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Una fonte interessante sui temi di questa pagina:
Complesso
militare / industriale (link a In-Focus, in inglese)
Il tassello successivo del mosaico è il nuovo ruolo della NATO. Gli Stati Uniti hanno un punto debole: non possono impegnarsi direttamente in azioni militari di terra, tranne nei casi in cui la situazione tattica sia a loro favore in modo schicciante, perché il loro pubblico non accetterebbe le perdite umane che ne conseguirebbero. E' ovvio, pertanto, che hanno bisogno di alleati che forniscano truppe e possibilmente contribuiscano anche dal punto di vista economico alle iniziative militari. La NATO è una buona candidata per tale ruolo.
La NATO, infatti, è un'alleanza il cui controllo effettivo è strettamente in mani americane, formata da Paesi abbastanza ricchi da dare contributi economici sostanziali. Alcuni Paesi della NATO hanno meno problemi a mettere a disposizione anche truppe terrestri, pur non essendo mai esenti dal problema dei rischi di perdite umane. Per di più un'azione NATO non figura apparentemente come un'azione puramente americana, pur avendone la sostanza.
Occorre però che la NATO modifichi la sua funzione com'è oggi fissata nel Trattato del Nord Atlantico, superando il suo carattere puramente difensivo e le limitazioni dell'area geografica di intervento specificate nel Trattato. Che cosa c'è di meglio del creare il fatto compiuto, con un'azione militare congiunta che già oltrepassa i limiti del Trattato?
Un altro motivo, solo in parte legato ai precedenti, è l'interesse dell'industria americana degli armamenti. Il budget americano della difesa è di 265 miliardi di dollari (circa 484.000 miliardi di lire) all'anno (vedere ad esempio il messaggio del presidente del 1998). Ho già riportato un esempio delle favolose commesse ricevute dall'industria americana del settore. Se non vi fossero periodicamente motivi per intervenire militarmente qua e là per il mondo, l'opinione pubblica americana comincerebbe a pensare che queste cifre immense si potrebbero usare per altri scopi. Questo comporterebbe la crisi di uno dei maggiori complessi industriali americani. Si aggiunga che l'industria degli USA esporta largamente in tutto il mondo: è importante che gli alleati NATO, vecchi e nuovi, continuino ad acquistare costoso materiale bellico. Pensiamo all'Ungheria: appena entrata nella NATO si trova una guerra ai confini meridonali; non sarà più disponibile ad acquistarsi qualche F-16?
E' altrettanto ovvio che l'esistenza stessa della NATO, finita la guerra fredda, ha bisogno di nuove motivazioni; se si diffondesse l'idea che la NATO non serve più, non solo gli USA non avrebbero più l'appoggio di cui parlavo più sopra, ma dovrebbero anche ritirare le loro forze dall'Europa. Una forza di occupazione nel Kosovo garantirebbe invece una presenza americana a tempo indeterminato in un'area critica dell'Europa.
Ma c'è un altro motivo serio per intervenire in Europa, da parte americana. La nascita dell'euro mette in pericolo la supremazia mondiale del dollaro come moneta base delle transazioni internazionali. Ora, la massa di dollari circolante fuori dagli USA è grandissima; se il dollaro perdesse il suo ruolo, almeno parte di questa massa potrebbe ritornare in patria, causando un'esposione inflattiva. In ogni caso, l'affermazione dell'euro come principale moneta di scambio impedirebbe agli Stati Uniti di mantenere l'attuale controllo sui mercati, che consente loro di avere un'economia in sviluppo ai danni di tutto il resto del mondo. Che cosa c'è di meglio, per indebolire l'euro, che provocare una bella guerra in Europa?
A fronte di tutto questo, l'eliminazione dell'ultimo Stato europeo non
allineato con gli Stati Uniti fino ai confini dell'ex Unione Sovietica
è un gradito effetto collaterale.
