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La giustizia negata
La società italiana è in questo momento afflitta da molti
mali, ma se dovessi citare qual è il male potenzialmente ed
attualmente più grave certamente direi: il funzionamento della
giustizia, ossia della possibilità di dirimere le controversie
fra i cittadini e di erogare le sanzioni dovute a chi non rispetta le
regole della convivenza sociale, in maniera certa e rapida.
I media si occupano della cattiva giustizia solo per riportare e
commentare (magari anche oltre il lecito) pochi casi eclatanti,
trascurando quella che è la quotidianità del cittadino
medio.
Ma anche da questi casi emergono realtà sconvolgenti sia in
campo penale sia in campo civile.
Si scopre, ad esempio, che un violento può continuare a
minacciare, offendere, percuotere una persona inerme per anni senza che
né gli organi di polizia né il potere giudiziario,
ancorché richiesti, siano intervenuti efficacemente. A me, come
cittadino, importa poco dei motivi giuridici o funzionali che stanno
alla base di quest’enorme ingiustizia, mi chiedo solamente: “...e se
capita a me?”. Perché può capitare a ciascuno di noi e
ciascuno di noi si troverebbe indifeso in una circostanza del genere.
E in campo civile: che senso ha arrivare ad una sentenza a decenni
dall’inizio della causa, quando magari chi aveva promosso l’azione
è ornai deceduto? Che senso ha pagare ad un avvocato una
parcella magari superiore al valore dei beni in causa? Che senso ha il
fatto che il tuo avvocato non ha alcun interesse personale a concludere
in fretta e a tuo favore la causa?
Naturalmente le disfunzioni della giustizia hanno anche pesanti
riflessi in campo economico: conviene certo rischiare per corrompere,
fare falsi in bilancio, non pagare le tasse, truccare gare pubbliche,
se poi si può contare su un’azione penale che, se mai viene
intrapresa, sarà comunque vanificata dalla scadenza dei termini
processuali, da qualche amnistia o da una sentenza qualsiasi che,
prescindendo assolutamente dal merito della questione, si appelli ad
una delle tante prescrizioni procedurali in vigore.
Per inciso, la mancanza di reale concorrenza basata sulle
capacità che deriva dai comportamenti sopra citati è, a
mio avviso, una delle cause che frena lo sviluppo del sistema Italia,
per la presenza di aziende che all’interno operano in assenza di serie
regole concorrenziali, ma sono poi costrette a confrontarsi all’esterno
in termini di competitività.
Ridurre i tempi e le farraginosità dell’azione giudiziaria non
aumenta ma riduce i costi che lo stato deve sostenere. C’è da
chiedersi, quindi, perché non si pone mano ad una seria e
complessiva riforma del sistema delle leggi e dei regolamenti
attraverso i quali esse devono essere applicate (in linguaggio
giuridico dei codici e dei codici di procedura).
Qualche decennio fa, quando si parlava di riformare i codici c’era
sempre qualche insigne giurista che interveniva per fare presente la
difficoltà di intervenire su un complesso di decine di migliaia
di leggi con riferimenti incrociati, ma oggi ci sono i mezzi
informatici che semplificano enormemente la questione.
Quindi o la diffusione della cultura informatica è ancora molto
bassa presso la nostra classe dirigente o ci sono troppi interessi che
frenano una radicale ed efficiente riforma della giustizia.
Un buon avvocato ha interesse a mandare avanti all’infinito un processo
civile con il cliente esasperato che dice: ”Mai più!”? Un
giudice può essere soddisfatto di vedere vanificata la fatica di
tante udienze (molte delle quali evitabili con un altro sistema
procedurale) per un cavillo di nessuna importanza pratica? Una persona
offesa è contenta dell’inutilità dei suoi tentativi di
ottenere giustizia? Ma forse c’è chi la pensa diversamente….
In occasione di processi ai potenti, spesso si ode un coro di
lacchè che tenta di imbavagliare anche quel poco di esercizio di
giustizia che
si tenta, di tanto in tanto, di fare in Italia. A me piacerebbe che si
levasse il coro di milioni di cittadini che invocano giustizia; ma
qualcuno altro aveva detto “I have a dream”…..
Pietro Immordino
Pagina pubblicata il 12 gennaio 2008
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