RIPARARE LA DEMOCRAZIA
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Pagina pubblicata l'8 luglio 2005
Indice
- Il fallimento dei
referendum sulla procreazione assistita
- Quorum o non quorum
- I referendum servono?
- Riparare la democrazia
Alla pagina generale sulla politica italiana
Il fallimento dei
referendum sulla procreazione assistita
Come tutti sanno, i referendum del 12-13 giugno 2005 sono risultati
nulli per insufficiente partecipazione al voto. La percentuale dei
votanti è stata minore della metà del limite
costituzionale del 50%, il che ha reso nulla la consultazione: ha avuto
successo la scelta di tutti coloro che, essendo contrari ai referndum,
hanno chiesto agli elettori di non andare a votare piuttosto che di
votare no. Su questo sito avevamo pubblicato un testo sull'argomento, allo scopo di
spiegare sinteticamente i contenuti e le implicazioni principali del
voto.
Questo risultato è stato sottoposto, e ancora lo sarà,
a molte analisi. C'è chi lo vede come una rivincita del
centro-destra politico, sconfitto alle elezioni regionali; chi lo
interpreta soprattutto come una vittoria della chiesa cattolica, che ha
combattuto più di ogni altra organizzazione per l'astensione dal
voto; chi individua la nascita di un nuovo tipo di influenza della
religione sulla politica.
E' particolarmente interessante l'analisi del prof. Bellone,
direttore della rivista "Le Scienze", sviluppata nel suo editoriale del
numero di luglio. Egli ritiene che abbiano svolto un ruolo essenziale
l'ignoranza, spesso condita di avversione, della scienza, e la
diffusionde della subcultura
"nazional-popolare", il conformismo da quattro soldi spacciato
quotidianamente dalla televisione privata e pubblica. Dovremmo
riflettere sullo stato della ricerca scientifica in Italia e su quanto
del ritardo italiano sia dovuto ad atteggiamenti generali, diffusi non
solo tra i politici ma anche e soprattutto tra gli imprenditori e tutti
i cittadini.
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Quorum o non quorum
In tutti gli ultimi referendum nazionali abbiamo assistito all'uso
efficace dell'arma dell'astensione da parte dei sostenitori del no ai
quesiti referendari. Ricordiamo che la Costituzione prevede di fatto
due tipi di referendum: quelli per l'abrogazione totale o parziale di
leggi ordinarie e quelli per la conferma delle revisioni
costituzionali. I referendum abrogativi sono validi soltanto se almeno
la metà degli elettori partecipa al voto. Questa condizione non
vale per i referendum di conferma delle riforme costituzionali, come
quello che dovrebbe tenersi l'anno prossimo.
Da quando l'abitudine al voto, anche per effetto dell'abolizione della
sua obbligatorietà in tutti i tipi di elezione, ha cominciato a
perdersi anche in Italia, i referendum sono sostanzialmente cambiati.
Prima si faceva campagna elettorale per il sì o per il no, ora
invece per il sì o per l'astensione. I sostenitori del no
possono così contare sul sostegno degli indifferenti che non
voterebbero in nessun caso e di coloro che, nel dubbio, scelgono la
soluzione comoda di passare la domenica elettorale al mare o in altro
luogo di
villeggiatura.
Un punto cruciale, di cui non sempre si parla, riguarda la sostanziale
vanificazione del segreto elettorale: tutti sanno che chi è per
il sì va a votare, chi è per il no non ci va (a parte una
sparuta minoranza di persone che ritengono più corretto andare a
votare per il no invece di astenersi). E' facile capire come la libera
espressione del voto possa esserne influenzata, specialmente nelle
piccole comunità, dove tutti sapranno chi ha votato e chi no.
Addirittura il registro elettorale diviene di fatto il registro delle
espressioni di voto, e la tessera elettorale timbrata o no
costituirà documento permanente dell'opinione dell'elettore.
Ho troppa stima dei padri costituenti per ritenere che avessero inteso
in questo modo l'istituzione del "quorum". Essi volevano premunirsi
contro la possibilità di alterazioni alla legislazione operate
da un piccolo numero di elettori contro la volontà reale della
maggioranza, sancita dal Parlamento con l'approvazione di una legge.
