Note sulla guerra in Cecenia


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Note sul conflitto
Post scriptum per i guerrafondai di casa nostra
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Note sul conflitto


Avendo dedicato larga parte del sito ai conflitti internazionali, sento il dovere di scrivere queste brevi note sulla vicenda della Cecenia. Non intendo approfondire argomenti specifici di quel conflitto, ma semplicemente tratteggiarne i rapporti con lo stato della politica mondiale.

Nel concludere la mia analisi sulla vicenda del Kosovo, ho scritto che il mondo è diventato meno sicuro. Ritenevo infatti che fosse diventato più facile scatenare conflitti locali con potenziali conseguenze sul mondo intero. Calpestando i trattati ed i principi della convivenza tra gli Stati, gli USA e la NATO hanno aperto la strada a chiunque intenda risolvere le controversie internazionali con la guerra. In questi giorni vari capi di stato occidentali esprimono con vigore la loro contrarietà al ricorso al conflitto armato; peccato che pochi mesi fa abbiano dato l'esempio opposto.

D'altro canto, il presidente Clinton ha dichiarato pubblicamente che l'eventuale imposizione di sanzioni alla Russia sarebbe "contraria agli interessi americani" e quindi l'ha esclusa, lasciando agli europei il compito di protestare e minacciare provvedimenti di ritorsione economica. Nessuno parla di misure militari (per fortuna). Vorrei ringraziare il presidente per la sua chiarezza: ha ammesso quello che io ho più volte sottolineato, che le motivazioni della politica estera americana sono esclusivamente legate ad interessi e non a motivi umanitari. Questi ultimi sono soltanto un pretesto utilizzato a fini di propaganda, quando lo si ritiene necessario.

Ora, la Russia ha deciso di riprendersi la Cecenia, conducendo una campagna militare largamente ispirata alle tattiche della NATO contro la Jugoslavia. Invece di impantanarsi in una campagna di terra tradizionale, i russi distruggono sistematicamente con i bombardamenti le infrastrutture dei ceceni, per costringerli alla resa per fame, sete e freddo. Il giudizio morale sul metodo non può essere diverso, ma vorrei ricordare che la NATO usava queste tattiche nell'ambito di una guerra dichiarata umanitaria.

Il conflitto in Cecenia è una delle tragiche conseguenze della caduta della Russia nelle mani di politici corrotti e mafiosi. Il cosiddetto governo ceceno è una banda di trafficanti, che probabilmente gode di appoggi presso certi circoli di Mosca. Per analizzare i dettagli del conflitto occorrerebbe avere informazioni più dettagliate sulla situazione della politica e della criminalità organizzata in Russia (ammesso che i due ambiti non coincidano).

Possiamo però fare una considerazione generale: non è bene per nessuno che la Russia si frantumi in una miriade di repubbliche semiindipendenti, controllate da bande di trafficanti. Per il mondo e per i popoli della Russia è bene che si ripristini un potere statale credibile, che assicuri le condizioni minime di convivenza umana e civile in quel grande e sventurato Paese. Il ritorno della Cecenia ad una condizione di vivibilità per la popolazione civile richiede che la Russia ricuperi la sua sovranità: la repubblica islamica della Cecenia sarebbe solo una versione caucasica-mussulmana delle repubbliche delle banane del Centro America.

In ogni caso la scena politica mondiale sta evolvendo in modo sempre più preoccupante. La ricostruzione dello Stato in Russia passerà probabilmente attraverso una fase autoritaria, il cui leader potrebbe forse essere quel primo ministro Putin che sta creandosi una base di popolarità attraverso il conflitto ceceno. Il timore causato dall'atteggiamento guerrafondaio degli USA ha già prodotto un riavvicinamento tra Russia e Cina (a voi la Cecenia ed il Caucaso, a noi Taiwan...), dopo la scelta di India e Pakistan di dotarsi di armi nucleari. Il rischio di un conflitto nucleare è cresciuto: siamo forse davvero nello scenario di inizio '900, come ho già scritto.

Spero vivamente di sbagliarmi.

Alberto Cavallo, 12 dicembre 1999
 

Post scriptum

I soliti personaggi, che sostenevano l'intervento NATO in Kosovo, ora accusano i "pacifisti" di non fare nulla, né manifestazioni né appelli né altro, per la Cecenia. Io non sono un "pacifista" in senso proprio, comunque vorrei far notare che le manifestazioni e gli appelli servivano perché l'Italia e l'alleanza di cui fa parte erano direttamente coinvolte nel conflitto, per volontà del governo e di parte dell'opposizione. Per di più, l'intervento era contrario alla Costituzione italiana ed ai trattati internazionali pertinenti, era formalmente un intervento armato di aggressione, che ha fatto precipitare il conflitto, non un'interposizione di forze per sedare le ostilità. Quest'intervento era sostenuto dalla più potente macchina propagandistica vista al mondo finora, con tutti i giornali e le televisioni controllate dai governi e dalle società transnazionali che rovesciavano "informazione" a senso unico. Gli oppositori dovevano lottare duramente per farsi ascoltare.

Ora gli appelli e le minacce alla Russia già abbondano a cura del nostro governo e dei governi alleati, che manifestazioni si dovrebbero fare? di sostegno al governo, come sotto i regimi autoritari? Le manifestazioni servono ad esprimere ciò che non riesce a passare attraverso i normali canali istituzionali: le manifestazioni istituzionalizzate sono tipiche dei regimi. Se il governo proponesse un intervento armato contro la Russia (o in suo favore, non poniamoci limiti) allora sarebbe il caso di manifestare! Per fortuna non si tratta di un caso realistico.
 

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Un valido sito indipendente per l'analisi dei conflitti nel mondo:
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