ARMI INESISTENTI E LIBERTA' DI INFORMAZIONE
Il caso Kelly/BBC e le presunte armi di Saddam Hussein
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Pagina pubblicata l'8 febbraio 2004.
Indice
Alla pagina indice sulla politica
internazionale
I capisaldi della questione
Il rapporto Hutton
Il 28 gennaio 2004 è stato pubblicato il rapporto conclusivo di
Lord Hutton, che era stato incaricato dal governo britannico di
indagare sulle circostanze della morte del Dr. David Kelly, esperto di
armi biologiche, suicidatosi dopo la rivelazione che egli era la fonte
di una serie di servizi della BBC su presunte manipolazioni dei
rapporti dei
servizi segreti, volute dal governo stesso per giustificare l'attacco
all'Iraq. Il rapporto nega che vi sia stata alcuna manipolazione
e getta la responsabilità di tutta la vicenda sulla BBC, che
avrebbe agito in modo superficiale e parziale, riportando le
dichiarazioni di Kelly in modo impreciso e tendenzioso. In particolare
i vertici della BBC sarebbero stati responsabili del mancato controllo
sulla trasmissione e pubblicazione di servizi giornalistici contenenti
informazioni errate.
In conseguenza, il presidente ed il direttore generale della BBC, Gavin
Davies e Greg Dyke, si sono dimessi dai loro incarichi. Anche il
giornalista Andrew Gilligan, autore dei servizi in questione, si
è dimesso.
I sondaggi di opinione riportano che la maggioranza del pubblico
britannico disapprova il comportamento del governo britannico e ritiene
che non sia colpa della BBC. Greg Dyke, ormai libero da vincoli, ha
fatto dichiarazioni molto forti contro il rapporto Hutton. In
particolare, ha fatto notare che ad un giornalista non può
essere chiesto di accertare la verità delle dichiarazioni di un
esperto, altrimenti diventerebbe impossibile pubblicare alcunché
su argomenti delicati come quello del caso Kelly.
La relazione Kay
Il giorno stesso in cui a Londra veniva pubblicato il rapporto di Lord
Hutton, a Washington il capo degli ispettori americani inviati in Iraq
per cercare le armi segrete di Saddam Hussein, terminato il suo
incarico, presentava le sue conclusioni al Congresso. David Kay ha
dichiarato senza esitazione che non vi erano affatto armi di
distruzione di massa in Iraq. Il suo successore concorda e ritiene
poco probabile che le ulteriori ricerche tuttora in corso troveranno
alcunché.
I parlamentari democratici ed anche un certo numero di repubblicani
hanno chiesto l'istituzione di una commissione d'inchiesta indipendente
sul lavoro svolto dai servizi segreti, essendo ormai evidente che i
dati da essi forniti sulle armi irachene erano completamente errati. Il
31 gennaio il governo Bush ha espresso la sua disponibilità
all'istituzione della commissione.
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Armi di manipolazione della massa
Il punto centrale della questione Kelly/BBC è che secondo la
seconda, che si basava sulle dichiarazioni del primo, il rapporto
dei servizi segreti sulle armi di distruzione di massa (AMD) di Saddam
Hussein sarebbe stato presentato da Tony Blair al pubblico in forma
enfatizzata, allo scopo di giustificare l'intervento bellico della Gran
Bretagna. Le alterazioni dei contenuti sarebbero state minime, ma la
forma sarebbe stata modificata allo scopo di rendere più
convincente il rapporto. Uno dei punti più discussi è
quello in cui si affermava che l'Iraq fosse in grado di dispiegare
(deploy) le sue AMD in soli 45 minuti in caso di necessità.
Dalle conversazioni di Kelly con i giornalisti della BBC risulta chiaro
che non si capiva nemmeno in che cosa consistesse questo dispiegamento.
Inoltre risulta impossibile trovare la fonte originaria di
quest'affermazione.