Considerando che non c'è alcun rischio, nel mondo di oggi, che
un referendum passi nell'indifferenza generale, dato che per lo meno la
televisione di Stato fornirebbe adeguate informazioni e, di fronte al
rischio dell'abrogazione di una legge importante ad opera di una banda
di "cospiratori", si avrebbe certamente una più che adeguata
mobilitazione dei sostenitori del no, il quorum dovrebbe essere abolito.
Dobbiamo infatti considerare che, oltre al grave inconveniente per la
questione della segretezza, l'uso dell'astensione poggia
sull'indifferenza dei cittadini per tutte le questioni che non li
riguardano direttamente, e favorisce la diseducazione civica.
La procreazione assistita riguarda infatti un numero limitato di
persone; si deve aggiungere che prima dell'approvazione della legge 40
si erano avuti casi, ampiamente strombazzati dai media, di abuso di
metodi di procreazione medica, con conseguenze estreme, dalle nascite
di 6 o 7 gemelli per volta ai casi delle "madri-nonne" sessantenni. Non
c'è da meravigliarsi che molti cittadini abbiano semplicemente
pensato che la cosa non li riguardasse, se non addirittura che qualcuno
volesse tornare a certi abusi. Sicuramente, poi, ha avuto importanza la
disinformazione sugli effettivi contenuti dei referendum: non
sentendosi interessati, molti non si sono neanche informati.
Senza la condizione del quorum, tutti i cittadini che per coscienza
civica e morale l'avessero ritenuto necessario sarebbero andati a
votare, e l'esito del voto sarebbe stato determinato dalla maggioranza
delle persone coinvolte nel voto, quindi persone che avrebbero dedicato
almeno un pensiero alla questione specifica. L'esito sarebbe forse
stato lo stesso nel caso degli ultimi referendum, ma una vittoria del
no è ben diversa da una vittoria dell'astensione: significa che
realmente la maggioranza dei cittadini con una minima coscienza della
questione hanno detto no all'abrogazione degli articoli in discussione.
L'obbligo di voto sarebbe altrettanto discutibile, invece,
perché costringere a votare chi non ne ha voglia significa
sostanzialmente ottenere un voto distorto da fattori superficiali. Il
mondo di oggi soffre di eccesso di informazione e intollerabile
indifferenza: chi vuole informarsi ne ha tutte le possibilità,
con i media di tutti i tipi, compresa Internet. E' importante invece
coltivare la coscienza dei cittadini, la comprensione dell'esistenza
delle questioni collettive e sociali e della necessità
dell'impegno di ognuno anche su cose in cui non ha un interesse
personale, come servizio da
prestare alla comunità. La democrazia, infatti, consiste in
molto più che l'esistenza di elezioni più o meno libere.
Tentativi di definizione della democrazia si trovano in due testi di
questo sito, quello sul dissidente
e quello su etica e politica.
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I referendum servono?
Il referendum rimane un istituto necessario, per due motivi molto
importanti: c'è una crisi generale della
rappresentatività del sistema politico e si è adottato un
sistema elettorale che non consente una corretta espressione della
volontà popolare.
Le due condizioni sono legate tra loro. In primo luogo, è ormai
evidente che i partiti svolgono sempre meno la funzione di raccolta ed
espressione di idee ed interessi della cittadinanza, essendosi
trasformati sostanzialmente in poco più che comitati elettorali.
Sono altre le organizzazioni che rappresentano la società: una
è la chiesa cattolica, come sempre; vi sono pur sempre i
sindacati e le associazioni di categoria; poi i movimenti di tipo
più vario, dalle associazioni di volontariato a quelle dei
consumatori. I partiti hanno invece perso il legame con la base.
Il sistema elettorale uninominale, da me avversato per i motivi che ho
già ampiamente spiegato nel testo
sulla proporzionale, ha
questo ulteriore svantaggio: costringendo l'elettorato a scegliere tra
due sole alternative, altera gravemente la relazione tra l'opinione del
parlamento e quella della maggioranza degli elettori. Consideriamo un
esempio: un elettore è contrario all'attuale presidente del
consiglio perché lo considera inadeguato, si vuole opporre alla
riforma della costituzione propugnata dal centro-destra, è
favorevole all'energia nucleare e alle ferrovie ad alta
velocità, e per sovrappiù è un fervente cattolico.
