LE ARMI, DUNQUE, NON C'ERANO

Prospettive sulla guerra globale



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Pagina pubblicata il 5 ottobre 2003.

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Alla pagina indice sulla politica internazionale

Rapporto dalla CIA

Nella pagina del 26 luglio, intitolata La guerra uccide ancora, segnalavamo come fosse ormai evidente che le armi di distruzione di massa (ADM) dell'Iraq non esistevano più, sin da quando gli ispettori mandati dall'ONU in seguito alla prima Guerra del Golf ne avevano supervisionato la distruzione. In questi giorni è stato reso noto che il gruppo di lavoro creato dalla CIA per indagare su di esse ha confermato che le armi appunto non c'erano. Si veda ad esempio l'articolo del Washington Post: "Dopo aver cercato per quasi sei mesi, gli esperti delle forze armate degli Stati Uniti e della CIA non hanno trovato armi biologiche o chimiche in Iraq ed hanno determinato che il programma nucleare dell'Iraq era solamente allo stato più rudimentale".

 La notizia è stata ovviamente addolcita con considerazioni sul fatto che Saddam Hussein non aveva mai abbandonato il desiderio e l'intenzione di procurarsele. Ma il fatto concreto è che le armi non c'erano, che Saddam le desiderasse difficilmente si potrebbe considerare una circostanza equivalente al possederle. Vogliamo forse dire che si può scatenare una guerra di aggressione perché il capo di uno Stato già sconfitto, isolato ed indebolito, desidererebbe avere armi di distruzione di massa? Una volta eliminata la patina propagandistica, non possiamo non ammettere che gli angloamericani stanno semplicemente dicendo che hanno fatto la guerra all'Iraq perché volevano farla. Ogni volta che un aspetto delle loro motivazioni dichiarate viene smentito dai fatti, inventano un nuovo motivo per mantenere in piedi la pietosa bugia della guerra giusta.

L'opposizione democratica sta cominciando a manifestare apertamente dissenso sulla condotta del presidente Bush. Nessuno però ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, di denunciare la guerra all'Iraq come un atto di aggressione ingiustificato ed ingiustificabile. L'opposizione si muove in realtà sullo stesso piano del governo, contestando l'opportunità della guerra e non la sua natura di azione criminale. Certo, se il candidato principale dei democratici alle elezioni presidenziali del 2004 sarà davvero il generale Wesley Clark, abbiamo poco da rallegrarci: si tratta del comandante delle operazioni durante la guerra del Kosovo, la terzultima aggressione americana prima dell'Iraq. Tra l'altro, quella che mi ha portato ad assumere posizioni così pesantemente critiche verso i governi americani. Allora, infatti, il presidente era Clinton, e il segretario di stato era quella Madeleine Albright che in altre circostanze aveva fatto quasi venire un collasso al segretario attuale Colin Powell, quando era capo di stato maggiore delle forze armate, dicendogli che visto che gli USA avevano forze armate così potenti, bisognava decidersi ad usarle. Se andiamo a rivedere le innumerevoli aggressioni militari precedenti compiute dagli USA, ci accorgiamo che molte delle più importanti sono state condotte da amministrazioni democratiche: dall'inizio della guerra del Vietnam (cominciata e proseguita dai democratici Kennedy e Johnson e conclusa dal repubblicano Nixon) alla guerra segreta in Afghanistan, cominciata con Carter come rivelò l'allora consigliere per la Sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinsky (vedere La guerra infinita di G. Chiesa, pag. 100).

Il ruolo cruciale dell'informazione

Il nodo della questione sta nella mancanza di informazioni in cui vive il popolo americano. La maggior parte degli americani continua a credere che Saddam fosse un alleato di Osama bin Laden ed abbia partecipato all'organizzazione degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001, anche se non ce n'è la minima prova e lo stesso governo americano non ha mai sostenuto questa tesi. I media l'hanno infiltrata abilmente, non soltanto attraverso i testi delle notizie, ma per mezzo di innumerevoli trucchi di comunicazione, contenuti spesso in programmi di intrattenimento piuttosto che di informazione.