L'affare Lewinski lo ha visto uscire assolto dalla procedura di impeachment, ma gli ha fatto perdere gran parte della sua credibilità, oltre a lasciarlo in debito verso i suoi avversari repubblicani, che lo hanno graziato. Vi sono ancora cause aperte tra Bill Clinton e altre donne che sostengono di essere state molestate o di aver avuto con lui relazioni a sfondo sessuale terminate malamente.
Sul presidente Clinton grava però un'accusa politicamente assai più grave: quella di essere stato finanziato dal governo cinese, durante la campagna elettorale, e di aver ricambiato il favore con il trasferimento di tecnologie evolute in ambito civile e militare, oltre che con favoritismi commerciali. Esiste un rapporto di 700 pagine (rapporto Cox) sulle relazioni tra la Casa Bianca ed il governo della Repubblica Popolare Cinese, che attende di essere reso pubblico.
La guerra può essere un buon pretesto per distrarre l'attenzione
degli americani dalle relazioni improprie del Presidente con le donne e
con i governi stranieri. Vale infatti il principio che, in tempo di guerra,
ci si deve stringere attorno al capo, anche se si disapprovano certe sue
azioni. Peccato che questo valga anche per il presidente della Federazione
Jugoslava, Milosevic.
La Germania è la protagonista principale delle vicende jugoslave, essendo intervenuta prima ancora degli USA. Il suo interesse è quello di allargare la propria sfera di influenza economica nell'Europa centrale. La Germania ha riconosciuto per prima (1991) l'indipendenza di Slovenia e Croazia, trascinando gli altri Paesi europei e gli USA a farlo successivamente e scatenando di fatto la dissoluzione della vecchia Jugoslavia. La politica tedesca in Jugoslavia è stata sempre orientata all'indebolimento della Serbia, che tentava al contrario di mantenere in piedi la federazione con una forte caratterizzazione nazionalista. Pertanto deve appoggiare l'attacco alla Serbia, che costituisce una specie di compimento della sua politica da dieci anni ad oggi, anche se, facendolo, mette a rischio la stabilità dell'euro. La presenza americana non è un problema, la Germania stessa è la nazione europea con maggiore presenza militare USA ed il governo tedesco attuale è allineato con gli USA sulla politica militare della NATO. Questa è, in particolare, la prima occasione in cui la Germania può permettersi di partecipare ad azioni belliche dal 1945: si crea così il precedente per porre fine alle limitazioni conseguenti alla sconfitta nella guerra mondiale. Ciò non toglie che in Germania l'opposizione all'intervento possa emergere anche nelle alte sfere, a causa della questione euro.
La Gran Bretagna è totalmente allineata con gli americani, per ragioni storiche e culturali e perché molti motivi validi per gli USA sono validi anche per lei. I britannici non sono entrati nell'euro per una loro scelta deliberata; Londra è la principale piazza finanziaria dopo New York e vuole rimanerlo, respingendo una possibile minaccia di Francoforte come piazza principale di un euro "mondiale". L'industria bellica britannica ha un notevole peso politico ed uno stretto legame con quella americana (ad esempio, ha venduto i suoi cacciabombardieri Harrier anche agli americani stessi, che ne producono una versione in collaborazione). Pertanto britannici e americani procedono fianco a fianco.
La Francia, come sempre, cerca di conservare un ruolo di grande potenza affermando la propria presenza in ogni situazione. In questo caso non aveva scelta: la fermezza americana nel volere l'intervento richiedeva l'adesione oppure un'opposizione decisa. La presenza francese nei Balcani è oggi minima, forse il governo francese ha ritenuto che la partecipazione alle operazioni militari consentisse almeno di riproporre un'influenza francese nella zona; forse pensano di poter controllare meglio gli americani affiancandoli piuttosto che contrastandoli, visto che un'opposizione non avrebbe avuto comunque successo. Si tratta di una scelta obbligata, di chi si sente debole ma vuole apparire forte: La Francia ha subito notevoli rovesci in Africa, ad opera degli USA; la sua situazione politica interna è poco solida. Anche la Francia, poi, deve mantenere l'industria bellica nazionale, consumando un po' di armamenti e giustificando all'opinione pubblica le spese militari.