Questo
elettore voterà per il centro sinistra, e si troverà a
mandare al governo ambientalisti e sostenitori del matrimonio
omosessuale. Un altro elettore può essere un fervido sostenitore
del libero mercato, dell'individualismo economico e civile,
filoamericano, libero pensatore e anticlericale - voterà per il
centro destra e scoprirà di aver mandato al potere una
maggioranza che applica pedissequamente le indicazioni del Vaticano.
E' evidente che la società civile, di fronte ai limiti del
bipolarismo ed alla decadenza dei partiti, deve avere la
possibilità di far sentire la propria voce per altre vie, che
non siano soltanto le manifestazioni di piazza. I referendum sono una
di queste: una maggioranza parlamentare, formatasi magari per l'effetto
perverso del bipolarismo, può aver fatto passare una legge che
non piace alla maggioranza dei cittadini; oppure è possibile che
una legge, approvata dal parlamento ed indifferente per la maggioranza
dei cittadini, sia invisa a qualcuno per ragioni legittime. E' giusto
che ai cittadini sia data la possibilità di pronunciarsi, per
abolire quanto non è mai stato conforme alla loro volontà
o per pronunciarsi su una questione che riguarda una minoranza, che si
ritiene penalizzata da una decisione parlamentare. Siccome per la
Costituzione il sovrano è il popolo, al popolo toccherà
pronunciarsi appunto in base alla prerogativa del sovrano, al quale
è possibile rivolgersi in estremo appello quando le istituzioni
rappresentative non hanno dato adeguata risposta.
Per questo fu incluso nella Costituzione l'istituto del referendum
popolare. Il timore, non infondato, di possibili abusi dell'istituto
del referendum, al fine di svolgere veri e propri colpi di mano contro
il parlamento, portò ad inserire la clausola del quorum, le cui
conseguenze viviamo oggi negativamente: l'istituto è stato
ormai svuotato e reso pressoché inutile dalla prassi
dell'astensione.
Pensiamo ad una questione meno impegnativa della procreazione umana:
quella della caccia. In Italia ci sono molti cacciatori e molti amici
degli animali contrari alla caccia, e si sono tenuti referendum in
materia, tutti falliti per astensionismo. E' evidente che alla
maggioranza degli italiani la cosa non interessa, però non
è stata data la possibilità agli animalisti di contare
quanti essi siano a confronto dei cacciatori: in fondo le leggi sulla
caccia riguardano una minoranza di persone, eppure sfruttando
l'indifferenza della maggioranza i cacciatori sono sempre riusciti a
conservare leggi che perpetuano diritti arcaici, di eredità
medievale, come quello di
cacciare sui fondi altrui.
Sarebbe assai auspicabile una riforma molto semplice che cancelli il
quorum nei referendum, ponendo gli elettori di fronte alla
necessità di chiedersi se i quesiti referendari siano
effettivamente importanti per loro, tanto da richiedere un impegno per
riformare una legge o mantenerla com'è, oppure lasciare che
coloro che sono per qualche motivo direttamente coinvolti siano gli
unici a votare, con effettivo potere decisionale.
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Riparare la democrazia
Purtroppo si deve constatare che l'italiano medio ha scarso senso
dello Stato. Non gli passa neanche lontanamente per la testa che essere
cittadino possa includere la necessità di esprimersi su temi che
non lo interessano personalmente, per i quali è chiamato in
causa da procedure istituzionali. Mi è capitato più volte
di sentire classici argomenti qualunquisti, come quello per cui i
referendum sono uno spreco di denaro. A questa stregua, lo è
anche il parlamento: perché pagare lauti stipendi a centinaia di
persone, invece di affidare tutto ad uno solo? Si potrebbe eleggere un
Leader Supremo ogni vent'anni e poi lasciar fare a lui... In fondo la
riforma costituzionale che il centro-destra sta cercando di far passare
compie i primi passi in questa direzione: un capo del governo molto
potente ed un parlamento ridotto a mettere il timbro alle leggi
proposte dal governo - la prossima mossa potrebbe essere l'abolizione
del parlamento ("aula sorda e grigia..." di mussoliniana memoria).
