MUCCHE, URANIO E ICEBERG



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Indice

  1. Chi è pazzo, la mucca o noi?
  2. Piccoli rischi e grandi paure
  3. La punta dell'iceberg
  4. Post scriptum sull'uranio
  5. Note


Chi è pazzo, la mucca o noi?

Una pericolosa sindrome ha colpito gran parte degli italiani, con conseguenze per alcuni aspetti devastanti. E' la sindrome della mucca pazza. Ma no, direte, pochissimi, forse nessuno è stato colpito. Appunto, rispondo io, se intendete la Bse (encefalopatia spongiforme bovina). Quella di cui parlo è una forma di pazzia che colpisce gli esseri umani e non le mucche. Queste, poverine, non sono state colpite nemmeno loro dalla Bse, almeno in Italia: un solo caso accertato!

Mucca savia (Bos sapiens)Mi sono accorto della gravità della situazione stamattina, quando sono entrato in un supermercato e, avvicinatomi ai banchi della carne, non ho trovato traccia di carne bovina. Un banco portava in evidenza il cartello "vitellone", ma accanto a quello un altro, di carta, fieramente dichiarava "suino". Per la cronaca, avendo fretta e non volendo cercare altrove, ho comprato del pollo.

Nelle scuole sono stati distribuiti moduli sui quali i genitori dovrebbero indicare se intendono consentire la somministrazione di carne bovina ai loro figli.

Gli allevatori ed i macellai sono ridotti alla disperazione.

Giornali e telegiornali trattano con toni di tragedia temi come:"Si salverà la fiorentina?", e non si tratta della squadra di calcio.

Tutto questo avviene senza un solo caso di malattia umana e con un solo caso di malattia bovina in tutta Italia. Quindi la sindrome della mucca pazza esiste, è una malattia psichica e colpisce gran parte della popolazione italiana, che senza motivo alcuno si rifiuta di mangiare carne bovina, pur avendolo fatto fino a ieri, senza neppure essersi convertita improvvisamente all'induismo.

Qual è il senso di questo fenomeno? Nei due paragrafi successivi vedremo dapprima come avvenga la sopravvalutazione dei rischi, successivamente come ci siano rischi reali gravissimi che questo episodio ha portato in luce.

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Piccoli rischi e grandi paure

Quello che soggiace a situazioni come queste è l'incapacità della maggioranza delle persone nel valutare rischi di basso livello, la cui esistenza è resa nota attraverso i media, senza che esista una base culturale per elaborarla e collocarla nel suo giusto ambito.

L'encefalopatia spongiforme bovina, almeno in Italia, è una malattia virtualmente inesistente. Un solo caso bovino accertato, nessuno umano. Ma i media ci bombardano di informazioni che la dipingono come un morbo terribile, che colpisce i bovini e può trasmettersi all'uomo tramite il consumo della loro carne. Si tratta di una malattia invariabilmente fatale ed incurabile, per cui la preoccupazione delle persone che ne vengono a conoscenza è comprensibile; d'altro canto, il rischio di contrarla è praticamente zero. Cadiamo quindi nel caso classico di un danno elevatissimo (certezza di una morte orribile)  con probabilità minima (un caso su decine di milioni).

L'accostamento naturale è quello del rischio nucleare legato a bassi livelli di radioattività, come appunto quello, fino a pochi gioni fa attualissimo ed ora improvvisamente sparito dai media, della contaminazione da uranio impoverito: rischio di contrarre una malattia mortale (leucemie, altri tipi di cancro) con probabilità molto bassa e difficile da misurare. Però si parlava, in quel caso, di una decina di casi potenziali su qualche migliaio di persone esposte, quindi un rapporto dell'ordine di 1:100, non 1:10.000.000 che è l'incidenza del morbo di Creutzfeld-Jakob, forma umana assimilabile alla Bse. La Bse in se stessa non consente neppure un calcolo, per mancanza di casi.

In presenza di un'incidenza di casi (beninteso potenziali) che differisce di 100.000 volte, si rifiuta la messa al bando dei proiettili all'uranio ma si prospetta quella della bistecca con l'osso. Si potrebbe aprire una lunga digressione, ma ve la risparmio per ora.

