LA GUERRA UCCIDE ANCORA, IN VARI MODI
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Pagina pubblicata il 26 luglio 2003.
Indice
Alla pagina indice sulla politica
internazionale
Lo scandalo è scoppiato
La guerra in Iraq continua ad uccidere, in molti modi, dalle morti
silenziose di persone comuni rimaste senza cura per il collasso delle
strutture sanitarie del paese ai soldati americani colpiti nelle
imboscate, ai personaggi più o meno famosi legati alla storia di
questa guerra. Di alcuni di questi parleremo, mantenendo però il
filo conduttore della natura falsa e artificiosa delle motivazioni con
cui gli angloamericani hanno scatenato la guerra in Iraq.
Da parecchio tempo sapevamo che le motivazioni, quelle dichiarate,
naturalmente, dell'attacco angloamericano all'Iraq erano
sostanzialmente false. Ultimamente questo fatto, che sarebbe dovuto
essere evidente fin dall'inizio, ha assunto la natura di un vero e
proprio scandalo anche per i mezzi di informazione ufficiali.
L'argomento su cui si è concentrata l'attenzione è il
presunto tentativo del governo iracheno di procurarsi uranio in Niger,
per le necessità del suo piano di realizzazione di armi
nucleari. E' di dominio pubblico il fatto che le informazioni su questo
tentativo, utilizzate sia dal premier britannico Blair nel suo famoso
discorso di giustificazione della necessità della guerra davanti
al Parlamento britannico, sia dal presidente americano Bush nel
"discorso sullo stato dell'Unione", erano false, e che i servizi
segreti dei due paesi avevano informato i rispettivi governi in tempo
utile della natura ingannevole del materiale in questione. Negli ultimi
giorni alla storia dello scandalo dell'uranio nigeriano si è
aggiunto un nuovo tragico episodio: la morte del Dr. David Kelly,
esperto di armamenti non convenzionali al servizio del governo
britannico. Il Dr. Kelly è stato trovato morto il 18 luglio
2003, in aperta
campagna nell'Oxfordshire, con un coltello ed una confezione di
antidolorifici accanto.
Si presume che si tratti di suicidio. IL 19 luglio la BBC ha emesso
una dichiarazione formale in cui conferma che il Dr. Kelly era la
principale fonte dell'indagine giornalistica sulla falsità del
rapporto usato da Blair. Governo britannico e BBC sono ai ferri corti -
il che suona bene per la democrazia inglese, vuol dire che esiste
ancora. Noi italiani, in particolare, possiamo ora comprendere meglio
l'importanza di una televisione indipendente per il controllo
democratico delle attività del governo.
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Una posizione insostenibile
David Kelly era un esperto di armi biologiche, che aveva lavorato
come ispettore in Iraq dopo la prima guerra del Golfo, tra il 1991 ed
il 1998. Frattanto aveva assunto la carica di esperto di guerra
biologica per le Nazioni Unite in Iraq, fino al 1999. Aveva svolto
incarichi analoghi anche in Russia, in seguito all'accordo trilaterale
sul controllo delle armi biologiche tra USA, UK e Russia. Era sposato e
aveva tre figlie. La sua morte è prima di tutto una tragedia per
la sua famiglia e tutti quelli che gli erano vicino, una tragedia
che si aggiunge a tante altre legate alla guerra degli angloamericani
conto l'Iraq.
La BBC ha dichiarato
formalmente che il Dr. Kelly è stato la sua fonte per quanto
riguarda il falso dossier sul presunto tentativo di acquisto di uranio
in Niger da parte dell'Iraq di Saddam Hussein. Per il resto, viste
anche le sue dichiarazioni alla commissione parlamentare d'inchiesta,
possiamo soltanto formulare ipotesi verosimili. Forse Kelly, dopo aver
rivelato alla BBC ciò che sapeva, è stato sottoposto ad
una pressione straordinaria, da parte di chi voleva farne il capro
espiatorio dell'intera vicenda. La BBC lo ha protetto finché
è stato possibile, poi ha svelato che era effettivamente lui la
fonte principale delle sue informazioni.
