Interni e Difesa) sono direttamente responsabili della violazione di uno degli articoli fondamentali della Costituzione; inoltre sono corresponsabili con i capi di governo di Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna di azioni di terrorismo internazionale e strage. Se esistesse una giustizia internazionale, dovremmo vederli a fianco di Milosevic e del "comandante Arkan" tra gli imputati di un processo per i fatti di Jugoslavia.

Alberto Cavallo, 1° maggio 1999

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Uno spiraglio per la pace, ma i suoi nemici sono forti

L'arrivo in Italia del leader moderato kossovaro Ibrahim Rugova e l'accordo degli 8 Grandi su un'ipotesi di soluzione della crisi aprono una prospettiva nuova.

Ma è fondamentale che gli albanesi del Kosovo siano rappresentati da persone oneste e credibili, non dai banditi dell'UCK. Quando la guerra è cominciata, ho posto, fra le altre, una domanda: chi sono veramente i capi della guerriglia albanese? La risposta è giunta: l'UCK, secondo rapporti della DEA (Drug Enforcement Agency, agenzia antidroga del governo americano), è un'organizzazione dedita al narcotraffico (vedere ad esempio l'articolo di Jerry Seper sul Washington Times del 3 maggio). Questo movimento non differisce, quindi, per nulla dal PKK del famigerato Abdullah Ocalan: è un movimento terrorista collegato con le mafie internazionali della droga, ha una origine ideologica marxista-maoista, si è convertito all'islamismo militante per convenienza.

Risulta infatti, fra l'altro, che uno dei principali sostenitori e finanziatori dell'UCK sia il famigerato sceicco Osama bin Laden, che il governo degli Stati Uniti considera il pericolo pubblico mondiale numero 1. Queste incongruenze dimostrano che i motivi umanitari ed idealistici sono totalmente assenti dalla politica estera americana, pur essendo costantemente addotti come pretesti: lo stesso movimento può essere dipinto come un valido alleato o come una banda di delinquenti fanatici, secondo le convenienze del momento.

Possiamo quindi star certi che l'UCK sarà il principale ostacolo per la pace, dopo essere stato la causa della crisi del Kosovo, provocando la repressione serba con le sue azioni terroristiche. Le milizie serbe hanno compiuto gravi eccessi, ma in risposta all'azione dell'UCK, come testimonia lo stesso ministero degli esteri tedesco. La cacciata degli albanesi è cominciata dopo l'inizio dei bombardamenti NATO. Basta leggere i giornali del mese scorso, per chi ha la memoria corta. (Milosevic ha approfittato dell'occasione portagli dalla NATO, che bombarda senza agire con truppe di terra, per svuotare completamente il Kosovo dei suoi abitanti. Delle bombe che cadono sulla popolazione civile serba non gli importa niente).

Ora, appunto, nasce il ruolo vitale dei leader albanesi moderati come Rugova: non per nulla l'UCK ha emesso contro di lui una sentenza di morte! Occorre che la rappresentanza degli albanesi ritorni a coloro che sono stati messi da parte a causa dello sviluppo bellico della crisi. Speriamo che l'irresponsabile presidente Clinton possa permettersi di abbandonare gli ingombranti alleati del KLA (come lo chiamano gli americani) alla rovina che conseguirebbe, per loro, al raggiungimento di un'autentica pacificazione nell'area. E' evidente, infatti, che le loro attività illegali sarebbero fortemente ostacolate se il territorio del Kosovo fosse controllato efficacemente da una forza militare dell'ONU.

Nutro però seri sospetti: lo stato di grave illegalità tuttora esistente in Albania, nonostante la massiccia presenza militare della NATO, dimostra che i governi occidentali non hanno intenzione di interferire nei traffici illeciti di quell'area. Il trasporto di clandestini, la coltivazione e la vendita della droga, lo sfruttamento della prostituzione sono attività altamente lucrose per la mafia albanese, il cui raggio d'azione si estende anche in Italia. I profughi del Kosovo cominciano a scoprire l'amara realtà dell'anarchia albanese, nella più totale indifferenza delle autorità occidentali: devono spesso pagare per ottenere ciò che loro spetta, cibo e vestiario inviati per loro sono spesso rubati, bambini e giovani donne sono rapiti.

