L'AEROPLANO HA CENT'ANNI
E il progresso è finito?
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Pagina pubblicata il 2 novembre 2003.
Indice
I cent'anni dell'aeroplano e altre vicende
aerospaziali
Il 17 dicembre del
1903 presso la duna di Kill Devil nella Contea di
Dare, Carolina del Nord, Orville Wright condusse in volo per la prima
volta nella storia una macchina volante a motore più pesante
dell'aria: non un pallone o un dirigibile, non un aliante, che
già esistevano tutti, ma un aeroplano. La sorte volle che fosse
il fratello
minore anziché il maggiore, Wilbur, principale animatore
dell'impresa, il pilota dell'aereo nel suo primo volo. Quest'anno
quindi
festeggeremo i cent'anni dell'aeroplano. Gli appassionati si sono
già organizzati, arrivando a costruire repliche funzionanti del
primo aeroplano. Ma viviamo in una comunità sommersa da ogni
tipo di informazioni, sollecitata dalle più diverse ricorrenze,
e scetticamente consapevole che ci sono appassionati di qualsiasi
cosa. Certo alla maggior parte delle persone con cui parlo la cosa
non sembra conosciuta né pare interessare molto; i media non ne
stanno
parlando granché, e l'evento sarà ricordato soprattutto
da coloro che si interessano di aviazione.
Intanto, il 26 ottobre 2003 ha compiuto il suo ultimo volo regolare il
BAe/Aérospatiale Concorde, primo e ultimo aereo di linea
supersonico. Se n'era parlato in tempi recenti soltanto per il
disastroso
incidente di Parigi, in cui un Concorde era precipitato poco dopo il
decollo causando la morte di tutti coloro che si trovavano a bordo.
Quell'incidente fece perdere all'aereo la poca popolarità che
aveva, accelerandone la fine.
Quest'anno sarà ricordato per altri due eventi in campo
aerospaziale: il disastroso incidente dello Space Shuttle Columbia a
febbraio, quando il traghetto spaziale americano si è
disintegrato durante il rientro nell'atmosfera casuando la morte dei
sette membri dell'equipaggio, ed il primo volo spaziale umano
effettuato dai cinesi con
mezzi propri, compiuto il 15 ottobre dalla navicella Shenzhou 5, con a
bordo l'astronauta Yang Liwei. Gli Stati Uniti d'America hanno la loro
flotta spaziale
ferma a terra, con la prospettiva di non riprendere i voli fino alla
seconda metà del 2004, ed i russi da soli devono consentire il
rifornimento ed i cambi di equipaggio della Stazione Spaziale
Internazionale (ISS) con le loro vecchie Soyuz, mentre i cinesi volano
nello spazio con la loro Shenzhou, che sostanzialmente è una
copia migliorata della Soyuz.
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Il progresso è fermo ai mitici
anni Sessanta!
Se guardiamo bene l'insieme degli eventi che ho descritto, troviamo una
coincidenza importante: il progresso aerospaziale è
sostanzialmente fermo agli anni Sessanta del
secolo scorso. Il Concorde
compì il suo primo volo il 2 marzo del 1969, mentre il suo
sfortunato unico concorrente Tupolev 144 aveva già volato il 31
dicembre precedente. Le navicelle Soyuz risalgono alla stessa epoca
(primo volo con equipaggio nel 1967),
erano nate nell'ambito del programma sovietico per la conquista della
Luna, abbandonato poi in seguito al successo ottenuto dagli americani
col primo sbarco del 21 luglio 1969. Rimasero poi come veicolo spaziale
standard per assicurare il trasporto degli equipaggi da e per le
stazioni spaziali russe, Saljut e Mir. Con la nascita della ISS la
Soyuz è stata adottata come veicolo di servizio per il trasporto
degli equipaggi e come navicella di salvataggio della stazione stessa.
Oggi, anche grazie alla sua versione senza pilota per trasporto
materiali, la Progress, costituisce l'unico legame della ISS con la
Terra.
Gli aeroplani civili di oggi non sono altro che versioni raffinate e
meglio equipaggiate dei primi wide bodies degli anni Sessanta, a
partire dall'intramontabile Boeing 747, che compì il suo volo
inaugurale anch'esso nel 1969. Al suo progetto aveva partecipato lo
stesso Charles Lindbergh, proprio quello che aveva attraversato per
primo l'Atlantico senza scalo nel 1927. Il colossale Airbus A380, che
vedrà la luce tra un paio d'anni e supererà il 747
diventando l'aereo civile più grande del mondo, differisce dal
Boeing
per l'uso di materiali nuovi, compositi anziché
leghe leggere in alcune parti strutturali, motori più potenti,
elettronica più raffinata. Ma i concetti di base sono quelli di
allora.