L'Italia è il solito vaso di coccio in messo ai vasi di ferro. L'unico esponente del governo con idee chiare sulla politica estera è, neanche a dirlo, il ministro degli Esteri Dini. Ma il governo D'Alema soffre del marchio di "ex comunista" del suo leader: per restare in sella deve mostrarsi più atlantista degli atlantisti. Gli interessi nazionali sarebbero del tutto contrari all'intervento, visto che:
Alberto Cavallo, 2 maggio 1999
Fin dall'inizio di questa crisi mi ha incuriosito un'evidente anomalia nel quadro generale degli eventi. L'Albania, nonostante la presenza di soldati americani ed italiani, nonché di poliziotti e carabinieri italiani inviati ad addestrare la polizia locale, rimane in preda all'anarchia. E' addirittura grottesco come i gommoni carichi di poveri profughi e di droga possano continuare pressoché indisturbati il loro andirivieni nell'Adriatico, mentre tutt'attorno circolano i potentissimi mezzi aerei e navali della NATO. La televisione italiana (Moby Dick) ha addirittura intervistato un ex scafista che ora ha un'impresa di autotrasporti e lavora per le forze armate italiane.
Qual è il vero ruolo dell'economia illegale albanese nella guerra?
Ho raccolto dati da varie fonti, ma la più importante, per la sua attendibilità, è un piccolo libro che ho letto negli ultimi giorni.
Si intitola "La crisi albanese", di Michel Chossudovsky, Edizioni Gruppo Abele. L'autore è docente di economia all'università di Ottawa. Il Gruppo Abele è noto a tutti.
Il libro riguarda il crollo economico e sociale dell'Albania, culminato nel 1997 con la crisi delle "finanziarie piramidali", ma fornisce spunti utili a proposito del Kosovo. A pagina 61 troviamo ad esempio un breve capitolo intitolato "Armi e munizioni per la Grande Albania".
Risulta che i clan malavitosi albanesi, a partire almeno dal 1994, hanno utilizzato i proventi del contrabbando di petrolio e di droga per acquistare ingenti quantitativi di armi destinate al Kosovo per la guerriglia contro i serbi. Tutto questo con il beneplacito di due ben precise potenze occidentali: Germania e Stati Uniti.
Per somma ironia (o no?) il contrabbando di petrolio aggirava tra l'altro l'embargo voluto dall'Occidente nei confronti della Jugoslavia, embargo tolto poi l'anno scorso e ripristinato recentemente, durante la guerra.
L'interesse di Germania e Stati Uniti per la regione, come si può leggere anche in altri capitoli del libro, è legato alle ingenti risorse minerarie della zona, oltre che a motivi "geopolitici" generali. Le ingenti risorse di cromo e rame dell'Albania sono state acquistate a prezzi stracciati da società tedesche, alle quali si sono aggiunte successivamente anche società americane.
Questi fatti sono ampiamente documentati da fonti governative americane ed europee. Passo ora alle mie considerazioni.
Il piano della Germania, a cui accennavo più sopra, acquista concretezza quando si apprende che le miniere di cromo dell'Albania sono state acquistate da una Società tedesca. L'entrata in scena degli americani è stato probabilmente dovuto a due fatti: la Germania e le altre nazioni europee non hanno saputo gestire la situazione, ed il direttore della CIA, Tenet, che è di origine greco-albanese (di Himara, a sud di Valona), conosce bene persone e fatti, ed ha quindi individuato le opportunità offerte dalla situazione locale a preferenza di altre nel mondo.
L'Albania è da quasi un decennio sotto il controllo di fatto delle potenze occidentali. L'UCK si è sviluppato sotto il loro benevolo sguardo, utilizzando i proventi di traffici illeciti; le sue azioni terroristiche hanno spinto il governo jugoslavo a scatenare la repressione, con l'inevitabile coinvolgimento della popolazione civile. Questa situazione ha consentito alla NATO di intervenire, servendosi della farsa di Rambouillet per far sembrare che si fosse tentata una soluzione pacifica alla crisi.