Ed intanto i gommoni dei contrabbandieri  navigano indisturbati con il loro carico di umanità disperata, armi e droga, caricando e scaricando sotto gli occhi di militari e forze dell'ordine italiane, oltre che della NATO e dell'Albania medesima.

D'altra parte, la NATO stessa ha calpestato il proprio trattato fondatore, la carta dell'ONU e la convenzione di Ginevra,  bombardando la popolazione civile della Serbia e causando, fino ad oggi, ben più di 1000  morti civili e distruggendo le infrastrutture civili della Serbia (ponti, ferrovie, aeroporti, raffinerie, centrali elettriche, fabbriche di ogni tipo). Tutto questo nell'ambito dell'alleanza di fatto con un'organizzazione di narcotrafficanti.

Possiamo quindi meravigliarci se si "chiude un occhio" sull'attività della delinquenza albanese?

Potrà prevalere chi lavora per la pace, contro un'anomala convergenza di interessi politici, economici e criminali?

Alberto Cavallo, 7 maggio 1999

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La pace assassinata?

Ieri, 8 maggio, sono accaduti fatti gravissimi che hanno immediatamente chiuso lo spiraglio she si stata aprendo per la pace.

Il principale collaboratore di Ibrahim Rugova, Fehmi Agani, è stato ucciso a Pristina. Le autorità serbe dicono che è stato l'UCK, che a sua volta accusa i serbi. Non mi pare, in fondo, importante chi sia stato, dal punto di vista politico: è evidente che è stato uno degli estremisti nemici della pace, presenti da entrambe le parti. Chiunque sia il colpevole, avrà il plauso inconfessabile dei falchi dell'altra parte, con i quali condivide unicamente il fine di far proseguire le ostilità.

La NATO, che ora sgancia sulle città bombe a grappolo, armi dirette ad uccidere le persone, non a distruggere installazioni militari, ha commesso il più grave errore (dal punto di vista politico) dall'inizio del conflitto, centrando l'ambasciata cinese di Belgrado. Scusandosi per l'ennesimo sbaglio, i portavoce dell'Alleanza hanno spiegato che non si è trattato di un errore di mira, ma che non sapevano che quell'edificio ospitasse l'ambasciata cinese. Se questo è il modo in cui la NATO identifica i bersagli, è la fine di qualsiasi pretesa di attacchi chirurgici : non sanno neppure che cosa c'è negli edifici. Tra l'altro, già numerose volte è risultato (vedere anche La Repubblica di oggi, 9 maggio) che edifici già colpiti, ormai vuoti e parzialmente distrutti, vengono attaccati nuovamente. Sembra che la NATO voglia consumare munizioni anche quando scarseggiano i bersagli ...

Il TG5 ha intervistato il famigerato comandante Arkan, che in un discreto italiano dava tranquillamente dei pazzi a coloro che hanno bombardato l'hotel Jugoslavia, convinti che ospitasse il suo quartier generale. Un personaggio considerato da molti responsabile di crimini gravissimi, uno dei capi delle forze paramilitari che hanno svolto e continuano a svolgere azioni di "pulizia etnica", omicidi e razzie in varie parti della Jugoslavia, faceva la figura del pacato e responsabile uomo di stato di fronte alla dimostrazione di follia distruttiva dei suoi nemici.