Se osserviamo le differenze tecniche tra allora e oggi, vediamo appunto
che sono significativamente progrediti i sistemi elettronici ed i
materiali, mentre non vi sono state novità nel progetto generale
dell'aeromobile. Si riesce ancora a progredire nell'ambito dei
componenti e delle tecnologie costruttive, ma manca la capacità
di creare qualcosa di globalmente nuovo. Fino agli anni 60 si poteva
distinguere l'epoca di appartenenza di un aeroplano già soltanto
a colpo d'occhio, sulla base delle più evidenti caratteristiche
esterne. Gli aeroplani di oggi, invece, si possono facilmente scambiare
per quelli di trenta-trentacinque anni fa. In effetti, la maggior parte
sono versioni aggiornate di modelli degli anni 60 e 70.
Potremmo dire che è naturale: l'aeronautica è ormai
matura, non c'è più spazio per sostanziali novità,
ed è anche vero in una certa misura. Eppure sembra mancare un
po' troppo la capacità di innovazione.
Nel campo spaziale nessuno può affermare che siamo arrivati alla
maturazione. Il concetto di base della Soyuz, che sembra essere il
veicolo spaziale più standard, copiato anche dai cinesi,
è analogo a quello delle prime capsule degli esordi del volo
spaziale. Considerando che il primo volo spaziale umano avvenne nel
1961, 42 anni fa, proviamo a confrontare l'aereo dei fratelli Wright
con quelli di 42 anni dopo: nel 1945 c'erano gli aerei a reazione!
Mentre nell'astronautica abbiamo un oggetto non così diverso
dalla prima Vostok. Lo Shuttle sembra essere un episodio a sé,
alquanto sfortunato. Ha già causato la morte di 14 astronauti e
non ha prospettive, se non per la mancanza di un successore. E'
risaputo che gli stessi USA preferiscono lanciare i satelliti con razzi
tradizionali, che sostanzialmente derivano dai missili militari dei
soliti anni 60. Quei progressi nella scienza dei materiali che
costituiscono la principale innovazione nel campo aeronautico non hanno
ancora consentito di sviluppare un'astronave degna del nome.
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Scienza e tecnica, boh...
Qualcuno forse pensa che siamo nell'era della scienza e della tecnica,
ma non è
affatto vero. Siamo nell'era dell'economia e della finanza. Il mondo
è governato da quelli che siedono nei consigli di
amministrazione delle grandi società transnazionali e delle
banche, e dalla coorte dei loro dirigenti. Se anche qualcuno di loro ha
una laurea in materia tecnicoscientifica, questa radice culturale
rimane sullo sfondo, quasi dimenticata.
La presenza della scienza e della tecnica nella cultura si sta
restringendo, in primo luogo perché la cultura generale si va
impoverendo gravemente. Ha prevalso infatti la mortifera credenza che
si debba imparare soltanto ciò che serve per l'attività
lavorativa ed in generale economica. Quindi non c'è spazio per
la cultura, che per sua natura è otium e non negotium.
Chiaramente sto parlando di cultura, e con questo intendo l'insieme dei
prodotti del genio umano, che
ha in sé sia la parte tecnicoscientifica sia quella umanistica,
tra le quali purtroppo a partire dal XIX secolo è nata una
scissione del tutto ingiustificata. Una separazione, anzi spesso una
contrapposizione, che ha contribuito poi alla
generale decadenza. Perché la scienza è cultura, non
economia. Se la si intende come settore ancillare dell'economia, la si
uccide: non per niente la cultura scientifica è debole in
Italia, il paese di Benedetto Croce, che relegò la scienza a
questo ruolo riduttivo. Ma ricercare la conoscenza, in qualsiasi
ambito, è
attività culturale. Anche la tecnica lo è, quando non si
limita ad alimentare la produzione industriale ma crea qulche cosa di
nuovo, esprimendo una delle caratteristiche fondamentali della specie
umana: la capacità di realizzare un intero mondo tramite il
proprio ingegno e la propria abilità. La produzione di massa ha
scisso la tecnica
dalla creatività, lasciando quest'ultima a pochi fortunati, ma
non per questo dobbiamo dimenticare che tecnica non vuol dire soltanto
fabbriche fumose o macchine orride che sfornano oggetti a ritmo
forsennato. L'aeroplano dei fratelli Wright era tecnica nel senso
positivo, creativo del termine.
