Come fermare la guerra
Home | Scienza
| Filosofia | Politica
| Collegamenti | Diritti
di copia | Novità
ed aggiornamenti | Contatti
Alla pagina indice sul Kosovo
Proposta per fermare la guerra
Il continuo succedersi di stragi, per lo più appartenenti alla categoria
dei danni collaterali secondo il linguaggio NATO, sta
incrinando il sostegno dell'opinione pubblica alle azioni di bombardamento.
Non occorre aggiungere nulla a quanto ho scritto nei brevi articoli che
ho progressivamente aggiunto alla pagina generale
sulla guerra e nell'analisi generale
delle motivazioni (non umanitarie) delle azioni della NATO.
Si sta delineando una proposta, in qualche modo fatta propria anche
dal governo italiano, che coincide sostanzialmente con quanto scrivevo
il 9 maggio. Oggi (16 maggio) ne
è stata presentata una versione molto chiara da Eugenio Scalfari
su La Repubblica.
Essa prevede la sospensione unilaterale dei bombardamenti, seguita da
una risoluzione dell'ONU che accolga la proposta di pace del G8 e la imponga
anche alla Jugoslavia. Il Segretario dell'ONU dovrebbe portare immediatamente
la risoluzione a Belgrado per ottenere l'adesione del governo jugoslavo.
Seguirebbe il ritiro delle forze serbe e l'ingresso della forza di sicurezza
internazionale, sotto l'egida dell'ONU. Si aprirebbe quindi una conferenza
internazionale per la risoluzione definitiva del conflitto.
Commentiamo i punti fondamentali della proposta.
Sospensione dei bombardamenti
I danni già arrecati finora alla Jugoslavia, in particolare alla
Serbia ed al Kosovo medesimo, sono tanto gravi da rendere inumano ed inutile
il proseguimento delle azioni di attacco. A meno che non si voglia passare
ai bombardamenti a tappeto ("coventrizzazione") con l'obiettivo di distruggere
completamente le città.
La sospensione dei bombardamenti, lungi dal costituire un segno di debolezza,
sarebbe invece l'unica scelta in grado di restituire un minimo di senso
a quanto stanno facendo i Paesi occidentali. Dovrebbe trattarsi di una
sospensione, non un arresto definitivo; dovrebbe essere accompagnata dal
mantenimento della ricognizione aerea sul Kosovo con facoltà
di attaccare i mezzi e le truppe jugoslave che tentassero di approfittare
della tregua per rischierarsi, fino al momento in cui la Jugoslavia non
dichiarerà l'adesione al piano di pace, eventualmente consentendo
l'accesso di osservatori internazionali nel Kosovo anche prima che sia
pronta la forza di sicurezza.
Azione dell'ONU
Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe riunirsi ed emettere una risoluzione
basata sul documento dei G8. Viene definita la composizione della forza
internazionale di sicurezza e se ne prepara il dispiegamento.
E' necessario che il Segretario Generale ottenga immediatamente dal
governo di Milosevic l'assenso al piano di pace, per consentire che le
azioni militari cessino prima che la forza internazionale sia pronta, dato
che il suo dispiegamento richiederà sicuramente alcune settimane.
Ritiro delle forze serbe
Il ritiro delle forze serbe avverrà soltanto dopo la fine dei bombardamenti
e con l'adozione di adeguate misure, affinché l'UCK non approfitti
della situazione. Non si tratta di concessioni da fare a Milosevic, sono
condizioni indispensabili. La pretesa attuale della NATO che i serbi si
ritirino con i bombardamenti in corso è assolutamente assurda e
ridicola: come potrebbero farlo, visto che ogni movimento di truppe e mezzi
provoca istantaneamente l'attacco di aerei NATO? E come potrebbero ritirarsi
con l'UCK che li attacca alle spalle?
Azioni in caso di rottura degli accordi
Qualora il governo jugoslavo non mantenesse gli accordi o non volesse aderirvi,
si dovrebbe ricorrere ad un intervento terrestre sotto l'egida dell'ONU.
Sarebbe un fatto gravissimo, ma un intervento con forze di terra
sarebbe l'unico modo per fermare le pulizie etniche (se non sono ancora
finite) e risolvere il conflitto. Ci sarebbero molte perdite umane fra
i combattenti di entrambe le parti, ma sarebbe meglio che bombardare a
tappeto la Serbia, uccidendo civili innocenti e distruggendo infrastrutture
civili senza offrire alcuna protezione effettiva agli albanesi del Kosovo.
Sviluppi successivi
I danni materiali e morali causati dalla guerra richiederanno anni di sforzi,
per restituire una possibilità di vita normale ai popoli coinvolti.
Le azioni della NATO hanno trasformato una crisi in una catastrofe, ora
i Paesi responsabili di queste azioni dovranno contribuire anche economicamente
alla ricostruzione di ciò che è stato distrutto in Kosovo
ed in Serbia.
Sarà anche necessario un sostanziale intervento per ripristinare
l'ordine pubblico e la possibilità di una convivenza normale in
Albania, oltre ad un aiuto alla Macedonia per evitare che possa a sua volta
subire pressioni secessionistiche.
E, comunque, la ricostruzione dei beni materiali, ma soprattutto della
pura e semplice possibilità di convivenza civile per le nazioni
devastate da conflitti e crisi economiche e sociali, richiederà
molti decenni.
Alberto Cavallo, 16 maggio 1999
Inizio pagina
Tutti i contenuti del sito Eurinome.it sono pubblicati sotto una
Licenza Creative Commons, salvo
diversa indicazione.