Si comincia dall'uso del termine terrorismo: ogni azione militare compiuta da quelli che il governo americano considera nemici è bollata come terroristica; ogni azione oggettivamente terroristica compiuta dagli alleati del momento o dagli americani stessi è definita come tragica necessità o danno collaterale. Il pubblico sente parlare di terroristi, e li associa tutti tra loro: Iraq, Iran e Corea sostengono i terroristi, al-Qa'ida è un'organizzazione terrorista, Saddam Hussein ha usato il terrorismo contro i curdi... alla fine Saddam Hussein, Osama bin Laden, i coreani e tutti gli altri si confondono tra loro nella nuvola terroristica, qulla che ospita i malvagi irrecuperabili che vogliono fare del male ai buoni americani, e lo vogliono proprio perché gli americani sono così buoni e generosi mentre loro, i terroristi, sono malvagi e invidiosi. Insomma,una versione della favola di Biancaneve, molto adatta anche perché di solito i buoni sono bianchi e i cattivi di altri colori. Questa tesi è esplicitamente o implicitamente presente in ogni prodotto dei media. I telefilm ed i film d'azione prodotti da Hollywood e distribuiti a tutte le televisioni del mondo sono carichi di messaggi di questo tipo. La creazione di un'opportuna immagine del cattivo è un altro accorgimento importantissimo. I cattivi sono sempre patologici, privi di qualunque caratterizzazione umana positiva; i buoni sono sempre decisi, sicuri di se stessi e pronti ad usare ogni mezzo, compresa la violenza più spietata, per sopraffare il nemico. I terroristi non hanno una causa, agiscono per pura cattiveria,  perciò non è possibile fare altro che distruggerli fisicamente; quindi i buoni sono giustificati se nel farlo producono un po' di danni. Inoltre i cattivi sono molto organizzati e tutti d'accordo tra loro - colpirne uno è come colpirli tutti. Del resto, non avendo motivi al di fuori della pura cattiveria, non sono neanche distinguibili tra loro. C'è da meravigliarsi quindi, se gli americani si sono convinti che Saddam Hussein abbia distrutto le Torri Gemelle di New York, senza che nessuno l'abbia mai non dico provato, ma semplicemente detto?

La verità, non quella metafisica ma quella banale e piatta di ogni giorno, è l'arma più potente contro il male che abbiamo di fronte. Non c'è democrazia se i cittadini non possono disporre di mezzi di informazione liberi ed indipendenti. Noi italiani dobbiamo ricordarcene in particolare ora, che la giunta berlusconiana sta facendo passare una legge che ridurrà ulteriormente questa libertà. L'Italia si trova in condizioni uniche nel mondo occidentale: un multimiliardario, l'uomo più ricco del paese, è proprietario di tutte le principali televisioni private nonché di alcuni giornali, e controlla la televisione di stato essendo il primo ministro. Questo tipo di situazione è inaudito, lo accettiamo solo per un'incredibile inerzia ed abulia.

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Un nuovo scandalo

Negli Stati Uniti è scoppiato frattanto un nuovo scandalo. Nello scorso mese di luglio, l'ambasciatore Joseph C. Wilson IV, a suo tempo inviato dal governo in Niger per indagare sul presunto tentativo di Saddam Hussein di procurarsi uranio per il suo programma nucleare, aveva pubblicamente dichiarato che l'intera vicenda era priva di consistenza e che non esisteva alcuna traccia di un tale tentativo, tuttavia il governo Bush aveva utilizzato quel fatto come prova dell'esistenza di un programma nucleare in fase avanzata in Iraq. Poco dopo un giornalista, un certo Robert D. Novak, pubblicava un articolo in cui rivelava che la moglie di Wilson è un agente segreto della CIA. Ora lo scandalo dilaga, Bush ha dichiarato che licenzierà i responsabili della rivelazione. Le fonti dell'amministrazione, intanto, non avevano nascosto ai giornalisti contattati che la loro azione era una vendetta contro Wilson per le sue dichiarazioni. Risulta che la rivelazione dell'incarico della signora Wilson ha portato anche a svelare la vera natura di una società di comodo della CIA, per cui la signora ufficialmente lavorava. Il direttore della CIA, Tenet, è estremamente irritato per l'accaduto.

Questa strana faccenda sta occupando i media americani in modo abnorme. Certo, sembra che tra CIA e Casa Bianca non ci sia molto accordo in questi giorni. Si deve anche notare, però, che si tratta di una faccenda collaterale alla grande questione delle armi di distruzione di massa (ADM). L'attenzione per questa parte secondaria della questione potrebbe anche essere vista come un'iniziativa per sviare l'attenzione dall'enorme FATTO centrale, che le ADM non c'erano.

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Una brevissima analisi

Quello che sta accadendo, probabilmente, è che la brutale superficialità dei Neoconservatori oggi al potere sta portando le sue conseguenze: i democratici sono sempre stati molto più abili nel giustificare le loro azioni e gestire il consenso, tanto che ad esempio il presidente Kennedy, che attaccò Cuba alla Baia dei Porci e cominciò la guerra del Vietnam, è tuttora considerato poco meno che un santo. Clinton riuscì a trascinare tutti gli alleati nell'attacco alla Jugoslavia, mentre Bush li ha persi per strada, rimanendo solo con i fedelissimi. La politica è l'arte del possibile: possiamo sperare che il gruppo parafascista dei neoconservatori possa essere escluso dal potere. Non bisogna perdersi d'animo, perché questo è ciò che vogliono i potenti di oggi: farci credere che non possiamo fare nulla, che non ci sono alternative alla loro politica. Ricordate quante volte ci viene detto che occorre fare in un certo modo, perché non c'è alternativa, come sulle pensioni, sulle privatizzazioni... L'alternativa c'è. Può essere a volte il minor male, può diventare un nuovo progetto di sviluppo umano. Le due cose non si escludono, anzi si integrano. Ogni piccolo passo facilita i successivi, occorre soltanto individuare gli obiettivi di volta in volta e perseguirli. Sulla guerra all'Iraq non si deve transigere: gli angloamericani devono lasciare il potere all'ONU che si occuperà poi di trasferirlo agli iracheni, oppure essere lasciati a se stessi a gestire il caos che hanno creato. Si devono fornire aiuti direttamente alla popolazione, ma nessun supporto militare o economico agli occupanti. L'ONU non deve intervenire in aiuto agli angloamericani, ma alla popolazione, togliendo il controllo agli invasori, non sottoponendosi a loro. Questo dev'essere l'obiettivo di tutti i democratici del mondo, togliere agli aggressori il frutto della vittoria. Tutti i governi che si oppongono ad una posizione subordinata dell'ONU devono essere appoggiati, anche se le loro motivazioni possono non essere del tutto trasparenti. Se riusciamo a far perdere a Bush le prossime elezioni possiamo allentare la pressione del nuovo sistema autoritario in formazione.