Oggi, però, fare ricerca pura o tecnica in senso creativo
è sempre più difficile,
perché tutti, dai politici agli economisti al pubblico da loro
indottrinato vogliono cose utili, risultati pratici,
naturalmente con un'accezione particolare di questi termini: quella
puramente economica.
Certo i fratelli Wright pensarono subito ai possibili usi della loro
invenzione, senza farsi neppure illusioni, dato che ebbero molto
presto l'idea di presentarla alle forze armate. Eppure il loro lavoro
era
sostanzialmente separato dai possibili impieghi pratici. Se avessero
pensato soltanto a questi, non avrebbero neppure cominciato le loro
ricerche. Forse avrebbero pensato invece a quotare in borsa la loro
fabbrica di biciclette.
Se analizziamo il modo di lavorare dei Wright, troviamo che era
estremamente scientifico e nello stesso tempo basato
sull'abilità manuale. Il progetto dell'aeroplano nacque da
lunghi studi ed esperimenti condotti in modo estremamente organizzato e
razionale, non da tentativi ed errori o risultati quasi casuali, come
nel caso di altri pionieri del volo.
Attraverso esperimenti successivi posero le basi per il calcolo delle
superfici portanti e studiarono su base teorica le modalità per
la manovra in volo dell'apparecchio, aspetto che altri pionieri avevano
trascurato. Si resero conto ad esempio che per cambiare
direzione l'aereo avrebbe dovuto utilizzare una componente laterale
della portanza alare, quindi inclinarsi verso l'interno della
traiettoria, come un ciclista. In effetti, forse il fatto di essere
costruttori di biciclette li aiutò. Insoddisfatti delle
caratteristiche dei motori a scoppio disponibili, ne costruirono uno
essi stessi. Le capacità manuali acquisite nel campo della
meccanica costruendo biciclette furono essenziali per il successo, al
di là dell'idea di inclinarsi in curva. I due fratelli non erano
però inventori
isolati: il loro lavoro dovette moltissimo a quanto avevano fatto e
stavano facendo altri, come Otto Lilienthal che studiò
quantitativamente la portanza alare e costruì una serie di
alianti pefettamente funzoinanti, salvo poi restare ucciso in un
incidente di volo prima di poter passare ai velivoli a motore. I Wright
utilizzarono i risultati di Lilienthal e quelli di Octave Chanute,
studioso del volo di origine francese da cui ebbero sostegno
scientifico e anche morale. Le basi teoriche del volo a motore
erano state in realtà poste dall'inglese Sir George Cayley quasi
un secolo prima - ma a quei tempi mancava un tipo di motore che avesse
abbastanza potenza rispetto al peso da poter essere utilizzato su un
aeroplano.
Insomma, il Wright Flyer I era un aeroplano progettato
scientificamente, sulla base del lavoro di più generazioni di
tecnici e scienziati, realizzato da abili meccanici. Le prove
effettuate
consentirono ai Wright di migliorarlo e produrne versioni successive
sempre più efficienti.
Questo è il modo di procedere della scienza: affrontare il mondo
senza preconcetti, usare metodi quantitativi, formulare teorie e
provarle con l'esperimento, esporre i risultati in modo che altri
possano utilizzarli per procedere oltre, e utilizzare il lavoro dei
propri predecessori e dei contemporanei. Niente a che vedere con la
figura romantica dell'inventore solitario che, chiuso nel suo castello
in cima ad un monte, con strane e misteriose pratiche ottiene risultati
mirabolanti ma forieri di sventura. Eppure l'immagine che ancora oggi
molti hanno della scienza è quest'ultima, e si deve dire che in
Italia non si fa molto per correggerla. Le scoperte scientifiche
vengono regolarmente presentate come se fossero colpi di genio di
individui particolari, cui si tributa un preoccupato omaggio, dietro il
quale sempre aleggia un sospetto di stregoneria. Non si sottolinea mai
abbastanza come i premi Nobel italiani invariabilmente abbiano ottenuto
i loro risultati in strutture di ricerca straniere o internazionali,
grazie al contributo di molte altre persone e dell'ambiente scientifico
in cui si sono mossi, ben diverso dal provincialismo italiano.