Ritorniamo al tema generale della valutazione del rischio. Come in tutte le cose, l'essere umano fa le sue valutazioni sulla base di meccanismi mentali fondamentalmente non razionali. La razionalità precede, e più spesso segue il giudizio, ma esso, di per sé, non è mai razionale. Se siamo persone di mentalità razionale cerchiamo di ragionare sui problemi prima di decidere; tutti quanti, dopo aver deciso, siamo poi bravissimi a trovare giustificazioni di ogni tipo per quel che abbiamo fatto, razionalizzando a posteriori; ma l'attimo della decisione è sempre irrazionale. Il neurologo e ricercatore Antonio Damasio1 tratta questo tema rifacendosi a casi clinici da lui studiati: un danno a certe aree del cervello può lasciare intatta la razionalità rendendo però il soggetto incapace di prendere decisioni anche banali. Un paziente era in grado di spiegare quanto era stato bravo a guidare sul ghiaccio per raggiungere lo studio del medico, non provando alcuna paura e applicando rigorosamente i metodi di guida necessari in quel frangente, per poi rivelarsi incapace di fissare la data dell'appuntamento successivo, avviluppandosi in ragionamenti complicatissimi su come deciderla nel modo migliore.

Le valutazioni umane, infatti, sono sempre determinate dall'impatto emotivo, che si riconduce elementarmente dal fatto che una data cosa ci faccia sentire bene o male. Questo fatto è intrinseco, connaturato nella percezione. Come hanno scoperto i moderni neurologi, ma già sapevano gli antichi indiani2, la percezione comporta un passaggio attraverso la valutazione emozionale di piacere / avversione.

Un evento di piccolissima probabilità non ricade nella nostra esperienza diretta, e quindi non è suscettibile di una valutazione con i meccanismi normali della mente umana. Oggi però i media possono sottoporcelo in modo decisamente violento, attraverso immagini tali da impressionare visivamente o racconti di persone che hanno vissuto esperienze drammatiche. A questo punto l'evento è per noi reale e tale da causare una forte reazione emotiva di avversione. Quello che non percepiamo, né siamo per natura adatti a percepire, è la probabilità di quel particolare evento. Sono quindi possibili due sole reazioni: la minimizzazione ("A me non può capitare") e l'iperreattività ("Mio figlio non mangerà più bistecche").

Soltanto un'adeguata formazione scientifica può consentire un giudizio pacato e commisurato alle circostanze reali. Purtroppo, però, la maggioranza assoluta della popolazione, in Italia come in tutto il mondo, senza differenze sostanziali legate al grado di sviluppo del Paese, è scientificamente analfabeta. Posta di fronte ad un problema di questo tipo, evento grave di bassa probabilità, non è in grado di assumere una posizione sensata.

Non è affatto vero che siamo nell'età della scienza: oggi più che in passato, la scienza è patrimonio di una minoranza esigua di persone, e la situazione va peggiorando.

I media possono quindi, volontariamente o no, suscitare isterismi collettivi come quello della mucca pazza, perché la popolazione è indifesa di fronte alle manipolazioni e reagisce in modo eccessivo a pericoli sostanzialmente inesistenti. Ricordate quello che accadde durante la guerra del golfo, quando i supermercati rimasero a corto di olio d'oliva, pasta e scatole di tonno, perché milioni di persone ammassavano scorte, quasi che l'Iraq fosse un fornitore di prodotti alimentari anziché di petrolio. Sarebbe stato più logico riempirsi il garage di taniche di benzina, per fortuna nessuno lo fece.

Quale può essere il valore della democrazia in queste circostanze? La maggioranza delle persone non è in grado di fare valutazioni sensate su questioni comunque importanti per la propria vita. Come possono scegliere il loro governo, se non sulla base della simpatia per il candidato premier? Guardate, sui manifesti agli angoli delle strade, i faccioni dei candidati affiancati da slogan più o meno ridicoli, e pensateci su.

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La punta dell'iceberg

La mia ridefinizione del morbo della mucca pazza, come malattia psichica umana il cui sintomo principale è il rifiuto di magiare carne bovina, può far sembrare che io non consideri grave il problema della sicurezza sanitaria del cibo. E' vero esattamente il contrario.