Si sta cercando di gettare la colpa sulla BBC, da parte del governo
Blair, ma ancora una volta si tratta di una difesa assurda e
incredibile. Il Dr. Kelly ha semplicemente detto la
verità ad un giornalista, perché era un uomo onesto e
pensava di doverla dire. Dopo di che, si è trovato nel mezzo di
un ciclone politico e mediatico, fino alla tragica conclusione. Negli
interrogatori parlamentari ha cercato di minimizzare il suo contributo
all'indagine giornalistica, perché era un uomo di grande senso
del dovere, e non voleva essere considerato una specie di traditore
dell'istituzione per cui lavorava.
E' molto difficile servire lo Stato, quando il governo è in
mano a persone di pochi scrupoli. Si deve scegliere tra la
fedeltà all'istituzione, che impone di tacere ed avallare le
menzogne del governo, ed il dovere etico di dire la verità. Ma
nel momento in cui ci si accorge che il proprio governo sta usando
deliberatamente le menzogne più spudorate per giustificare una
guerra di aggressione, il dovere più alto è quello di
opporsi usando l'arma della verità. Si confronta, infatti, un
dovere di fedeltà neppure rinforzato, per un semplice esperto
tecnico, da
giuramenti o altro, rispetto al dovere morale di denunciare un
comportamento grave, il
mentire deliberatamente al pubblico su questioni della massima
importanza. In questo caso, le menzogne sono state usate nientemeno che
per giustificare un una guerra
di aggressione, che è un crimine
in sé (vedere gli atti del Processo di Norimberga).
David Kelly si è trovato in una posizione insostenibile, e
ci ha rimesso la vita. Non era un eroe ma un uomo integro, che non ha
potuto trovare una via d'uscita se non quella definitiva.
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Sulle ADM solo menzogne
Sul sito della BBC Paul Reynolds ci espone un'analisi
impietosa di tutti i punti del discorso di Tony Blair a proposito
delle armi di Saddam Hussein. Non si tratta solo dell'uranio del Niger,
tutti i punti si sono rivelati in qualche modo ingannevoli, neppure uno
è stato confermato dai fatti durante e dopo la guerra. Tra le
affermazioni più platealmente fasulle c'era quella secondo la
quale l'Iraq sarebbe stato in grado di predisporre per l'uso (deploy)
armi chimiche e batteriologiche in soli 45 minuti dalla decisione di
usarle. Non si è mai trovato il minimo indizio di una tale
capacità, neppure ora, mesi dopo la fine della guerra. Per
questo uomini come David Kelly erano sinceramente indignati con Blair
ed i suoi collaboratori diretti.
Come questo sito ha riportato in tempi non sospetti sulla base di
autorevoli fonti, come ad esempio l'ex ispettore dell'ONU e veterano
dei marines Scott Ritter, Saddam Hussein era una minaccia soltanto per
i suoi
cittadini, non certo per il resto del mondo. L'Iraq non aveva
più armi di distruzione di massa, la verifica in corso da parte
degli ispettori ONU era più che sufficiente. Hans Blix, il capo
dell'ultima missione ONU in Iraq, lo ha fatto notare più volte.
Certo egli desidera in primo luogo difendere il proprio operato, ma
è evidente ormai che Blix ed i suoi collaboratori stavano
facendo un buon lavoro.
Deve essere ormai chiaro che, al di là del fatto che
una guerra preventiva non è
giustificabile in sé, non
sussisteva nemmeno il pretesto
per scatenarla. Ora questo è noto
al mondo intero, nonostante i disperati sforzi dei governi USAuk di
nascondere il fatto, non potendo negarlo. Ma hanno trovato un altro
argomento di cui parlare, e quello che ritengono un grande successo da
mostrare al mondo.