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Perché la scienza non è di moda
Oggi la scienza è ben poco di moda. Ci sono due correnti
di
pensiero che si orientano contro la ricerca scientifica in senso
proprio, quella che ha valenza culturale: una è quella del
pensiero economicista dominante, l'altra è una corrente del
movimentismo che lo contrasta. A questo punto devo schierarmi, e
dovrebbe essere chiaro che sono un oppositore irriducibile del pensiero
unico dominante, che possiamo chiamare neoliberismo o economicismo
neocapitalista. Tuttavia sono convinto che il movimento che sta
crescendo contro questo modello totalizzante debba evitare derive
pericolose sempre possibili, che finirebbero per indebolirlo e per
consegnare un'inutile vittoria ai padroni del mondo. Inutile,
perché con i loro metodi ci condurranno al disastro collettivo
se non li fermiamo.
L'élite neoliberista sta cercando di privatizzare il mondo,
riconducendolo completamente sotto il controllo delle grandi
società transnazionali. La ricerca scientifica ha una parte
importante, perché è vista da costoro come uno strumento
per rafforzare il loro dominio. Ma deve svilupparsi secondo il loro
modo di vedere le cose, quindi i concetti che abbiamo esposto a
proposito del modo di procedere del progresso tecnico scientifico sono
da rivedere. In particolare, si deve garantire il controllo privato di
tutti i risultati: i laboratori devono lavorare in condizioni di segreto
industriale, i risultati devono essere brevettati. Se
qualche ricercatore indipendente produce risultati migliori di quelli
dei laboratori delle grandi aziende, deve essere messo sotto controllo
in qualche modo, acquistando i suoi risultati, rubandoli, o facendoli
dimenticare
se necessario. La cosa non è difficile, perché un vero
ricercatore, come abbiamo visto, lavora in piena trasparenza, sotto gli
occhi del mondo. Stiamo parlando naturalmente di ricerca applicata,
dato che la ricerca pura nelle menti degli economocrati
non ha senso: ogni ricerca deve essere orientata al prodotto ed
all'impiego commerciale (o militare), ciò che non ha
applicazioni in tal senso non deve esistere, o meglio si deve tollerare
finché non sembra pericolosa e non
assorbe troppe risorse, riducendosi ad una forma di eccentricità.
Il risultato è che la ricerca pura langue, mentre quella
orientata alla tecnica si trova sempre più ingabbiata.
Il progresso tecnico e scientifico si basa sulla libera cooperazione
degli scienziati di tutto il mondo e sulla pubblica
disponibilità e discussione dei risultati. Il sistema
neoliberista invece persegue la segretezza ed il vincolo brevettuale.
L'istituzione del brevetto, nata per proteggere l'individuo
dallo sfruttamento indebito dei prodotti del suo ingegno, è ora
invece un'arma nelle mani delle grandi società contro
l'individuo. E' chiaro che i tecnici ed i ricercatori delle grandi
società non hanno la stessa capacità di produrre
innovazione dei ricercatori liberi. Senza l'uso aggressivo del brevetto
e pratiche commerciali più o meno sleali, piccole società
o ricercatori indipendenti (ma collegati tra loro dalla rete libera
della ricerca) potrebbero facilmente soppiantare i prodotti cari e
scadenti delle grandi società. Pensiamo al caso più
clamoroso, quello della Microsoft. L'azienda di Bill Gates ha fermato
il progresso dell'informatica, orientando ogni sviluppo in senso
puramente commerciale. Abbiamo computer sempre più potenti che
fanno sempre le stesse cose in modo più complicato, ma
soprattutto più controllato dalla Microsoft stessa. Ogni paio
d'anni siamo costretti a ricomprarci calcolatori e programmi per poter
continuare a fare quello che già facevamo in modo più che
soddisfacente con le versioni precedenti; intanto non si vede nessuna
idea nuova all'orizzonte. Altro che HAL 9000! Invece di subire minaccia
del computer superintelligente siamo vittime del superfurbacchione
Billl Gates, che ci impone sempre nuove versioni di Windows e di
Office, di concerto con l'uscita di microprocessori Intel sempre
più potenti. E noi continuiamo a fare sempre le stesse cose:
scrivere lettere, fare tabelle e grafici... che facevamo con
soddisfazione già ai tempi di Wordstar e Lotus 1-2-3. Faccio
notare che, almeno, sto scrivendo quest'articolo con il Composer di Composer di Mozilla, che è software
libero, e lo faccio girare su una versione di Windows indietro di due
generazioni, che conservo per continuare ad usare alcuni applicativi di
cui sono soddisfatto e che non voglio cambiare.