L'unico aspetto positivo della vicenda della mucca pazza è che ha indotto l'opinione pubblica ad occuparsi di una questione a dir poco fondamentale: come è prodotto e che cosa contiene il cibo che mangiamo ogni giorno?

Prima di tutto, abbiamo scoperto che da anni ai bovini erano somministrati mangimi ricavati dagli scarti di macellazione, di bovini medesimi e altri animali. Un erbivoro obbligato, la cara vecchia mucca, trasformato non solo in carnivoro, ma addirittura in cannibale!

La situazione degli allevamenti è assolutamente agghiacciante. Non immaginavo minimamente che si fosse arrivati a realizzare veri e propri lager per animali, degni dei peggiori incubi di un aguzzino nazista. E' ben vero che alleviamo tutti questi animali per mangiarceli, ma l'industrializzazione della produzione ha portato alla totale negazione della loro natura di esseri viventi e senzienti. Non è affatto ipocrita dire che un animale merita rispetto, anche se la sua sorte è quella di trasformarsi in bistecca. Il rispetto verso l'animale rispecchia il rispetto che abbiamo verso noi stessi: la crudeltà nei confronti di un essere vivente danneggia gravemente l'umanità di chi la infligge.

Gli animali hanno il diritto sacrosanto di vivere dignitosamente e di essere uccisi con il minimo di sofferenza. Resta poi a noi decidere se fare il passo ulteriore e rinunciare del tutto all'uccisione degli animali e quindi al consumo di carne. Vorrei solo ricordare un fatto: il consumo di carne introduce una gravissima inefficienza nella catena alimentare umana, perché vaste superfici sono destinate alla coltivazione di prodotti agricoli destinati all'alimentazione degli animali da carne, la cui produzione spesso non rende neppure un decimo del valore nutritivo dei prodotti consumati. In nome di milioni di persone che soffrono la fame, dovremmo tutti ridurre se non annullare il consumo di carne.

Vaste zone dei Paesi poveri, in particolare in Sud America, sono disboscate per consentire l'allevamento di bestiame da carne, destinato al consumo dei Paesi ricchi. Uso volutamente i termini "poveri" e "ricchi" anziché i soliti eufemismi, "sottosviluppati" e "industrializzati". Questo è uno sfruttamento insensato, un immane spreco di risorse.

Quando mangiate un hamburger in un ristorante fast food, pensate fra voi questa variante della famosa frase di Neil Armstrong: "Questo è un piccolo movimento delle mascelle per un uomo, un'immensa tragedia di sfruttamento per la natura e l'umanità".

I bovini non sono neppure gli animali più maltrattati e manipolati. Maiali, polli e tacchini sono allevati in condizioni molto peggiori. Quindi la carne che oggi tanti italiani mangiano in sostituzione di quella bovina proviene in realtà da procedimenti di produzione ancor più discutibili.

Il rischio più grave non riguarda le malattie trasmissibili all'uomo, di cui si potrebbe comunque fare un elenco in cui la Bse non meriterebbe neppure di comparire, al confronto con altre. La minaccia a cui siamo costantemente sottoposti sono le sostanze somministrate agli animali, principalmente ormoni ed antibiotici.

Gli ormoni sono largamente usati per accelerare la crescita e rendere tenera la carne. Questi ormoni sono assorbiti dall'organismo umano e sono probabilmente responsabili di anomalie di massa nella popolazione umana. La maggiore e anomala crescita degli adolescenti, le pubertà precoci e poi la frequenza dei casi di scarsa fertilità se non di sterilità, fenomeni ben noti ai medici ma ignorati dai media, probabilmente sono dovuti anche o soprattutto agli ormoni contenuti nella carne. La diffusione di certi tipi di tumori, soprattutto dell'apparato digerente ed urinario, ha fra le sue cause queste stesse sostanze.