Ma una soluzione pacifica è stata resa impossibile. Per garantire il fallimento delle trattative la NATO aveva favorito come interlocutori i banditi dell'UCK rispetto al movimento autonomista pacifico e rispettabile guidato da Ibrahim Rugova. La proposta di accordo, inoltre, era formulata in modo del tutto inaccettabile per il governo jugoslavo: l'appendice B prevedeva addirittura, per le forze NATO, la libertà di movimento e l'uso gratuito delle infrastrutture su tutto il territorio jugoslavo, non solo nel Kosovo! La formulazione generale era tale da assicurare l'indipendenza del Kosovo entro tre anni. Questa bozza è stata presentata non come base di discussione, ma come diktat da accettare o respingere in blocco, sotto la minaccia dei bombardamenti. La Jugoslavia non ha voluto accettarla e la NATO ha cominciato a bombardare.
Dopo l'inizio dei bombardamenti le forze jugoslave hanno attaccato senza restrizioni l'UCK ed hanno deportato a forza la popolazione albanese del Kosovo. Quest'ultima azione, con il suo contorno di brutalità e omicidi, è l'unica per la quale il governo jugoslavo ed il presidente Milosevic possano essere accusati di colpire gli albanesi solo per la loro nazionalità. Fino a quel momento si erano avute soltanto azioni repressive, per quanto feroci, contro un'insurrezione armata, non azioni generalizzate contro il popolo albanese. La circostanza è stata certificata dal governo tedesco.
Concludo pertanto che l'azione della NATO, se intesa come difesa degli albanesi del Kosovo, è stata sproporzionata e inadeguata. Sproporzionata, perché le azioni dei serbi, fino a quel momento, non erano state tali da meritare un attacco indiscriminato alla loro nazione; inadeguata, perché invece di salvare gli albanesi ne ha consentito, anzi provocato, la deportazione in massa.
Visti gli antefatti, però, ritengo di poter affermare che la NATO, principalmente nelle persone del presidente Clinton e del segretario di stato Albright, ha agito scientemente per giungere alla guerra. Le motivazioni sono quelle che ho descritto all'inizio della pagina, con l'aggiunta degli interessi minerari.
Il conflitto, infatti, è stato scatenato dall'UCK, organizzato e finanziato con i proventi del crimine. Il popolo albanese del Kosovo, ed incidentalmente quello dell'Albania, poteva essere difeso stroncando i traffici illegali della mafia albanese e sostenendo il movimento autonomista non violento di Rugova, già esistente ed attivo. Parallelamente, un rafforzamento dei rapporti pacifici già in atto tra la Serbia e l'Occidente avrebbe dato maggiori possibilità all'opposizione democratica, portando il governo del presidente Milosevic a cadere senza traumi a tempo debito, com'è accaduto a tanti altri regimi analoghi.
Oggi è ancora possibile agire almeno contro la mafia albanese, per ridare a quel misero paese una possibilità di vita civile. Ma nel momento in cui si impegnano risorse enormi per bombardare la Serbia, non si fa nulla per fermare la criminalità albanese, con la scusa di non violare la sovranità di quello stato. Evidentemente la sovranità della Jugoslavia conta meno di zero, mentre quella dell'Albania, uno stato totalmente disorganizzato ed in preda all'anarchia, è inviolabile, secondo le potenze occidentali!
Alberto Cavallo, 19 maggio 1999
Al di là delle pretese di vittoria di ciascuna parte in causa,
analizziamo quanto è accaduto in base ai motivi del conflitto, che
ho descritto nelle parti precedenti di questa pagina.
Le conseguenze sono già visibili: il conflitto tra India e Pakistan per il Kashmir, in corso da decenni, si è rinfocolato, a causa dell'iniziativa del Pakistan di infiltrare forze di guerriglia nel territorio controllato dall'India. Le due nazioni sono giunte negli ultimi giorni ad una specie di tregua, ma l'ONU non ha avuto alcun ruolo nella vicenda. Vi è stato anzi un categorico rifiuto della sua mediazione, da parte dell'India.