Il fatto è che se la maggioranza avesse una formazione tecnica e
scientifica decente, personaggi come Gates non avrebbero spazio. Troppe
persone farebbero un'analisi razionale delle loro esigenze e
rifiuterebbero di sottostare alla logica del turbine Windows/Pentium
(nuovo microprocessore più veloce - nuovo sistema operativo
più complicato ed inefficiente - nuovo microprocessore ancora
più veloce e così via) orientandosi com'è logico
al software libero. Che cosa ci si dice, infatti? che conoscere il
computer vuol dire saper usare i prodotti Microsoft per fare letterine
e tabelline e presentazioni colorate. Imparare l'informatica vorrebbe
dire imparare a cliccare col mouse sull'icona. Invece acquisire una
cultura informatica vuol dire anche imparare a programmare,
anche solo
per passatempo. Insegnare l'informatica ai bambini vuol dire farli
giocare con il Basic, non con i videogiochi. Apriamo
gli occhi: l'ignoranza tecnicoscientifica è funzionale al
potere economico. Le persone colte, quindi consapevoli, non si
lasciano sottomettere facilmente ed hanno i mezzi per ribellarsi, e la
cultura include la scienza e la tecnica senza però limitarsi
ad esse.
La logica del potere militare così come quella del big
business
vogliono che i giovani si specializzino subito in campi molto
ristretti, acquisendo soltanto le conoscenze che servono al loro
lavoro. Così la tecnica sarà pura applicazione a fini che
soltanto i
potenti sapranno. La scienza come cultura ci insegna ben altro: che
soltanto l'esperimento può dirci se un'ipotesi è vera o
falsa, mai la
parola di qualcuno non suffragata dai fatti. Che dobbiamo verificare
sempre con la nostra ragione e con i nostri sensi, non fidarci
ciecamente di autorità istituzionali o libri sacri. E' la
negazione di
qualsiasi autoritarismo, che sia quello politico, religioso o
economico. L'autorità che oggi ha più da perdere è
quella delle grandi
società e del potere finanziario, che si serve poi dei mezzi di
comunicazione di massa per esercitare la forma più subdola di
asservimento. Proviamo ad affrontarla con piglio scientifico, e
possiamo facilmente smontare la sua propaganda.
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La necessità di un fine collettivo
Il disastro dello Space Shuttle Columbia, che per ironia della sorte
era anche il primo Shuttle ad aver volato nello spazio, è
avvenuta in parallelo con la preparazione dell'ennesima campagna
bellica ipertecnologica del presidente Bush, la seconda guerra del
golfo. La NASA vola con mezzi degli anni Settanta che cadono
letteralmente a pezzi, mentre i militari continuano a sperimentare
nuovi mezzi di distruzione. Non potrebbe esserci parallelo migliore per
illustrare la tragica involuzione della potenza americana. Gli USA di
Kennedy e Johnson vinsero la gara per la Luna mentre perdevano la
guerra del Vietnam, quelli di Bush perdono sostanzialmente la
capacità di andare nello spazio mentre scatenano conflitti in
tutti gli angoli del globo, con mezzi tecnici da fantascienza:
bombardieri invisibili al radar che decollano dagli Stati Uniti,
bombardano l'Iraq o l'Afghanistan e tornano alla base negli Stati Uniti
senza fare scalo, missili che colpiscono con precisione di centimetri a
distanze di centinaia di chilometri, soldati che sembrano marziani.
Ma non è tutto qui. Quei soldati che sembrano marziani cadono
ogni giorno vittime di guerriglieri straccioni che sanno usare bene
armi semplici come coltello, fucile ecome massima risorsa hanno il
razzo anticarro non guidato. O si
fanno saltare in aria direttamente se non hanno queste capacità.
Le forze armate statunitensi sono
in grado di sconfiggere qualsiasi nemico in battaglia, salvo poi non
essere in grado di controllare il territorio - ma questa è
un'altra storia. Qui ci interessa la prima: la tecnica è
fortemente asservita alla distruzione, mentre il suo uso ai fini di
ricerca langue.