Secondo Gilligan, il giornalista autore dei servizi incriminati, si
tratta di un punto fondamentale perché soltanto un pericolo
immediato può giustificare un attacco preventivo. Ma
dalle conversazioni di Kelly con la giornalista Susan Watts, riportate
nel dossier Hutton, risulta che la questione dei 45 minuti era comparsa
in modo quasi incontrollato, probabilmente per un malinteso: forse era
il
tempo per mettere un missile sulla rampa di lancio, forse per riempire
di gas una testata, non si sa bene, ma qualcuno fece quest'affermazione
ed i politici ne percepirono il possibile effetto sul pubblico. E'
chiaro il metodo: non importa il contenuto di un'affermazione,
interessa che sia efficace per impressionare l'ascoltatore. Se si
afferma che il nemico può dispiegare le sue armi in 45 minuti,
il cittadino britannico avrà l'impressione che gli possa
arrivare sulla testa un missile pieno di gas nervino o addirittura di
esplosivo atomico, in soli 45 minuti. Né il governo né i
servizi segreti hanno mai inteso dire una cosa simile: è facile,
da parte loro, dire che parlavano ad esempio del caricamento di un
missile sulla rampa di lancio, che costituisce solo una parte della
messa in funzione del sistema d'arma. Né si considera quale sia
la gittata del missile, quale sia realmente il tipo di arma (chimica,
batteriologica, atomica), né appunto quali altre operazioni
siano necessarie per lanciare quella testata contro qualcuno.
Ciò che resta nella memoria dell'ascoltatore sono le parole
"armi di distruzione di massa" e "quarantacinque minuti per colpire". Quindi
è stata fatta un'affermazione che alla lettera ha poco
significato, in mancanza di altri dati, ma che ha un forte impatto
emotivo sul pubblico non preparato.
Il Dr. Kelly non era un pacifista né era contro il governo.
Però si sentiva a disagio per il modo in cui il governo
utilizzava pubblicamente i rapporti scritti da lui stesso e dagli altri
esperti di armamenti. Ci sono stati due livelli di abuso. Al primo
livello, gli esperti sono stati indotti ad enfatizzare maggiormente
certe affermazioni in modo indiretto ma efficace. Ad esempio, una volta
fatta un'affermazione, si trovavano a doverla mantenere anche in
carenza di prove adeguate, soltanto perché il governo l'aveva
orecchiata e non intendeva sentirsela smentire. Sembra una sottigliezza
strana e poco credibile, ma accade tutti i giorni nelle grandi
organizzazioni. I rapporti dai tecnici ai dirigenti sono costruiti su
quanto i dirigenti vogliono sentirsi riferire, anziché sul fatto
tecnico, senza che vi sia sempre e necessariamente una pressione
esplicita in tal senso. I tecnici sanno che un rapporto sgradito
verrebbe respinto, quindi ne preparano uno che pensano possa essere ben
accolto. Ripeto, accade tutti i giorni nelle grandi organizzazioni. Si
ricordi poi che nessun responsabile si assumerà mai la responsabilità
dei guai, la si ribalterà sempre sui livelli più
bassi dell'organizzazione. Se il governo va in guerra senza motivo, la
colpa (a suo dire) non è dei ministri né dei capi dei
servizi segreti, ma degli agenti e degli esperti che hanno dato
informazioni sbagliate. Nelle aziende accade lo stesso: finché
ci si riesce si scarica la colpa verso il basso; una volta eliminati i
livelli più bassi, però, viene il giorno del crollo...
Una volta ottenuto un rapporto ad usum Delphini, gli esperti di
comunicazione lo trasformarono in un messaggio convincente a favore
della guerra, semplicemente con un'abile presentazione manipolativa.
Gli esperti avevano cercato di fare affermazioni in qualche modo
fondate, ma nella direzione voluta dal governo; quest'ultimo, nel
presentare la questione, aggiunse l'enfasi su certi punti, ed il gioco
fu fatto. Da pochi dati incompleti si arrivò ad una forte
argomentazione a favore della guerra, sul piano puramente emotivo.
Un'analisi dettagliata del messaggio del governo ne rivelava
immediatamente l'inconsistenza, come evidenziarono subito parecchi
commentatori.