L'uso indiscriminato di antibiotici, poi, danneggia la flora intestinale degli esseri umani, che poi la ripristinano con gli yoghurt ai bacilli vivi (che senso inghiottire bacilli vivi, ma saranno vivi davvero?) , ma soprattutto favorisce lo sviluppo di popolazioni batteriche resistenti, diminuendo l'efficacia dei farmaci. Questo rende sempre più difficile curare le infezioni che colpiscono gli esseri umani.

Non solo la carne, ma naturalmente anche, se non di più, i prodotti vegetali sono sottoposti a trattamenti chimici la cui dannosità è indiscutibile anche se non sufficientemente studiata. Anche qui, la campagna contro gli organismi geneticamente modificati è fuorviante anche se rivelatrice, perché la maggior parte dei rischi viene dalle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura, non da qualche modifica genetica della soia.

Occorre rivedere interamente il modo in cui ci alimentiamo e produciamo il nostro cibo. Ne va della nostra salute ed anche della possibilità di alleviare la fame di milioni di persone.

La situazione drammatica, l'iceberg di cui la mucca pazza è la cima, è stata causata da un sistema produttivo di tipo selvaggiamente liberista. L'ideologia del libero mercato a tutti i costi sta producendo danni gravissimi all'uomo ed alla natura.

L'unico rimedio che abbiamo consiste nel votare con i nostri acquisti. Informiamoci, insistiamo per sapere da dove provengono i prodotti e come sono stati trattati. Rifiutiamo ogni prodotto che riteniamo eccessivamente manipolato, rigettiamo i messaggi menzogneri e subdoli della pubblicità.
 

Alberto Cavallo, 3 febbraio 2001

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Post scriptum sull'uranio

La questione dell'uranio impoverito ha alcuni punti di contatto con la mucca pazza. Non vi sono infatti dati certi sui danni prodotti, e probabilmente c'è stata una certa esagerazione in merito. Tuttavia resta vero che i casi sospetti ci sono, sono molti di più che per la mucca pazza e hanno un'incidenza, rispetto alla popolazione a rischio, enormemente superiore. Gli effetti del'uranio sono noti assai meglio di quelli dei prioni3, ed è assolutamente vero che le stesse forze armate americane hanno prodotto filmati ed opuscoli sulla sua pericolosità.

A-10 - Aereo anticarro che spara proiettili all'uranio

Vale poi il fatto che vi sono altre minacce per l'ambiente e le persone, causate dai fatti bellici, che hanno un peso ben maggiore ma non sono poste in evidenza. In Jugoslavia, numerosi stabilimenti chimici sono stati distrutti, causando gravissime forme di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo. In Iraq, la situazione è ancora peggiore, mentre la cosiddetta "sindrome del golfo" non è un'invenzione ma una tragedia autentica. Ad oggi non si conoscono le cause precise della sindrome, perché le autorità militari americane ed inglesi, le più coinvolte, non forniscono informazioni adeguate.

Quanto alla popolazione civile, sembra che i media non ne occupino minimamente. Nessuno però è stato capace di smentire le notizie che filtrano dall'Iraq, dove milioni di persone soffrono per le conseguenze della guerra e per il perdurante embargo. L'unico che non soffre è il dittatore Saddam Hussein.

Il gran polverone sollevato dai media sull'uranio deve essere utilizzato positivamente, per attrarre l'attenzione sui problemi e sui drammi molto più gravi legati alle guerre mediorientali e dei Balcani. Ciò non toglie che si debba cominciare col bando delle munizioni all'uranio che, a differenza delle bistecche, non hanno aspetti piacevoli.
 

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Note

1: Antonio Damasio, L'errore di Cartesio, trad. it. Adelphi, Milano 1995

2: Secondo la psicologia buddhista, lo skandha della sensazione (vedana) contiene già l'elemento del piacere o del dispiacere, pur precedendo dal punto di vista logico l'identificazione dell'oggetto (percezione discriminante, samjna). La bibliografia è sterminata, cito fra tutti i testi un classico - Giuseppe Tucci, Storia della filosofia indiana, Tea, Milano 1992

3: Secondo la teoria più in voga, la Bse è causata da un prione, una proteina patogena che non è né un microrganismo né un virus vero e proprio. Personalmente sono scettico e concordo con quelli che pensano che ci debba essere un virus, al momento non ancora individuato.
 
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