La
Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è un'impresa
collettiva dell'umanità, forse non troppo ben concepita, ma
encomiabile per lo spirito di collaborazione tra nazioni e governi
diversi. Vediamo bene quale sia il rapporto tra le risorse che gli USA
dedicano a quella piuttosto che agli armamenti. Spesso si sente dire
che le imprese spaziali sono troppo costose e che il denaro dovrebbe
essere impiegato per ricerche orientate ai problemi dei poveri della
terra. E' un errore, che segue la logica del neoliberismo: cercare solo
ciò che è utile. La ricerca serve
all'umanità nel suo insieme, per essere appunto umanità e
non animalità. Il genio umano deve trovare una
possibilità di sviluppo, perché la staticità non
esiste, ci si deve comunque muovere, in avanti o all'indietro. Occorre
però incanalare le capacità umane verso scopi pacifici e
collaborativi anziché verso la distruzione. Si tratta quindi di
perseguire la scienza come cultura e la tecnica come creatività
dell'individuo e come applicazione della scienza a vantaggio di tutti.
Per sua natura la scienza come attività culturale (preferisco
usare quest'espressione anziché
cultura scientifica, che sembra contrapporsi alla cultura
umanistica) è egualitaria e solidale: gli
scienziati in quanto tali collaborano tra loro al di là di ogni
barriera nazionale, linguistica, razziale, sessuale e perfino
temporale. Uno degli aspetti più affascinanti dell'astronomia
è che, ad esempio, uno scienziato occidentale di oggi può
usare per le sue ricerche il lavoro fatto da un cinese nell'anno Mille
- è un fatto che si verifica abbastanza spesso, pensiamo ad
esempio allo studio di eventi astronomici come la supernova che diede
origine alla Nebulosa del
Granchio. Superando in questo modo le distanze spaziali, culturali e
perfino temporali si acquisisce una visione del mondo quanto mai
contraria allo sviluppo di nuove armi.
Vista la situazione penosa della ISS, è cosa buona che la Cina,
anche se per motivi sbagliati, persegua per i
fatti suoi l'esplorazione umana dello spazio. C'è la
possibilità che costringa in questo modo l'Occidente, sempre per
motivi sbagliati, a dirottare qualche risorsa in tal senso, speriamo
soprattutto allo sviluppo di imprese collettive come la ISS, che
aumentano lo spirito di collaborazione tra le nazioni. Il prestigio di
queste imprese evidenzia la meschinità della politica dei
"neoconservatives" statunitensi, la loro brutale sete di potere che li
porta a combattere contro il mondo intero. L'umiliazione pubblica degli
USA, che dipendono dai russi per andare nello spazio, mostra a tutti
come siano effimeri e vergognosi i loro progressi nel solo campo delle
armi.
Questo impiego di risorse non è in contrasto con le
necessità dei poveri
della Terra. Chi dice che dobbiamo prima
risolvere tutti i problemi della Terra, prima di andare nello spazio,
si inganna e non conosce l'umanità. Con questo tipo di argomenti
non si risolve nulla: paradossalmente, è necessario
andare nello spazio per risolvere i problemi della Terra.
Un'umanità priva di obiettivi e di ideali non può
risolvere nemmeno il problema del pane quotidiano. Le risorse ci sono
in abbondanza, per fare tutto ciò che e necessario ed anche
ciò che sembra superfluo, si tratta solo di usarle.
Non c'è da meravigliarsi che paesi con grandi risorse ma anche
grandi
arretratezze stiano superando l'Occidente nella corsa allo spazio. Mi
viene in mente la storia, che ho letto, di un tassista di Delhi
entusiasta del programma spaziale indiano. L'autore del libro, inglese,
gli faceva fare una figura un po' patetica, invece io penso che esprima
bene la differenza rispetto a noi europei o agli statunitensi. Noi non
crediamo in nulla, perseguiamo soltanto le mode e la vita comoda. Le
classi emergenti di paesi come India e Cina invece hanno una visione
diversa, positiva dell'esistenza. L'alternativa alle imprese spaziali
potrebbero essere le imprese belliche, non certo la produzione annua di
riso. Quest'ultimo serve a sopravvivere, ma una volta che lo si ha
occorre qualcos'altro, ed è bene che non sia soltanto qualcosa
di materiale. Ed è anche meglio che non sia l'imposizione al
mondo di un credo religioso... L'umanità ha bisogno di qualcosa
per cui entusiasmarsi e che la spinga all'impresa collettiva. Il
ripiegamento sull'individualismo è il male che ci sta
distruggendo. Andare nello spazio è un'impresa collettiva,
quindi non privatistica, non neoliberista. Per questo non
è di moda lo spazio, vogliono farcelo dimenticare.