Si potrebbe sostenere, come fa Hutton, che la BBC non fece altro
che utilizzare un metodo analogo a scopo opposto: le affermazioni vaghe
e prudenti di Kelly sono state amplificate e presentate come seri dubbi
sulla posizione del governo. Non si tratta però di una
manipolazione dello stesso genere. Kelly era prudente perché
sapeva benissimo di rivelare cose che potevano danneggiare il governo
per cui lavorava; d'altra parte, in coscienza, era tormentato al punto
di meditare, all'insaputa di tutti, il suicidio. I giornalisti della
BBC, Gilligan in primo luogo, non fecero altro che sintetizzare i dubbi
di Kelly in forma più netta. Non dobbiamo dimenticare che quando
si tratta di andare in guerra occorrono motivi seri, e gli esperti
sapevano bene che motivi seri non ce n'erano. Le informazioni da loro
fornite al governo furono utilizzate senza grandissime alterazioni, ma
confezionate in modo da sembrare un casus belli, cosa che certamente
non erano. Kelly era una pedina, fedele all'istituzione ma ricolma del
desiderio di rivelare quanto accadeva realmente.
Due punti risultano chiari in questo pasticcio:
- la BBC è ancora rimasta abbastanza indipendente dal
governo, da poter rivelare verità scomode, ma oggi è
sotto attacco e può perdere l'indipendenza;
- la armi di manipolazione delle masse sono più pericolose
(e reali) delle armi di distruzione di massa.
Ma di tutto il caso, ricordiamo il fatto fondamentale: il famoso
rapporto dei servizi segreti, chiunque l'avesse confezionato ed
eventualmente reso più attraente, era completamente sbagliato.
Questi sono fatti, suffragati dal rapporto della commissione americana
capeggiata da David Kay, che non è un baathista né un
islamista né un comunista, ma l'uomo incaricato dal governo
americano di indagare sulla questione. Quindi sulla sostanza dei fatti la
BBC aveva ragione e Blair torto, lasciando da parte le cortine
fumogene degli azzeccagarbugli.
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Il versante americano
Intanto il Congresso americano è giunto alla conclusione che ci
vuole un'indagine sul perché ed il come in USA (e UKdiremmo noi
ora) i servizi segreti hanno fornito dati completamente errati al loro
governo. Vien da pensare che la storia sia esattamente quella descritta
per il caso britannico: i servizi dissero ai politici quello che questi
ultimi volevano sentirsi dire, senza comunque sbilanciarsi troppo, poi
ci pensarono i falchi al governo a
presentare il caso al pubblico nel modo più opportuno.
Negli Stati Uniti, moltissime persone credono ancora che Saddam Hussein
fosse un alleato di Osama bin Laden, quando non ne esiste prova e
qualunque esperto di Medio Oriente può confermare che Saddam e
Osama sono sempre stati su schieramenti opposti. Solo un'assoluta
ignoranza della politica araba può far pensare che fossero
alleati nel 2001, al tempo degli attacchi terroristici negli USA. Oggi
chiaramente gli islamisti di al-Qa'ida sono entrati in massa in Iraq e
vi agiscono liberamente, mescolandosi alla resistenza antiamericana.
Che vi sia un comando unificato è un'affermazione discutibile
dei servizi americani, sembra invece probabile che vi siano diverse
forze che si trovano ad agire temporaneamente dalla stessa parte,
pronte però a scontrarsi tra loro se il nemico straniero si
ritirasse dall'Iraq. I baathisti fedeli a Saddam non hanno nulla a che
vedere con gli islamisti, anzi sono loro nemici mortali; semplicemente,
oggi si trovano entrambi a combattere dalla stessa parte, contro gli
Stati Uniti. Pronti a combattersi di nuovo tra loro se il nemico comune
se ne andasse.
Insomma, l'occupazione dell'Iraq ha aperto questo paese all'azione di
al-Qa'ida, che prima aveva qualche possibilità di circolarvi
soltanto grazie ai curdi. Non è una tesi audace, è stata
addirittura formulata da un esperto del Pentagono. Se le truppe
angloamericane se ne andassero ora, scoppierebbe una guerra civile, con
la formazione di un quasi stato curdo al nord, o forse due in guerra
tra loro, uno sunnita o forse uno baathista ed uno integralista in
lotta tra loro al centro ed uno sciita di tipo khomeinista al sud.