Non penso che il bombardamento dell'ambasciata sia stato eseguito deliberatamente per ostacolare la pace; ma è del tutto evidente che:

E' evidente a tutti che dopo la risoluzione dei G8 la NATO, invece di moderare la sua azione, l'ha intensificata. Questo comportamento, che ve ne sia l'intenzione o no, è contrario al perseguimento della pace. Ne abbiamo visto i risultati: ora la Cina, direttamente colpita, adotterà una politica ancora meno favorevole all'America ed alla NATO nell'ambito del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Una possibile soluzione:

Gli ultimi fatti hanno dimostrato che la continuazione della guerra è dovuta soprattutto alla granitica determinazione di Stati Uniti e Gran Bretagna, oltre che dei banditi dell'UCK; il governo jugoslavo accetterebbe un compromesso, anche se non la resa totale che gli viene richiesta.

Alberto Cavallo, 9 maggio 1999

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Stragi e bombe smarrite

Oggi, 16 maggio, siamo venuti a conoscenza di una strage vecchia ed una nuova.

La prima è stata compiuta dalle milizie serbe il 28 marzo scorso, anche se soltanto ora è stato reso pubblico un filmato che ne documenta i risultati, anche se non lo svolgimento. Si può solo notare che viene confermato quanto si sapeva: ci sono state stragi ad opera di milizie serbe, e queste stragi sono avvenute dopo l'inizio dei bombardamenti. Si deve notare che le vittime sono unicamente uomini in età militare; questo non vuol dire che fossero combattenti, forse erano agricoltori inermi, massacrati per il semplice sospetto che potessero appoggiare l'UCK.

La seconda è recentissima. Il villaggio di Korisa nel Kosovo è stato colpito dalla NATO, con l'uccisione di un centinaio di civili kosovari albanesi, profughi rientrati a casa secondo il governo jugoslavo.

Su questa seconda strage, la NATO ha dapprima negato di essere coinvolta, poi ha dichiarato che si trattava di un obiettivo militare e che i civili periti nell'attacco erano usati dai serbi come scudi umani. Francamente, è possibile che i serbi abbiano giocato qualche tiro alla NATO, allontanando rapidamente i loro mezzi ed i loro uomini mentre facevano rientrare i profughi. D'altra parte, può benissimo trattarsi di un altro errore puro e semplice, come nel caso dell'ambasciata cinese.

Resta vero comunque che la tattica di bombardare da quota elevata espone la NATO ad una serie infinita di errori di tiro e di identificazione dei bersagli; possiamo dunque dire che si conferma ancora una volta che il modo di agire dell'Alleanza è del tutto sproporzionato ed inadeguato al proprio fine. Anziché proteggere i kosovari, spesso li colpisce per sbaglio. E' del tutto evidente, ormai, che i profughi non fuggono soltanto dalla pulizia etnica dei serbi, ma anche dalle bombe (certo non solo dalle bombe, come dice la propaganda di Milosevic). D'altra parte, i colpi che vanno a segno distruggono bersagli sempre meno di natura militare e sempre più di tipo civile, come i ponti e le centrali elettriche. La stessa città di Pristina, capitale del Kosovo, è un mucchio di macerie a causa delle bombe NATO, non certo di ipotetici bombardamenti dei serbi.

Frattanto, la NATO ha ammesso che le bombe trovate dai pescatori di Chioggia nelle reti erano state sganciate dai suoi aerei. Naturalmente ha precisato che, prima di sganciare, i piloti verificano che il tratto di mare sia sgombro; inoltre le bombe non sono innescate. Peccato che tre pescatori siano rimasti feriti da queste bombe "innocue"; peccato inoltre che nessuno abbia pensato di avvertirli in anticipo del rischio che correvano.

La NATO si comporta sempre nello stesso modo: ammette solo di fronte all'evidenza più schiacciante, e cerca sempre di minimizzare le proprie responsabilità. Lo stesso modo di agire che ha portato alla cancellazione di qualsiasi indennizzo per le vittime dell'incidente del Cermis, dove la funivia fu tranciata da un EA-6, come quelli che volano quotidianamente sulla Jugoslavia.

Non è questo che ci aspettiamo da una forza "democratica" che agisce con fini "umanitari". Occorre una sospensione immediata dei bombardamenti, come sostengono voci autorevoli (vedere la pagina specifica).

Alberto Cavallo, 16 maggio 1999

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