Ricordiamo che c'è un fatto nuovo importante nel mondo: è nato un importante gruppo di paesi del Sud del mondo, il cosiddetto G21, che ha validamente resistito alla conferenza del WTO a Cancun impedendo che Stati Uniti ed Europa imponessero come al solito le loro scelte. Ormai sta nascendo una vera e propria resistenza alla globalizzazione americana, che altro non è che la sottomissione del mondo agli USA. Un'autentica globalizzazione, in cui tutti hanno la stessa dignità,   è possibile, occorre però che i grandi paesi che non fanno parte del mondo europeo/anglosassone (soprattutto quest'ultimo) si risveglino e reclamino i loro diritti. In particolare nell'America Latina, che per quasi due secoli ha subito la versione peggiore dell'oppressione coloniale degli USA, questo risveglio è possibile, anzi è reale. Il Brasile di Ignacio "Lula" da Silva sta diventando il riferimento di tutti quelli che concretamente si oppongono all'attuale sistema egemonico. Lula deve combattere all'esterno come all'interno del suo stesso governo, dove ha dovuto accogliere esponenti del vecchio sistema fedele agli USA, ma si sta muovendo con abilità e consapevolezza dei propri mezzi come dei propri limiti.

L'altra battaglia decisiva che si sta combattendo è quella per la libertà dell'informazione. Persa questa, la situazione diventerebbe gravissima, ed il pensiero unico dominerebbe il mondo per molti anni, fino ad un collasso naturale che porterebbe sofferenze enormi a tutti, quando la loro politica di sfruttamento indiscriminato darà i suoi ultimi frutti. Questa battaglia si svolge all'interno dei nostri paesi. La parte più importante della lotta si svolge ovviamente presso la capitale dell'Impero, negli USA, dove si può far conto soltanto sul profondo senso della libertà individuale che gli americani ancora hanno conservato. Se il cittadino americano medio si accorgesse di quanto lo stanno ingannando, reagirebbe con una forza a noi sconosciuta, perché nel suo modo di pensare la libertà viene prima di ogni altra cosa, e il diffondere menzogne è una delle colpe più gravi che si possano concepire. Il presidente Bush aveva un consenso quasi plebiscitario quando ha cominciato la guerra, ma ora che risulta che le ADM di Saddam non esistevano e che gli iracheni non erano tutti lì pronti ad accogliere gli americani con fiori e bandierine, il consenso sta crollando nonostante gli sforzi di media come la Fox TV dell'orrido Murdoch (giunto anche da noi con Sky TV). A proposito dei cattivi di Hollywood di cui si parlava poco sopra, vorrei far notare che se c'è uno che assomiglia loro è proprio Murdoch: assetato di denaro e di potere e assolutamente spietato. In effetti la malvagità patologica dei cattivi da film non è irreale, è semplicemente tipica di certi esponenti del neocapitalismo globalizzato.

Usiamo dunque i mezzi che abbiamo, a cominciare da Internet, per difendere e diffondere l'informazione libera e democratica, e non lasciamoci scoraggiare mai. Usiamo i loro stessi metodi contro di loro, ad esempio facendo notare che Rupert Murdoch assomiglia a tipi come il Dr. No e Goldfinger... Anche il segretario alla difesa americano, Rumsfeld, sarebbe un perfetto cattivo da film. Se diffondiamo queste idee possiamo infiltrare idee più sane nei cervelli seminuovi (in quanto poco usati) di tante persone, come quegli altri hanno infilato l'idea che fosse giusto attaccare l'Iraq. Studiamo i loro metodi e rivolgiamoglieli contro. Non siamo deboli, perché chi appoggia quelle persone non lo fa per convinzione ma per interesse, e nessuna persona veramente intelligente può essere dalla loro parte, se non si trova in stato di necessità o comunque di coercizione.

Se è implosa l'Unione Sovietica, perché non può implodere l'Impero Americano? Comunque, ricordiamo che tutti gli imperi prima o poi crollano, per quando grandi e potenti siano.

Alberto Cavallo, 5 ottobre 2003


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