Altro che democrazia!
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I motivi della guerra: analisi a posteriori
Proviamo a tornare indietro, riesaminando le motivazioni addotte dai
sostenitori della guerra all'Iraq, in base a quanto ormai è
chiaro a molte persone, ma che si sapeva fin dall'inizio (1):
I motivi della guerra erano:
- L'Iraq di Saddam Hussein disponeva di armi di distruzione di
massa e si stava attrezzando per realizzarne di altre, costituendo
così una minaccia per il mondo intero, tale da giustificare un
attacco preventivo;
- Saddam Hussein era un alleato di al-Qa'ida nella sua guerra
globale contro l'Occidente;
- Saddam Hussein era un tiranno sanguinario e doveva comunque
essere eliminato.
Il punto 1 si è rivelato completamente falso.
L'Iraq non aveva AMD e non aveva neppure programmi significativi per
realizzarne, come del resto avevano riscontrato gli ispettori dell'ONU.
Secondo i governi di Stati Uniti e Regno Unito gli ispettori si erano
lasciati ingannare da Saddam, ma oggi, in base alle indagini svolte
dagli stessi americani in Iraq, sappiamo che invece gli ispettori
dell'ONU avevano ragione e che gli unici ingannati erano i
servizi segreti britannico e statunitense. Quindi non esisteva
alcun pericolo né imminente né a lungo termine di
attacco dell'Iraq contro l'Occidente. (Del resto, solo un pazzo furioso
avrebbe potuto immaginare un simile attacco contro le uniche
potenze ampiamente dotate, esse per davvero, di AMD. Non
dimentichiamo che gli Stati
Uniti sono oggi l'unica potenza capace letteralmente di distruggere il
mondo, dato lo
stato miserevole degli armamenti russi). Questo si sapeva fin
dall'inizio, basta leggere ad esempio il libro di William Rivers Pitt (2).
Il secondo punto non ha mai avuto uno straccio di prova a suo
favore, tanto che è stato messo in secondo piano anche dai
maggiori sostenitori dell'attacco all'Iraq. L'unica traccia di presenza
di al-Qa'ida in Iraq riguarda un campo in un territorio non controllato
da Saddam, nella regione curda. Non vi è la minima prova che gli
attentatori dell'11 settembre avessero legami con l'Iraq. I paesi
coinvolti sono Arabia Saudita e Pakistan per i finanziamenti (non i
governi ma personalità di quei paesi, per il Pakistan anche i
servizi segreti), l'Afghanistan per i campi di addestramento, ancora
l'Arabia Saudita e poi l'Egitto come paesi di provenienza degli
attentatori e degli stessi leader di al-Qa'ida. E l'addestramento al
volo dei piloti era avvenuto negli stessi Stati Uniti d'America.
Aggiungiamo che il movimento di Saddam Hussein era il Baath, un
movimento laico e contrario all'integralismo. Del resto sotto Saddam i
cristiani non solo erano liberi di professare la religione e
ricoprivano cariche nello Stato e nelle forze armate, e l'ex numero due
del regime, Tarek Aziz, è cristiano.
In effetti, nella situazione attuale la presenza di al-Qa'ida in Iraq,
prima inesistente, è diventata significativa; inoltre molti
iracheni potrebbero unirsi ai movimenti islamisti come reazione al
comportamento degli angloamericani. Anche cittadini arabi di altri
paesi, che si considerano offesi dal comportamento delle potenze
anglosassoni, stanno andando a rinforzare le schiere del terrorismo.
Quindi si è avuto esattamente l'effetto contrario a quanto
dichiarato: l'islamismo e al-Qa'ida ora, caduto Saddam Hussein, sono
più forti di prima.