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Cadaveri in esposizione
Il 22 luglio le forze armate americane hanno attaccato una villa nei
pressi di Mossul, nel nord dell'Iraq, distruggendola ed uccidendo
quattro persone che si trovavano all'interno. Due dei morti sono i
figli di Saddam Hussein, Uday e Qusay. Questo è un successo per
i governi USAuk, sebbene le circostanze in cui è avvenuto ed il
modo in cui è stata corroborata la notizia suscitino forti dubbi
etici ed anche di semplice opportunità.
La credibilità delle forze armate e del governo americano
è così bassa che hanno ritenuto necessario pubblicare le
foto dei cadaveri, malamente ripuliti; di fronte ai dubbi ancora
diffusi, legati alle ovvie difficoltà di riconoscimento dovute
allo stato deplorevole dei cadaveri, li hanno ripuliti e messi a
disposizione dei giornalisti in condizioni un po' più dignitose.
Personalmente non ho molti dubbi che si tratti effettivamente dei figli
di Saddam, mi sembra però altamente significativo che il governo
americano abbia dovuto organizzare un evento mediatico per essere
creduto sull'argomento. Il fatto di essere mentitori abituali rende
molto difficile essere creduti anche quando si dice la verità.
Purtroppo, il macabro spettacolo rappresenta in sé una chiara
manifestazione di vilipendio della morte ed un'offesa alla
dignità umana, ancor più grave nella cultura islamica che
nella nostra. La necessità di dimostrare le proprie affermazioni
ha indotto gli americani a comportarsi in modo altamente criticabile e
controproducente sul piano politico, oltre che moralmente dubbio.
C'è il serio rischio che ora i due personaggi, che nessuno
dubita fossero due delinquenti anche peggiori del padre, divengano agli
occhi di molti arabi due martiri della lotta contro il colonialismo
occidentale.
Ma la stessa azione di attacco alla villa in cui si erano nascosti deve
suscitare riprovazione. E' del tutto evidente che è stato fatto
un uso sproporzionato della forza, senza il minimo tentativo di
arrivare semplicemente alla cattura di Uday e Qusay Hussein.
Probabilmente c'era da parte dei militari americani una notevole
sfiducia nella propria capacità di catturarli vivi senza
rischiare di vederseli sfuggire all'ultimo momento. Ma si può
anche sospettare che un'eventuale cattura con conseguente processo non
fosse affatto desiderabile per il governo USA. Un eventuale processo
pubblico avrebbe potuto portare allo scoperto fatti e circostanze assai
scomodi, se pensiamo ad esempio al tempo in cui gli USA erano alleati
di Saddam Hussein e lo armavano contro l'Iran.
L'azione compiuta dalle forze armate USA ricorda molto i film d'azione
di Hollywood, certamente non per caso. Si ritiene che il pubblico
americano abbia bisogno di questo tipo di azioni spettacolari per avere
evidenza dell'efficacia del suo esercito e della decisione con cui il
presidente persegue la "guerra contro il terrorismo". Peccato che,
nonostante decenni di diffusione del vangelo holliwoodiano, il resto
del mondo continua a considerare i film d'azione cosa differente dalla
realtà, e rida di personaggi come Rambo. Questa traduzione
diretta del cinema d'azione in tragica realtà è
assolutamente agghiacciante: di fatto è un nuovo metodo di
disumanizzazione dell'avversario. Per giustificare la somministrazione
della pena di morte senza processo si fa ricorso ad un linguaggio
simbolico
diffuso tramite il cinema, con lo scopo di virtualizzare il fatto:
tutti
sappiamo che Rambo è un personaggio fittizio e che nei film
nessuno muore veramente - per analogia se quattro persone (tra cui un
ragazzo innocente) muoiono in un'azione in stile hollywoodiano il
pubblico percepisce il fatto come simbolico e sostanzialmente fittizio,
tuttavia altamente significativo della forza, potenza e decisione del
governo imperiale di Washington. La necessità di mostrare
al mondo due corpi insanguinati e tumefatti rompe però
l'analogia e riporta la cruda realtà sotto gli occhi di tutti.
