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Pubblico questo articolo, scritto a luglio 2001 e rivisto a metà agosto, anche se in parte può essere superato dagli eventi, forse soltanto per dimostrare che il sito è ancora vivo, dato che non lo aggiornavo da aprile. Come sempre, sarò grato a chi vorrà inviare testimonianze, pareri, critiche, anche se non sempre potrò rispondere privatamente o pubblicamente sul sito.
Da qualche anno, però, un numero crescente di altre persone cerca in vari modi di mandare a monte questi vertici o di costringere i Grandi ad occuparsi anche dei piccoli. Tra costoro ci sono gruppi di estremisti pronti a tutto, ma anche un numero crescente di persone pacifiche, indignate per l'orientamento della politica mondiale.
Si può dire che i più violenti tra i manifestanti
abbiano
ottenuto il loro scopo: attirare l'attenzione sulle loro intemperanze e
scatenare una violenta azione repressiva, mettendo da un canto l'Evento
dei Grandi e simultaneamente nascondendo il carattere pacifico della
maggioranza
dei manifestanti anti-G8.
Soltanto un'indagine accurata potrà rivelare chi sono questi personaggi. La mia opinione è che, oltre ad anarchici e qualche marxista, includano anche gruppi neonazisti e parecchi picchiatori da stadio, privi di opinioni politiche ma pronti a scatenarsi in qualsiasi occasione. Comunque non penso che questi personaggi avessero qualcosa a che fare con la maggioranza dei manifestanti. Le manifestazioni non violente, del tutto ignorate dalla televisione, sono state anzi rovinate scientemente da questi gruppi, che hanno cercato ed ottenuto soltanto di gettare il discredito sul movimento antiglobalizzazione.
I leader del movimento di protesta, sul cui meccanismo di nomina mi piacerebbe avere informazioni, hanno minimizzato la gravità e l'importanza delle azioni dei black bloc, mostrando una specie di solidarietà di fondo, mai espressa esplicitamente ma chiaramente presente nei loro atteggiamenti: il portavoce del Genoa Social Forum Agnoletto ha detto chiaramente che non era compito loro isolare i violenti, doveva essere la polizia ad individuarli dall'inizio e fermarli. Questo atteggiamento è sbagliato, controproducente e soprattutto vile. Il black bloc è il principale nemico del movimento anti-global, l'arma più potente di cui dispone il sistema politico-economico contro il movimento. Questo non significa che il black bloc sia composto soltanto di infiltrati e provocatori, anche se ce ne sono sicuramente: vuol dire che le violenze gratuite ed assurde di queste persone danno modo di screditare il movimento antiglobalizzazione nel suo complesso. E' indispensabile il massimo rigore nell'isolare gli estremisti e nel dissociarsi da qualunque iniziativa violenta, per evitarne la strumentalizzazione da parte dei media globalizzati.
I timori per l'involuzione autoritaria del nostro Paese non erano dunque infondati. Soltanto il maldestro coinvolgimento nei pestaggi di esponenti della stampa, anche e soprattutto di quella straniera, ha fatto sì che l'operazione mistificatoria del governo e dei media ad esso favorevoli non potesse riuscire del tutto. Resta vero però che quella maggioranza di italiani che si informa soltanto con la televisione RAI e Mediaset ha avuto la solita dose di mezze verità, aperte bugie e interpretazioni tendenziose, rivolte a far considerare tutti i manifestanti come delinquenti. Parallelamente, la magistratura svolge correttamente il proprio compito, in una situazione delicatissima.
Il tragico episodio della morte del giovane manifestante ucciso con un colpo di pistola da un ancor più giovane carabiniere è invece un caso isolato, umanamente terribile ma significativo soltanto di come il singolo possa essere travolto da questo genere di eventi. Un giovane dalle idee confuse aggredisce altri giovani come lui ma in divisa, molto spaventati, uno dei quali per difendersi spara e lo uccide. Da un lato l'azione di un incosciente, incapace di comprendere la violenza assurda del proprio gesto, dall'altro una reazione estrema ad una minaccia oggettivamente grave. La responsabilità dell'accaduto è soprattutto di quei leader della protesta che avallano di fatto la violenza e di quei responsabili dell'ordine pubblico, che non hanno saputo organizzare l'azione delle forze dell'ordine in modo efficace.
E' risultato chiaro dai fatti che polizia e carabinieri avevano l'incarico di difendere la "zona rossa" a tutti i costi, ed erano stati invitati a considerare tutti i manifestanti come delinquenti. Il risultato è che i black bloc hanno imperversato come hanno voluto fuori della zona rossa, che comunque è rimasta inviolata, mentre molti innocenti sono stati oggetto di violenze ingiustificate. Nel contempo alcuni giovani antiglobalisti, sentendosi eroi della lotta contro i Potenti, hanno compiuto azioni di grande violenza e stupidità, danneggiando gravemente la causa in cui credono e confondendosi con le frange dedite alla violenza pura dei black bloc.