Il punto 3 è vero per il fatto che Saddam Hussein era un
tiranno, ma non può bastare per un attacco. Soltanto in caso di
situazioni estreme di vera e propria guerra del governo contro il
proprio popolo o una parte di esso, e con il consenso delle Nazioni
Unite, si può pensare di attaccare un paese per questioni
relative alla sua situazione interna. Pensiamo alla Cambogia dei Khmer
Rossi. L'attacco all'Iraq non aveva però nessuno di questi
caratteri. Le azioni peggiori di Saddam sono state rivolte contro curdi
e sciiti, appoggiando i quali di fatto si prepara la spartizione
dell'Iraq in almeno tre stati indipendenti, che a detta di molti
destabilizzerebbe totalmente l'area. Le stragi di curdi e sciiti,
peraltro, erano avvenute in seguito alle rivolte contro Saddam
fomentate e sostenute dagli Stati Uniti stessi, che poi però si
erano tirati indietro abbandonando i ribelli alla loro sorte invece di
intervenire in loro soccorso. Il giornalista americano Jonathan
Randall (3) racconta di come i governi Bush e
Reagan indussero i curdi a ribellarsi
salvo poi abbandonarli a se stessi al momento decisivo, per parecchie
volte in pochi anni (1987-88, 1990-91 in occasione della guerra del
Golfo, 1994).
La verità è che la brutalità di un regime viene
trascurata volentieri quando non ci sono interessi di mezzo, o quando
il dittatore è a favore degli Stati Uniti. Si possono anzi
portare esempi in cui un governo democratico è stato abbattuto
con il consenso degli Stati Uniti per sostituirlo con una feroce
dittatura: pensiamo al Cile, dove fu instaurata la dittatura
sanguinaria di Pinochet. A Panama gli Stati Uniti prima favorirono
l'ascesa di Noriega, poi lo eliminarono quando cambiò la sua
politica. Oppure pensiamo al Tibet, dove i cinesi hanno compiuto un
genocidio e stanno completando la distruzione fisica e culturale del
popolo tibetano senza che nessun governo abbia da obiettare. O
all'Indonesia, dove gli USA hanno appoggiato per anni il crudelissimo
Suharto.
In effetti alla domanda sul perché si dovesse attaccare proprio
l'Iraq la risposta potrebbe essere: perché era debole.
Contraddicendo dunque gli altri due motivi, in base ai quali l'Iraq
sarebbe stato forte e pericoloso.
I motivi veri? Naturalmente, stabilire una forte presenza degli Stati
Uniti in un punto strategico del Medio Oriente, un paese ricco di
petrolio di per sé e piazzato nel bel mezzo dell'area
petrolifera del Golfo Persico. L'importanza strategica dell'Iraq
è resa ancora maggiore dal fatto che l'Iran è ancora
ostile e l'Arabia Saudita è in crisi. Sarà necessario
chiudere le basi in Arabia per alleviare l'opposizione religiosa alla
loro presenza, mentre il corrotto regime saudita vacilla stretto tra
riformismo di tipo occidentalizzante ed estremismo religioso. Non per
nulla al-Qa'ida, ricordiamolo, è un'organizzazione che ha le sue
radici proprio nel regno saudita. A questa situazione politica
contingente si sovrappone un interesse a lungo termine per il controllo
del petrolio, dato che i giacimenti nazionali americani sono in
esaurimento e la stessa Arabia non produce più come prima,
mentre le riserve dell'Iraq sono poco sfruttate, anche per effetto di
tanti anni di embargo. Chi avesse qualche dubbio consulti il Progetto
per il Nuovo Secolo Americano.
Alberto Cavallo, 8 febbraio 2004
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Note bibliografiche
[1] Michael T. Klare (Peace & World Security
Studies, Hampshire College), The Coming War With Iraq: Deciphering
the Bush Administration’s Motives, Foreign Policy-In Focus,
gennaio 2003
[2] William Rivers Pitt, War on Iraq. What
team Bush doesn't want you to know, Context Books 2002, trad. it. Guerra
all'Iraq, Fazi Editore 2002.
[3] Jonathan Randall, After such knowledge
what forgiveness?, Farrar Strauss and Giroux, New York 1997, trad.
it. I curdi -
viaggio in un paese che non c'è, Editori Riuniti 1998.
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