Nei film non vediamo mai com'è il campo di battaglia il giorno
dopo, con i cadaveri in putrefazione.
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Che cosa fare per l'Iraq
Gli USA si sono finora dimostrati incapaci di gestire la situazione che
hanno creato in Iraq. Non hanno schierato uomini e mezzi, non hanno
messo a disposizione risorse finanziarie sufficienti per riportare
l'ordine e ripristinare le infrastrutture e la convivenza civile nel
paese occupato. Ora chiedono aiuto al resto del mondo, a cominciare da
quei paesi che hanno appoggiato l'azione militare, ma stanno cercando
di coinvolgere anche l'ONU.
Personalmente ritengo che si debba portare aiuto soltanto per mezzo di
organizzazioni non governative, arrivando direttamente alla popolazione
irachena senza transitare per le autorità dell'occupante.
Purtroppo l'Italia ha scelto di partecipare all'occupazione militare
dell'Iraq con un proprio contingente. Si badi bene, non è una
missione di pace: l'Iraq è stato attaccato, sconfitto in guerra
e occupato da potenze straniere. Chi si unisce agli occupanti di fatto
si unisce all'invasione, non compie un'azione umanitaria. Soltanto se
l'ONU intervenisse e proclamasse il dispiegamento di una forza neutrale
sarebbe legittimo l'invio di truppe. La legalità è
ciò che distingue un'azione di polizia da un'aggressione, dove
non c'è legalità esiste solo la legge del più
forte.
Il governo di Washington sta di fatto esercitando nel modo più
estensivo il diritto del più forte, mentre il governo italiano
ha scelto il ruolo di servitore subalterno invece che di alleato. La
NATO non è stata coinvolta, non c'è alcun dovere di
assistenza verso gli USA; altre nazioni hanno scelto di stare fuori
dalla questione, ricevendo minacce rabbiose. In particolare il
segretario alla Difesa Rumsfeld ha espresso in più occasioni
aperte minacce alla Francia per il suo atteggiamento assolutamente
negativo sull'operato degli USA in Iraq. Nella politica di oggi si
tende a dimenticare rapidamente quanto viene detto e fatto, ma in
realtà le parole sono pietre, cosa che il nostro presidente del
consiglio sembra ignorare.
Occorre che la questione dell'Iraq sia riportata nell'ambito della
legalità internazionale. Soltanto allora lo schieramento di
truppe così come qualsiasi intervento governativo diretto
sarà accettabile. Personalmente mi dissocio dall'operato del
governo italiano e considero il sig. Berlusconi complice dell'azione di
forza illegale ed ingiustificata compiuta da USA e UK (o USAuk come
informalmente mi piace definirli).
Mi sento invece coinvolto in ogni sforzo per alleviare le sofferenze
degli iracheni, e sollecito tutti ad adoperarsi, almeno con offerte,
per sostenere la collaborazione non governativa, soprattutto in campo
medico e culturale. Il primo punto è ovvio, ma voglio
sottolineare il secondo, perché l'Iraq è stato duramente
colpito nel suo patrimonio culturale con il saccheggio dei musei e dei
siti archeologici. Più ancora, è necessario che le
istituzioni scolastiche e univrsitarie dell'Iraq, un tempo ottime,
possano ritornare a funzionare regolarmente. Non penso che l'occupante
si stia minimamente preoccupando di questo aspetto, visto
l'atteggiamento che ha tenuto finora. L'Iraq non è un paese
arretrato, era anzi uno dei più civili e moderni del Medio
Oriente, prima di essere messo in ginocchio da guerre e sanzioni:
questo dobbiamo tenere a mente, quando pensiamo a come aiutarlo.
Alberto Cavallo, 26 luglio 2003
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