Noi occidentali abbiamo perso in buona parte la consapevolezza della
sfera spirituale, eppure la nostra più grande realizzazione in
questo campo è proprio lo spirito di ricerca e di avventura,
quello stesso che ha consentito alle nazioni europee ed alla loro
appendice oltre l'Atlantico di acquisire l'attuale supremazia mondiale.
Non dobbiamo ripiegare su stadi inferiori dello sviluppo umano, come
l'imperialismo politico, economico o religioso. Il potere mondiale
è nelle mani di persone dei nostri paesi, quindi noi abbiamo il
dovere di impegnarci per affermare una visione del mondo diversa
dall'economicismo imperante.
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Il Movimento ed i suoi rischi
Oggi esiste un forte movimento di opposizione al sistema di potere
vigente, un movimento che non trova espressione adeguata nelle
istituzioni. Le opposizioni politiche sono prive di idee e di progetti,
sostanzialmente prive della capacità di cambiare le cose.
Abbiamo già visto i laburisti inglesi assumere totalmente la
politica dei conservatori, tanto da annientare questi ultimi, la cui
stessa esistenza non ha senso: a che serve un partito conservatore se i
laburisti sono già di destra? Abbiamo visto i DS italiani
partecipare attivamente ad un'impresa bellica USA a due passi da casa
nostra, con la guerra del Kosovo nel 1999. Le differenze tra destra e
sinistra sono molto modeste, anche se comunque non del tutto
trascurabili. La principale, in Italia, è che per colmo dei
paradossi la sinistra è rispettosa delle istituzioni e
sostenitrice della legalità, la destra invece calpesta
quotidianamente principi fondamentali dello stato liberale come la
separazione dei poteri ed il governo della legge. Per questo motivo io
stesso, che politicamente (uso i termini di un buon venticinque anni
fa) ero un centrista laico, sono diventato in pratica un
esponente della sinistra extraparlamentare senza cambiare
granché le mie idee.
Il Movimento è giovane e molto variegato, cosa buona in
verità, tanto da non avere un nome preciso. Per questo qui lo
chiamo Movimento con la maiuscola, non sapendo bene che altro nome
usare. Non amo la
definizione "no global", che oltretutto è falsa, dato che
l'unica cosa veramente globale che ci sia oggi è proprio il
Movimento: il globalismo dei neoliberisti è finto, in
realtà si dovrebbe parlare di americanismo globale. Infatti la
loro idea del mondo è che debba diventare tutto uguale agli USA.
Ad esempio abbiamo appena festeggiato Halloween anche in Italia, con
mio grande rammarico. Non abbiamo bisogno di importare feste a scopo
commerciale dagli USA; ne abbiamo già abbastanza da noi
(certo però la festa delle zucche vuote potrebbe essere
considerata di grande attualità). Ora voglio solamente mettere
in guardia il
Movimento dal rischio di farsi assorbire e sfruttare dal proprio
nemico, com'è accaduto al '68. Nell'articolo sul problema energetico ho spiegato come
l'ambientalismo ideologico sia di fatto un alleato dell'industria del
petrolio. Questa è la sede giusta per dire a tutti con la
massima enfasi che la cultura deve essere
nello stesso tempo l'arma ed il segno distintivo di chi si oppone al
nuovo totalitarismo economicista. Non la cultura accademica,
che si confonde con l'erudizione, ma quella che si caratterizza per
l'atteggiamento critico: intendo quello di Socrate che era l'uomo
più sapiente di Grecia, perché sapeva di non sapere. Chi
sa di non sapere usa la sua intelligenza e non dà nulla per
scontato, ricerca la verità con serietà e pazienza.
I nostri nemici sono la superficialità, la ricerca della
soluzione comoda, l'ideologismo che sfugge il ragionamento, gli
irrigidimenti dogmatici, la fuga nell'utopia.