Ma i Grandi hanno potuto comunque svolgere tranquillamente le loro
cerimonie
a base di strette di mano, foto collettive e discorsi stucchevoli sul
futuro
dell'umanità, concedendo che si parlasse anche di
povertà,
ma senza giungere a nulla di concreto. Del resto, mai al G7 o G8 si
sono
raggiunte conclusioni significative: si tratta di un rito, non di una
riunione
finalizzata ad affrontare questioni reali. Al minuetto dei potenti si
contrappone
sullo stesso piano rituale la sfilata del movimento
antiglobalizzazione,
rovinata dalle violenze anch'esse rituali, a modo loro, degli
estremisti:
rito dei potenti con sorrisi, strette di mano e dichiarazioni di
principio,
rito dei movimenti di massa, con le classiche manifestazioni in cui si
sfila con gli striscioni e ci si sente tanto solidali e pronti a
salvare
il mondo, rito dei rivoltosi, che colpiscono i simboli di ciò
che
odiano o fingono di odiare, come automobili e sedi bancarie, senza fare
alcun danno a quelli che dichiarano essere loro nemici. Nessuna
risposta
alle domande serie sui problemi del mondo.
Ciò che si contesta della globalizzazione non è, infatti, l'abbattimento delle barriere commerciali tra le nazioni in quanto tale, ma l'imposizione al mondo intero di un modello politico, economico e sociale che è sostanzialmente quello degli Stati Uniti d'America. Un modello gravemente difettoso anche nel proprio Paese d'origine, assolutamente nocivo in altri contesti culturali e sociali.
Il bipolarismo politico, così com'è applicato negli USA ed anche in Gran Bretagna, non consente di avere un'adeguata rappresentanza degli interessi di una gran parte dei cittadini nell'ambito del parlamento e, in generale, delle istituzioni pubbliche. Ho analizzato la questione negli articoli su proporzionale e maggioritario e sull'elezione diretta dei presidenti, per cui mi soffermo soltanto sugli esempi concreti: il presidente americano George W. Bush ha avuto il voto di meno di un quarto degli elettori americani, e per di più la sua elezione è stata contestata fino all'ultimo per presunte irregolarità nel voto in Florida, Stato federale governato da suo fratello Jeb. In Gran Bretagna, gli elettori potevano scegliere tra un partito laburista ormai schierato di fatto con la destra e un partito conservatore spintosi ormai su insostenibili posizioni isolazioniste di destra reazionaria.
Noi italiani abbiamo avuto il nostro assaggio di bipolarismo, scegliendo tra Berlusconi e Rutelli. Due personaggi costruiti su misura per i media, adatti per un rapporto con l'elettore di tipo televisivo: apparentemente diretto, in realtà totalmente distaccato, fasullo e soprattutto unidirezionale, tra candidato ed elettore. Questo porta alla fine della mediazione tra cittadino ed istituzione, come ho spiegato parlando dell'elezione dei presidenti.
Parallelamente, i fatti di Genova sono presentati al pubblico in modo tale che la maggioranza silenziosa si adatti di nuovo all'idea che chi dissente deve essere "rimesso a posto" a manganellate, come 79 anni fa. Le radici della democrazia sono tagliate in profondità: la libertà di espressione, la limitazione dei poteri delle forze dell'ordine per evitare arresti arbitrari e maltrattamento dei detenuti (in Gran Bretagna l'habeas corpus risale al Medioevo) sono gettate alle ortiche in base al principio che "sono tutti delinquenti, gli sta bene".
In qualche modo il fatto che si trattasse di un evento globale
sta dando comunque una mano a noi italiani: parecchie vittime dei
pestaggi
e degli arresti arbitrari sono straniere, quindi gli organi di stampa
dei
rispettivi Paesi d'origine hanno alzato la voce, favorendo la
diffusione
delle notizie e proponendo una versione dei fatti alquanto scomoda per
il governo italiano ma salutare per la nostra democrazia. Le critiche
alle
forze dell'ordine mosse dall'opposizione italiana, purtroppo, suonano
spesso
parziali e tendenziose tanto quanto la difesa del loro operato da parte
del mistro dell'interno. Ben vengano quindi le critiche della stampa
estera,
che almeno assuono una veste di maggiore oggettività.
La principale difesa delle istituzioni, comunque, viene dalla magistratura, che sta lavorando in modo encomiabile per individuare le reali responsabilità di quanto è accaduto. Non è però positivo che la difesa delle istituzioni sia quasi soltanto affidata, ormai, ai magistrati. I leader politici sono ormai privi di senso dello stato, uomini di potere senza ritegno, incapaci di distinguere tra interessi di parte e istituzioni da salvaguardare. La democrazia, infatti, prima che potere del popolo è potere delle leggi, ovverossia stato di diritto. Soltanto il rispetto delle regole fa sì che i meccanismi di rappresentanza funzionino efficacemente. Ma la mancanza di rispetto per qualsiasi regola, vigente in Italia, ci ha ridotti all'ultima linea di difesa: l'azione della magistratura in difesa della legge, laddove i politici eletti e perfino, a volte, gli organi di polizia agiscono in modo arbitrario.
La risposta a tutto questo deve partire da ogni individuo: occorre il rispetto per le regole e le istituzioni, occorre una difesa dura se necessario ma sempre corretta dei diritti fondamentali.
Alberto Cavallo
(pagina pubblicata il 31 agosto 2001)
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