Nel frattempo si sta di nuovo rafforzando la tensione fra Cina e Taiwan. Anche qui l'ONU non ha alcuna veste.
Come ci si poteva aspettare, l'indebolimento dell'ONU sta aumentando
i rischi di guerra in tutto il mondo. Per di più, la dimostrazione
che gli USA sono pronti ad attaccare qualsiasi Paese non allineato con
le loro posizioni, porterà ad un riarmo generale anche nucleare,
con l'aiuto di Russia e Cina, di tutti coloro che hanno da temere un possibile
attacco.
Il fatto più importante rimane, però, lo "sdoganamento"
della Germania, di cui parlerò più avanti.
Il modo brutale in cui la NATO ha calpestato trattati e convenzioni
per ridurre alla sottomissione una nazione indipendente ha fatto capire
al mondo intero che occorre riarmarsi e che è più che lecito
essere aggressivi. India e Pakistan hanno riaperto le ostilità per
il Kashmir e sono giunti, almeno a parole, vicino alla guerra nucleare.
La Cina manifesta in modo aperto le sue intenzioni aggressive verso Taiwan.
Il mondo è assai meno sicuro di prima, e questo va a discapito degli
stessi Stati Uniti, intesi come nazione, anche se può far comodo
alla lobby militare-industriale.
Un risvolto negativo è legato alla sconfitta elettorale del governo SPD-Verdi alle elezioni europee; difficile però capire quanto abbia pesato il Kosovo, e quanto invece la politica interna.
Per la Gran Bretagna, vale quanto detto per gli USA, dato che l'UK ne è di fatto un'estensione geopolitica. Notevole la sconfitta elettorale del governo Blair, per la quale però, come per gli analoghi fatti tedeschi, non è chiaro se vi sia stato un'influsso dei fatti bellici. Ora però rimane la grave questione irlandese: gli unionisti protestanti hanno fatto fallire le trattative, le prospettive di pace si allontanano. Le analogie col Kosovo rendono assai ironica la situazione, dato che il ruolo di Blair rischia di diventare simile a quello di Milosevic...
La Francia, come previsto, cerca di sfruttare la situazione acquisendo dopo la guerra un maggior peso decisionale sui Balcani. Sicuramente ha contribuito a far cessare le ostilità, formando con Germania e Italia un fronte moderato entro la NATO, contrapposto all'asse USA-UK. Il governo francese è l'unico uscito bene dalle elezioni europee.
L'Italia ha subito un grave contraccolpo sul turismo e sugli scambi economici con i Balcani; deve inoltre sopportare il peso maggiore del soccorso ai profughi, anche e soprattutto di quelli che arrivano sul suo territorio. Ora tocca ai Rom del Kosovo, "etnicamente ripuliti" ad opera degli albanesi. D'Alema, come Blair e Schroeder ed a differenza di Jospin in Francia, ha subito una sconfitta elettorale, probabilmente non correlata con la guerra.
La Russia sta uscendo dalla guerra con una possibilità di ricuperare peso internazionale. Certamente è risucita a fermare la guerra ed a conservare una presenza nei Balcani, grazie all'opera di Cernomyrdin come mediatore ed al colpo a sorpresa con cui si è impadronita militarmente dell'aeroporto di Pristina.
Resta la grande incognita del presidente Eltsin, che rimane disperatamente attaccato al potere quando la sua popolarità è scesa a zero. Si rischiano colpi di stato da parte sua o da parte di oppositori (forse dall'esercito). Sicuramente si prospetta un avvicinamento Russia - Cina e sembra quasi certa la ricostituzione dell'unione con la Bielorussia e la federazione con l'Ucraina. Forse la Russia, dopo aver toccato il fondo, sta preparandosi a risalire.
Alberto Cavallo, 18 luglio 1999
Si sono acquisiti però alcuni risultati negativi, destinati a pesare parecchio sulla politica internazionale del XXI secolo:
Alberto Cavallo, 18 luglio 1999
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