Restando al nostro filo conduttore, occorre impegnarsi per favorire la
ricerca scientifica e lo sviluppo tecnico, praticati in istituzioni
pubbliche ed in piena trasparenza. Occorre favorire le imprese tecniche
di tipo pacifico e che richiedono elevata collaborazione. anche
internazionale. Occorre applicare ed estendere ad altri campi
dell'ingegno umano i concetti introdotti dal movimento del software libero, che di fatto
non esprime altro che il modo di agire della comunità
scientifica mondiale quando non sottostà ad imposizioni di
governi autoritari o corrotti e società commerciali.
Nel Movimento c'è però un'anima antiscientifica e
utopistica, che rifiuta la scienza per rivolgersi non si sa bene a
cosa. Credo che sia minoritaria, anche se piuttosto rumorosa. Ritengo
che la maggioranza del movimento sia per posizioni di apertura mentale
e quindi sia favorevole al mio appello per la cultura in generale e per
la scienza come parte della cultura. Un atteggiamento scientifico
è quello che i neoliberisti devono temere più di ogni
altra cosa, perché può smascherarli e mostrare la
falsità di tutta la loro ideologia. Un atteggiamento dogmatico
ed utopistico va a loro favore, perché scredita il movimento di
fronte alle persone non interessate, e spesso porta a battaglie
sbagliate e controproducenti. Le battaglie ambientaliste in campo
energetico, pur con le migliori intenzioni, hanno sostenuto di fatto la
parte dei petrolieri,
consegnando il mondo nelle mani di persone come George W. Bush.
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Dibattiti in corso: OGM e idrogeno
Vediamo per concludere qualche esempio sull'argomento della ricerca
scientifica e delle applicazioni della tecnica.
Nel campo biologico è in atto uno scontro sugli organismi
geneticamente modificati, che viene messo da una parte sul piano della
libertà della ricerca, dall'altro su quello dei rischi per
l'ambiente. Non si tratta né dell'una ne dell'altra cosa. La
battaglia dev'essere sulla proprietà intellettuale delle
scoperte in campo biologico. Non si devono accettare "esperimenti" di
coltivazioni OGM se sono semplicemente applicazioni di organismi che
qualche società transnazionale ha brevettato o sta brevettando
per le sue strategie commerciali; si deve invece favorire la ricerca
biologica in istituti pubblici. Si deve vietare la
possibilità di brevettare gli organismi viventi ed i loro
derivati. Le proposte di ricerca sugli OGM devono essere valutate
come tali: è ricerca o è penetrazione commerciale? Come
si vede, la vera scienza non è dalla parte delle società
transnazionali, a cui interessa soltanto avere il monopolio delle
sementi, e lo scontro non è sulla libertà di ricerca ma
semmai sulla libertà economica dei coltivatori. Si deve spostare
la valutazione su questo piano, non parlare di potenziali rischi degli
OGM sul piano biologico. I rischi ci sono, ma sul piano della
libertà economica dei produttori agricoli, che dipenderebbero da
un unico fornitore di sementi. Non si tratta di essere contrari o
favorevoli agli OGM, ma di mettere sotto controllo le mire
monopolistiche delle società transnazionali produttrici di
sementi. Quanto ai rischi biologici, determinarli è ricerca
seria che vale la pena di fare sotto controllo di autorità
pubbliche e non in istituti privati.
Nel campo dell'energia, c'è una spinta fortissima allo sviluppo
dell'idrogeno come vettore energetico.Viene favorito anche da molti
esponenti dell'area ambientalista, e ci sono personaggi noti che
accusano le
grandi società di opporsi per i loro interessi allo sviluppo di
una sorgente di energia non inquinante. Intanto però tutte le
grandi società hanno progetti al proposito. Ebbene,
scientificamente la cosa non sta in piedi. L'idrogeno sulla
Terra non c'è allo stato libero, deve essere prodotto in qualche
modo, e le proposte che circolano prevedono l'uso degli idrocarburi,
cioè del petrolio. Anche ammesso che sia prodotto in qualche
modo, l'idrogeno è un gas leggerissimo,
che deve essere immagazzinato a pressione altissima, ed è una
delle sostanze più infiammabili che esistano. Insomma è
molto pericoloso. Inseguire l'utopia dell'idrogeno vuol dire favorire
l'industria del petrolio per altri decenni. L'adozione massiccia di
combustibili alternativi scalzerebbe invece il potere delle
società petrolifere e disinnescherebbe la bomba geopolitica del
Medio Oriente. Ma dev'essere un'alternativa vera e praticabile, ne ho
accennato nell'articolo sull'energia.
Alberto Cavallo, 2 novembre 2003
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