In tutto il mondo occidentale assistiamo ad una progressiva
degenerazione delle istituzioni democratiche. E' evidente a tutti come
la rappresentatività delle istituzioni sia in grave declino, il
che è effetto ed insieme causa della sempre maggiore
marginalità degli Stati stessi nei processi decisionali della
collettività umana. E' sempre più evidente che governi e
parlamenti non sono più liberi di esercitare i poteri ad essi
delegati dai popoli delle nazioni democratiche. Impera invece quella
che ci è presentata come necessità oggettiva,
generalmente attribuita alla sfera economica, alla quale tutti devono
piegarsi (concetto TINA: There Is No Alternative).
Esistono però altre possibilità. Il movimento mondiale
contro la guerra e contro l'ingiustizia economica è sempre
più concreto, anche se non riesce ad influenzare i governi.
Milioni di persone si informano su quello che accade andando oltre i
media manipolativi e cercando notizie dove è possibile trovarle
in forma non alterata, come Internet. Non che su Internet ci sia la
verità, anzi c'è tutto e il contrario di tutto... ma non
nella forma manipolata della televisione, perché su Internet il
pubblico è attivo, va a cercare l'informazione invece di
subirla, può partecipare ai forum ed inviare commenti ai blog,
può mettere su siti di opinione come questo con pochi mezzi.
Recentemente abbiamo visto come gli elettori francesi ed olandesi hanno
fermato il processo di approvazione della cosiddetta costituzione
europea, con grande scorno dei rispettivi governi. Quello che gli
elettori hanno bocciato è l'idea di un'Europa dei burocrati e
dei lobbisti, contrapposta a quella dei popoli. Nessuno si riconosce
nelle istituzioni di Bruxelles, dove imperano i gruppi di influenza
economica da un lato (vedi la questione dei brevetti
software), i burocrati normalizzatori della curvatura delle banane
dall'altro. Per fortuna si è fatto ricorso al referendum, e gli
elettori hanno detto chiaramente che questa Europa non piace loro.
I sostenitori delle sovranità nazionali vecchio stile gongolano,
ma non credo che sia questo il punto. Gli elettori non vogliono la
sovranità delle vecchie nazioni, vogliono la propria
sovranità: la costituzione proposta è un documento
illeggibile, che non ha consistenza democratica. E' stato calato
dall'alto sulla base dell'equilibrio degli interessi, confessati ed
inconfessati. Una vera costituzione europea, percepita come la carta
dei popoli dell'Europa e non dei governi e delle lobby, sarebbe
approvata a grandissima maggioranza.
Pensiamo poi alla riforma costituzionale italiana: soltanto il
referendum può salvarci dalla distruzione dei fondamenti della
repubblica ad opera di una maggioranza parlamentare creata dal sistema
elettorale maggioritario e da un bipolarismo fasullo.
In Europa come in Italia e altrove, è in crisi il concetto
stesso di democrazia. Dobbiamo riparare il meccanismo rotto,
ripristinando il suo nocciolo: la sovranità popolare. I punti
cardine che da tempo sottolineiamo in questo sito sui temi
istituzionali restano validi, con le aggiunte fatte via via:
- no al presidenzialismo;
- legge elettorale proporzionale;
- attuazione e non revisione della Costituzione del 1948;
- salvaguardia dell'istituto del referendum;
- avanzamento dell'integrazione europea ma su nuove basi,
autenticamente democratiche.
Per quanto riguarda l'ultimo punto, ne parleremo ancora, ma possiamo
dire subito che è
fondamentale che il Parlamento Europeo assuma la pienezza del potere
legislativo per gli argomenti di interesse comunitario, e che la
Commissione debba avere, come ogni governo parlamentare, la sua fiducia.
Alberto Cavallo, 8 luglio 2005
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